Malesia, prima condanna per fake news: in carcere per video su Youtube

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Poliziotti a Kuala Lumpur (foto d'archivio: GettyImages)
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Un cittadino danese sconterà un mese di galera per aver diffuso un filmato in cui accusava la polizia malese di essere invervenuta troppo tardi per un omicidio a Kuala Lumpur. La legge, approvata da poco, per alcune associazioni è "un bavaglio per le opposizioni"

Arriva in Malesia la prima condanna per diffusione di notizie false. Nel Paese, all’inizio di aprile, è stata approvata una legge contro le fake news che  prevede pene fino a sei anni di carcere e sanzioni fino a più di 100 mila euro per chi, malese o straniero, crei e diffonda “bufale”. L’uomo condannato è un cittadino danese: sconterà un mese di galera per aver pubblicato, "con cattive intenzioni”, un video su Youtube in cui accusava la polizia di aver impiegato troppo tempo per rispondere alle chiamate di soccorso dopo l’uccisione di un uomo a Kuala Lumpur.

L’omicidio e il video

Sabato 21 aprile, nella capitale della Malesia, un docente palestinese di 35 anni viene ucciso con dieci colpi di arma da fuoco da due uomini, tuttora in fuga. Il cittadino danese, di 46 anni e di origine yemenita, dopo il fatto, ha postato un video su Youtube in cui accusava la polizia malese di non essere intervenuta con abbastanza celerità: secondo l’uomo, le autorità avrebbero risposto alle richieste di soccorso 50 minuti dopo le chiamate. Secondo la polizia i minuti passati sarebbero invece stati solo otto.

L’accusa e la condanna

L'accusa è di aver diffuso sui social network una notizia falsa, una “critica inesatta” nei confronti della polizia, secondo quanto si legge sul New York Times. E sulla base della legge contro la diffusione di fake news emanata all’inizio del mese, l’uomo viene perseguito penalmente e condannato: si tratta del primo caso in Malesia. Il cittadino danese in aula si è dichiarato colpevole, affermando di aver pubblicato il video in un "momento di rabbia" ma di non aver provocato danni con questo suo gesto. A nulla sono servite le scuse (“Mi scuso seriamente con tutti in Malesia, non solo con la polizia malese", ha detto in aula), l’uomo è stato condannato dal giudice a pagare una multa di oltre 2.500 dollari. Ma non avendo la possibilità di corrispondere la somma, la pena è stata commutata in un mese in galera.

Una legge controversa

La legge in base alla quale è stata emessa la condanna punisce chi "con ogni mezzo, crea consapevolmente, offre, pubblica, stampa, distribuisce, fa circolare o diffonde notizie false o pubblicazioni contenenti fake news", intendendo per fake news "notizie, informazioni, dati e rapporti che sono falsi in tutto o in parte". I trasgressori possono essere anche cittadini non malesi, se la fake news pubblicata riguarda il Paese. Secondo quanto riporta la Bbc, la legge è stata interpretata dalle associazioni per i diritti umani come un tentativo di mettere a tacere l'opposizione prima delle elezioni, inizialmente previste ad agosto ma poi anticipate alla metà di maggio. Le stesse associazioni sottolineano che il provvedimento potrebbe inibire l’arrivo di testimonianze sullo scandalo “1MDB”, il fondo di sviluppo statale della Malesia da cui, si legge sul Washington Post, 700 milioni di dollari sarebbero stati trasferiti ai conti bancari personali del primo ministro malese Najib Razak. Le fake news e l’hate speech sono un problema per il sud-est asiatico: all’inizio di aprile Facebook è stato accusato dalle associazioni per i diritti umani di non fare abbastanza per eliminare i messaggi di odio contro i Rohingya in Myanmar. Come si legge sul Washington post, il social media americano è stato accusato di diffondere fake news che hanno infiammato le tensioni etniche tra la maggioranza buddista del Paese e le sue minoranze musulmane.

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