La giovane di origini pachistane residente a Verona portata a Islamabad per farle interrompere la gravidanza è stata liberata e si trova a Lahore. Il ministro: "Lavoriamo per riportarla in Italia". Era incinta di un ragazzo italiano ma la sua famiglia non lo accettava
È finito l'incubo per la 19enne Farah, che adesso non vede l'ora di "ritornare in Italia". La ragazza pachistana residente a Verona, portata con l'inganno dalla famiglia in patria e fatta abortire, "è stata rintracciata e si trova in una situazione protetta". A dirlo è il ministro degli Esteri Angelino Alfano attraverso un tweet dell'account ufficiale della Farnesina. La giovane è al sicuro a Lahore e sarà poi portata a Islamabad dove sarà presa in consegna dalle autorità diplomatiche italiane. "L'Ambasciata d'Italia ad Islamabad, in stretto coordinamento con la Farnesina, continua a seguire la questione da vicino e sta mettendo in atto le necessarie misure per facilitare il ritorno in Italia, una volta completate le formalità richieste" ha precisato Alfano.
Il Comune di Verona: "Una bella notizia"
È una bella notizia la sua liberazione, speriamo possa rientrare al più presto in Italia, soprattutto per riprendere il percorso che aveva iniziato con noi, nel 'progetto Petra', perchè ricercava una libertà non solo fisica, ma anche psicologica, da tanti condizionamenti". Così l'assessore ai servizi sociali del Comune di Verona, Stefano Bertacco, commenta la liberazione in Pakistan della 19enne. "Sono stati tutti bravi quelli che hanno contribuito a questo risultato, anche i media - ha aggiunto - perché c'era bisogno di tenere alta l'attenzione su questo caso, una situazione non facile. Bertacco ha poi concluso: "Per noi nulla è cambiato, siamo pronti a ricominciare da dove aveva terminato".
Doveva abortire perché incinta di un italiano
Secondo quanto riportato dal quotidiano veronese L'Arena, la ragazza sarebbe rimasta incinta del suo fidanzato, un compagno di scuola italiano. Una volta scoperta la gravidanza, i famigliari della giovane, usando come scusa il matrimonio del fratello in Pakistan, l'avrebbero riportata in patria dove sarebbe stata costretta ad abortire. Qui la giovane avrebbe tentato di chiedere aiuto descrivendo alle compagne di scuola, via WhatsApp, la sua prigionia e quello che le era accaduto. La rete scolastica si è poi attivata, a partire dalle compagne fino alla dirigenza, e da qui alla Digos della Questura scaligera, che ha anche attivato il consolato pakistano in Italia. Successivamente è intervenuta anche la Farnesina.