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Golpe Turchia 2016: ergastolo confermato per 6 giornalisti

Mondo
Un'immagine del tentativo di colpo di stato del 2016 (Getty)

Tra i condannati anche i fratelli Ahmet e Mehmet Altan e l'editorialista veterana Nazli Ilicak. Sono accusati di attentato all’ordine costituzionale, in quanto ritenuti colpevoli di aver sostenuto la presunta rete golpista di Fethullah Gulen

Nuove durissime condanne contro giornalisti e intellettuali in Turchia. Un tribunale di Istanbul ha confermato in appello la condanna all'ergastolo aggravato - una sorta di 41 bis - con l'accusa di "attentato all'ordine costituzionale" per sei scrittori e giornalisti molto noti, tra cui i fratelli Ahmet e Mehmet Altan e l'editorialista veterana Nazli Ilicak. Il processo è uno dei più importanti contro gli intellettuali turchi dopo il fallito colpo di Stato del 2016. Una sentenza attesa con preoccupazione anche all'estero, dove in questi mesi sono state lanciate numerose campagne a sostegno dei giornalisti incarcerati nella Turchia di Recep Tayyip Erdogan.

Quali sono le accuse per l'ergastolo ai giornalisti

I sei imputati sono stati ritenuti colpevoli di aver sostenuto la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. In particolare, i fratelli Altan sono accusati di aver inviato durante una trasmissione televisiva messaggi subliminali in favore del putsch, pochi giorni prima che avvenisse. Ilicak è invece stata a lungo editorialista di Zaman, il giornale di riferimento dei "gulenisti", oggi chiuso. Gli altri tre condannati sono i giornalisti Fevzi Yazici, Yakup Simsek e Sukru Tugrul Ozsengul. La condanna in primo grado era stata emessa lo scorso febbraio. In attesa di un probabile ricorso in Cassazione, i giudici hanno anche stabilito la prosecuzione della carcerazione per tutti gli imputati tranne per Mehmet Altan, che era già stato rilasciato in precedenza.

La notte del golpe in Turchia

Il tentativo di colpo di Stato in Turchia avvenne il 15 luglio del 2016 quando soldati al servizio dell'opposizione clandestina al governo occuparono e sbarrarono il ponte dei martiri, a Istanbul. Gli incidenti sul ponte del Bosforo, uno dei tre maggiori ponti della città turca, furono tra gli attacchi più letali attuati dalle forze golpiste. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva da subito puntato il dito contro la FETÖ, l'Organizzazione del Terrore Gülenista, che secondo le autorità sarebbe capeggiata da Fetullah Gulen, politologo e islamista turco, che vive negli Stati Uniti. Secondo le autorità turche Gulen, che attualmente è il maggior ricercato nel Paese con l'accusa di terrorismo, sarebbe dietro una lunga campagna per rovesciare lo stato costituito attraverso l'infiltrazione di propri elementi all'interno delle istituzioni, in particolare quelle militari, di polizia e giudiziarie. Il bilancio di quanto accaduto oltre due anni fa è stato di circa 265 morti, oltre 2800 militari arrestati e più di 2700 giudici rimossi.

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