Di origini sikh, è stata la prima donna a diventare governatrice della South Carolina. Considerata una figura in grado di mitigare le posizioni di Trump soprattutto in politica estera, dopo circa due anni ha lasciato il suo incarico al Palazzo di Vetro
Famiglia di origine sikh, prima donna entrata nella squadra di Donald Trump, ex governatrice della South Carolina e considerata una “star” del partito Repubblicano. È il profilo di Nikki Haley, che si è dimessa dall’incarico di ambasciatrice americana all'Onu. Haley era stata nominata da Trump subito dopo la vittoria alle Presidenziali del 2016. Quattro giorni dopo l'insediamento del tycoon alla Casa Bianca, la sua nomina era stata confermata dal Senato con 96 voti a favore contro 4 per diventare la rappresentante del presidente alle Nazioni Unite. È considerata una grande sostenitrice del presidente, con cui però non sono mancate le divergenze. Di lei si parlava infatti anche come una delle poche figure in grado di smussare gli angoli del presidente Trump e di portare posizioni più moderate nell’amministrazione del tycoon, soprattutto in politica estera, come ricorda il New York Times. Dopo le dimissioni, Haley ha annunciato che non correrà alle prossime elezioni presidenziali del 2020 ma sosterrà Trump.
Origini sikh, di fede cristiana
Haley - nome da ragazza Nimrata Randhawa - è nata a Bamberg (South Carolina) nel 1972 da una famiglia originaria dell’India emigrata dal Punjab e di fede sikh. Lei, però, è di fede cristiana. Si è sposata coi riti metodista e sikh con il capitano della Guardia Nazionale Michael Haley. È stata la prima donna ad aver ricoperto la carica di governatrice della South Carolina e la più giovane presidente di Stato in carica. È stata eletta nel 2010 e ha ottenuto un secondo mandato, a cui ha rinunciato nel 2016 dopo la nomina ad ambasciatrice all’Onu. Su di lei si sono anche rincorse voci che la vedevano come possibile erede del posto di segretario di Stato Rex Tillerson, poi sostituito da Trump con l’ex capo della Cia Mike Pompeo.
L'infanzia in South Carolina
La parabola politica di Nikki Haley comincia nella cittadina di Bamberg, dove i suoi genitori avevano aperto un negozio negli anni ‘70. Haley è cresciuta con la religione di famiglia ma si è poi convertita al cristianesimo. La sua non è stata un’infanzia facile: a Bamberg, Ajii e Raj erano i primi migranti dall'India approdati nella cittadina. A 5 anni Nikki e la sorellina furono squalificate dal concorso Little Miss Bamberg perché non rientravano nella categoria delle bambine "bianche" e neanche in quella delle "nere". Haley ha lavorato nel negozio dei genitori prima dell'ingresso in politica.
Due volte governatrice della South Carolina
Laureata in contabilità, Haley ha cominciato a lavorare per un'azienda di gestione e riciclaggio dei rifiuti prima di unirsi all'azienda di abbigliamento della sua famiglia. Poi l’attività politica tra le fila dei Repubblicani, che l'ha portata nel 2004 ad essere eletta nella Camera dei rappresentanti della South Carolina, dove ha conquistato altri due mandati. In economia ha portato avanti da sempre posizioni liberiste e in favore del libero commercio mondiale. Si definisce pro-life ed è forte sostenitrice dello stato di Israele. Nel 2010 conquista la carica più importante del suo Stato, quella di governatrice. Viene rieletta per un secondo mandato nel 2014.
Nuova "star" del partito repubblicano
Alle primarie in vista delle presidenziali del 2016 Haley aveva appoggiato Marco Rubio. Trump l'aveva accusata di essere "debolissima" sull'immigrazione, lei aveva replicato accusandolo di non aver condannato con forza Ku Klux Klan e suprematisti bianchi. La sparatoria nella chiesa nera di Charleston in cui un neonazista fece strage di nove fedeli è infatti il momento chiave della sua carriera. La governatrice riesce a convincere i legislatori della South Carolina a rimuovere la bandiera confederata che per oltre 50 anni era stata issata nel cortile del Campidoglio statale. Nel partito repubblicano, Nikki Haley è considerata una star: a gennaio 2016 le viene affidata la replica all'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione del presidente Barack Obama. In quell'occasione, criticando Trump, invita a "resistere alla tentazione di seguire il richiamo delle voci più arrabbiate". È probabilmente da qui che nasce l'opinione su Haley che la vede come possibile moderatrice degli eccessi dell’amministrazione Trump. Il 24 gennaio il Senato degli Stati Uniti conferma la sua nomina, avvenuta 4 giorni dopo l'elezione di Trump, ad ambasciatrice degli Usa presso l'Onu. Prima della nomina, Haley aveva pochissima esperienza di politica estera, se si escludono otto missioni commerciali all'estero, ma questo non ha influito sulla sua conferma nel voto al Senato.
L’uscita dal Consiglio Onu per i diritti umani
Al Palazzo di Vetro, Haley ha spesso assunto posizioni di critica verso l’Onu, e in particolare verso il Consiglio dei diritti umani per la presenza al suo interno di Paesi che violano i diritti umani e per i regolari attacchi nei confronti di Israele. Dopo alcune minacce, in segno di protesta gli Stati Uniti hanno annunciato l’uscita dall’organismo Onu il 20 giugno 2018. È un'organizzazione che "non è degna del suo nome", ha tuonato Haley annunciando la decisione e sottolineando che l'organo delle Nazioni Unite è diventato "protettore di chi viola i diritti umani e un pozzo nero di pregiudizi politici". Haley ha citato tra le azioni del Consiglio da inserire nella “lista nera”, oltre il pregiudizio nei confronti di Israele, l'ammissione tra i suoi membri del Congo, così come l'incapacità di affrontare le violazioni dei diritti umani in Venezuela e in Iran. Haley aveva criticato più volte l'Onu per il trattamento riservato ad Israele. "Quando questo organo approva più di 70 risoluzioni contro Israele, un Paese con una forte posizione sui diritti umani, e solo sette risoluzioni contro l'Iran, che invece ha una pessima reputazione in materia, sai che qualcosa è profondamente sbagliato", aveva detto nei mesi precedenti alla decisione di lasciare il Consiglio.
I contrasti con Trump
Nonostante sia considerata comunque una fedelissima del presidente, tra Haley e Trump non sono mancati momenti di tensione. La principale natura dei suoi contrasti con Trump è stata la distensione con la Russia ricercata dal tycoon, a cui Haley è contraria. Sulla questione l’ormai ex ambasciatrice si è trovata spesso in contrasto anche con il suo ex capo, il primo segretario di Stato della presidenza Trump Rex Tillerson. Altro motivo di tensione è stata la questione della Siria. Nell’aprile 2018, Haley annuncia che l'amministrazione avrebbe imposto delle sanzioni alle aziende russe che stavano assistendo il programma di armi chimiche della Siria, una delle mosse di rappresaglia per il sospetto attacco con gas da parte del regime siriano del 7 aprile scorso. Ma il giorno dopo, la Casa Bianca annuncia che Trump ha deciso di non andare avanti con le sanzioni, contraddicendo quindi Haley. La Casa Bianca ha detto che Haley si è mossa con troppo anticipo e un funzionario ha bollato la dichiarazione dell’ambasciatrice come "momentanea confusione". Secca la replica di Haley: “Non mi sono confusa”.