Diario di bordo dalla Seawatch 3: al lavoro dopo i salvataggi

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Monica Napoli

Prosegue il viaggio di Sky TG24 a bordo della nave della Ong tedesca. Dopo le operazioni di salvataggio, l’equipaggio è impegnato a risistemare i ponti che hanno ospitato i migranti recuperati nel Mediterraneo

La giornata di ieri è stata molto intensa per tutti in ogni senso. Il trasbordo delle persone salvate sulla nave spagnola è durato fino al tardo pomeriggio, una volta terminato tutti sono stati impegnati nella pulizia e nella sistemazione dei ponti dove sono state ospitate le persone salvate nel Mediterraneo. I teli di plastica, le coperte utilizzate, tutto va lavato e messo a posto. Insomma, grazie al lavoro di squadra in poche ore nonostante il buio e il freddo, che si inizia a sentire tutto, è stato tutto sistemato. A cena i volti di chi ha fatto da spola dai barconi alla nave sono provati, stanchi al pari di chi si è dovuto occupare della sistemazione di 318 persone.

I discorsi a cena

“Sai ho incontrato diverse persone che in Libia ci sono state mesi, mi hanno raccontato dell'inferno che si vive lì” racconto a cena ad alcuni dei ragazzi della crew. “Sei fortunata a poter parlare con loro, a poter trascorrere del tempo con loro” mi risponde Kim, primo ufficiale veterano delle missioni in mare. Lo guardo stupita e gli chiedo il perché di questa affermazione. “Noi non possiamo stringere legami ne scambiarci i contatti anche solo per sapere come stanno una volta arrivati in Italia”. Il perché è più semplice di quel che sembra: di fatto, mantenere contatti con chi è stato salvato potrebbe creare problemi a chi opera nelle ong, qualcuno potrebbe ritenere che siano scafisti e che i loro contatti siano illeciti. “Una cosa che mi rattrista molto ma se questo significa poter continuare a fare ciò che facciamo va bene lo stesso” mi spiega ancora Kim.

L’importanza dell’esperienza e delle esercitazioni

Durante i salvataggi ho visto le emozioni sui volti dei membri della crew ma ho visto anche un'organizzazione che ha permesso di portare a termine due salvataggi senza alcun pericolo, il segno che le esercitazioni e l'esperienza giocano un ruolo fondamentale nella buona riuscita di questo tipo di missioni. “Menomale che c'erano gli spagnoli - commenta il capo missione a cena - perché altri eserciti arrivano con i mitra sui gommoni utilizzati per trasportare le persone e questo crea diverse difficoltà”. In effetti ripenso ai militari che hanno raggiunto la Seawatch 3 ieri e mi vengono in mente i loro sguardi calmi e rassicuranti.

La gioia sui volti per aver salvato oltre 300 persone

Il giorno dopo il mare è davvero tanto agitato, sembra di stare sulle montagne russe o su una di quelle giostre a forma di nave. “La differenza - ci diciamo sorridendo - è che al luna park dopo un po' si scende dalla giostra mentre noi siamo destinati a restarci per altre ore, tante ore". La mattina successiva ai salvataggi la trascorro quasi interamente nella cabina di comando, la parte più alta della nave, le onde arrivano fino a lì regalando uno spettacolo inusuale. Il mal di mare colpisce ancora anche chi non ne ha mai sofferto. Trascorrere qualche ora nella cabina di comando è anche l'occasione di poter fare qualche domanda a Pia, il comandante, su alcuni dettagli in merito ai salvataggi. Mi concentro in particolare sulla distruzione dei barconi utilizzati dagli scafisti. “Dopo aver fatto salire sui nostri gommoni li distruggiamo come previsto dalla legge” mi spiega Pia. Devo dire che la gioia di aver potuto salvare 318 persone è visibile sul loro volto, averli potuti trasportare su una nave militare spagnola li rende felici perché, mi dicono “per noi l'importante è che riescano a lasciare la Libia a questo punto, che non rischino ancora un viaggio in mare sfiorando la morte”.

Verso il rientro

La giornata di ieri è stata pesante per tutti, le emozioni sono state intense, lo sguardo di chi scappa per avere un futuro migliore ti resta dentro, le parole di chi non chiede molto se non di lavorare dignitosamente anche. Ripenso spesso alle donne in attesa che intraprendono un viaggio su barche fatiscenti e ripenso a noi donne occidentali, alle differenze e alle similitudini. Una cosa è certa, il desiderio di proteggere la vita che porti in grembo è universale. Ripenso agli uomini e ai ragazzi, ai loro volti segnati dal sole e dalla fatica e mi chiedo se sanno cosa li aspetta una volta arrivati in Europa. I membri della crew che mi hanno visto lavorare tutto il giorno per documentare i salvataggi fin nei minimi particolari mi chiedono delle reazioni in Italia, mi chiedono se la notizia è arrivata. Gli rispondo di sì che la collega e io stiamo in contatto con le nostre redazioni. Il mattino dopo i salvataggi mi chiedono tutti se ho notizie sull'arrivo della nave militare in Italia. Il mare mosso dovrebbe aver rallentato di poco anche il loro rientro, ma in Sicilia sarebbero arrivati sabato in giornata. Il rientro, per noi, è ancora più agitato dell'andata ma ormai manca poco. Domenica arriviamo a Malta, poi ognuno prenderà la sua strada, alcuni verso casa, altri verso nuove missioni. Per tutti resterà un'esperienza che difficilmente si potrà dimenticare.

La Seawatch è una Ong tedesca che dal 2015 opera nel Mediterraneo per trarre in salvo i migranti che dalla Libia partono su barconi fatiscenti rischiando la vita. È la terza missione dall'inizio del 2018 e nonostante gli ultimi avvenimenti in Italia e i rapporti sempre più complicati con la guardia costiera libica, il gruppo ha deciso di partire ugualmente. L'Italia è il Paese dove vengono portati i migranti salvati, il Paese che fronteggia maggiormente il flusso migratorio. Questo è il diario di come avvengono le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo.

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