La direttiva, approvata lo scorso 20 giugno dalla Commissione giuridica, è stata bocciata e rimandata al prossimo settembre. In discussione gli articoli 11 e 13 contesati anche dai giganti del web
È stata bocciata e rimandata a settembre la direttiva sul copyright, approvata lo scorso 20 giugno dalla Commissione giuridica del Parlamento europeo. Il no arriva con circa 40 voti di scarto e dunque si tornerà a discutere sui diritti d’autore nei prossimi mesi, quando ci sarà la possibilità di emendare un testo molto contestato dalle piattaforme online. Secondo alcuni parlamentari, infatti, diversi colossi di Internet avrebbero anche fatto pressioni lobbistiche molto forti contro questa direttiva.
Le forze in gioco e gli articoli contestati
La riforma delle normative che regolano il copyright vede due schieramenti opposti: da una parte ci sono gli autori, ovvero giornalisti, scrittori, attori, cantanti e videomaker, dall’altra gli interessi dei giganti del web come Facebook o Google che guadagnano miliardi di euro dalle pubblicità grazie all’utilizzo di contenuti creati da altri. L’obiettivo dell’Ue è riformare la normativa del diritto d’autore per renderla più adatta all’evoluzione tecnologica, ma il testo presentato non aveva soddisfatto molti. In particolare, erano stati criticati gli articoli 11 e 13. Il primo prevedeva la cosiddetta "link tax", ovvero un contributo che i portali e le piattaforme avrebbero dovuto pagare agli editori e agli autori ogni volta che venivano linkati contenuti protetti dal diritto d’autore. Il secondo, invece, rappresentava una sorta di "filtro preventivo" che doveva essere attuato da queste piattaforme prima che venissero caricati contenuti e link che potevano essere protetti da copyright. Per questo motivo, secondo alcuni servizi online l’attuazione di questa direttiva avrebbe rappresentato un "bavaglio" per il mondo del web.
La rabbia degli autori
Se in Italia le forze politiche di maggioranza erano contrarie alla riforma (M5s e Lega esultano: "Evitata direttiva bavaglio"), non la pensano così autori ed editori che ricordano come la creatività e il diritto d’autore rappresentino il 4,5% del Pil europeo, aggiungendo che questi danno lavoro a 12 milioni di cittadini. Per tale ragione, dunque, richiedono un web più giusto e sostenibile, anche al fine di evitare che qualcuno possa fare soldi a scapito di altri. Va ricordato, infatti, che le più grandi corporation a livello mondiale, come per esempio Google (all’interno del quale confluisce YouTube con tutti i contenuti che ne conseguono) pagano poco o nulla sul diritto d’autore rispetto al traffico che generano e all’indotto che acquisiscono. Intanto il commissario europeo per il mercato unico digitale, Andrus Ansip, ammonisce su Twitter: "Basta con gli slogan delle lobby, mettiamoci a lavorare per riconoscere il diritto d’autore, il lavoro di tante persone senza nessuna volontà di mettere un bavaglio alla rete".