In Norvegia ministro si dimette per favorire la carriera della moglie

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Ketil Solvik-Olsen, (ex) ministro dei Trasporti ed esponente del Partito del progresso (formazione anti-migranti). Credits: GettyImages
Ketil-Solvik-Olsen

“Avrei fatto il ministro dei Trasporti per tutta la vita, ma ora tocca a mia moglie realizzare il suo sogno”. Queste le parole di Ketil Solvik-Olsen, esponente del Partito del progresso (formazione anti-migranti)

In poche settimane il governo norvegese perde un altro ministro: a rassegnare le dimissioni è Ketil Solvik-Olsen, esponente del Partito del progresso (formazione anti-migranti), che lascia l'incarico per consentire al moglie di portare avanti la sua carriera di medico. "E' stato stupendo essere ministro dei trasporti e delle comunicazioni. In realtà lo avrei fatto per tutta la vita, ma sono arrivato ad un crocevia. Ora tocca a mia moglie realizzare il suo sogno. E' un accordo concluso tra di noi anni fa" ha dichiarato Solvik-Olsen all'emittente 'TV2 Nyhetskanalen', spiegando le motivazioni alla base delle sua decisione.

Plauso sui social

La moglie dell'ormai ex ministro, Tone Solvik-Olsen, ha accettato un incaricato annuale come medico in un ospedale per bambini negli Stati-Uniti. La rinuncia alla poltrona ministeriale da parte di Solvik-Olsen è stata accolta come un "gesto esemplare per la parità tra uomini e donne", rilanciata e commentata positivamente da migliaia di utenti sui social, che l'hanno definito "un esempio fantastico".

Le altre dimissioni nel governo norvegese

Il 13 agosto, sempre per amore, seppur in condizioni ben diverse, l'ex ministro della Pesca, Per Sandberg, è stato costretto a rassegnare le dimissioni. Sandberg, che ha anche dovuto rinunciare alla vice presidenza del partito xenofobo del Progresso, aveva infranto le regole di sicurezza durante un viaggio privato in Iran con un'ex miss Iran di cui si è innamorato. A luglio l'ex ministro 58enne, in viaggio nel paese di origine della sua compagna, la 28enne Bahareh Letnes rifugiata in Norvegia, aveva portato con sé il cellulare di lavoro senza avvisare prima gli uffici del premier.

 

 

 

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