È morto lo scrittore Aharon Appelfeld, testimone della Shoah

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Foto d'archivio LaPresse

Cordoglio in Israele per la scomparsa di uno dei più importanti autori del Paese. Aveva 85 anni. Imprigionato in un lager da bambino, riuscì a fuggire e visse per tre anni in clandestinità nelle foreste. Arrivato in Israele, scrisse diversi romanzi sull'Olocausto

Lo scrittore israeliano Aharon Appelfeld, sopravvissuto all'Olocausto che ha saputo raccontare nei suoi libri l'orrore della Shoah, è morto la notte scorsa a Gerusalemme all'età di 85 anni. L'annuncio della scomparsa è stato dato dalla sua famiglia. Era fuggito dal lager in cui era stato imprigionato, poi aveva trascorso tre anni di clandestinità nelle foreste ed era stato cuoco nell’Armata Rossa. Nel suo libro “Storia di una vita” aveva raccontato in prima persona la sua esperienza, infondendo le pagine con i suoi ricordi di bambino, la solitudine, il senso di isolamento linguistico e di sradicamento culturale, la crudeltà indescrivibile degli aguzzini.

L'arrivo in Israele e il successo da scrittore

Nel 1946 Appelfeld si trasferì nella Palestina di allora, per poi studiare all’Università di Gerusalemme. Solo nella Terra Promessa imparò la lingua ebraica, e nonostante questo è diventato uno dei più importanti scrittori israeliani del 20° secolo. Nei suoi libri non indulgeva mai in descrizioni dirette degli orrori, a suo parere talmente enormi da non poter essere riferiti a parole. "La Shoah era per lui una sorta di Chernobyl, che richiede grande precauzione per essere affrontata", ha osservato lo scrittore Amos Oz, suo amico personale.

Dal campo di concentramento all'approdo in Israele

Aharon Appelfeld era nato da una famiglia ebraica a Czernowitz, nella Bucovina del Nord, allora in Romania, il 16 febbraio 1932. Fu deportato insieme al padre in un campo di concentramento in Transnistria (territorio allora sotto il controllo della Romania) dal quale fuggì, nascondendosi per i successivi tre anni nelle foreste e infine si unì all'Armata Rossa dove prestò servizio come cuoco. Durante la Seconda guerra mondiale Appelfeld perse nei lager la madre e i nonni. Alla fine della guerra raggiunse l'Italia e da qui si imbarcò nel 1946, per approdare in Palestina, a quel tempo ancora sotto mandato britannico. Laureatosi all'Università di Gerusalemme in letteratura, ha poi insegnato letteratura ebraica all'Università Ben Gurion del Negev a Beer Sheva. Nonostante abbia appreso l'ebraico tardi nella sua vita, Appelfeld è diventato uno dei più importanti scrittori israeliani del 20° secolo. Nei suoi numerosi romanzi affronta esclusivamente, in modo diretto o indiretto, il tema della Shoah e dell'Europa prima e durante la Seconda guerra mondiale. Per le sue opere ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Israele, il Premio Mèdicis in Francia e il Premio Napoli in Italia. La sua consacrazione in patria e all'estero risale al 1983, quando ottenne il Premio d'Israele per la letteratura.

"Mi occupo di persone che hanno un legame con il divino"

I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. In italiano l'editore Guanda ha pubblicato "Badenheim 1939", "Storia di una vita", "Paesaggio con bambina", "Un'intera vita", "L'amore, d'improvviso", "Il ragazzo che voleva dormire", "Fiori nelle tenebre", "Una bambina da un altro mondo", "Oltre la disperazione", "Il partigiano Edmond" e "Giorni luminosi". Appelfeld amava ripetere: “Mi occupo di persone. La grande parte dei miei personaggi sono persone che hanno ancora un qualche legame con il divino e talvolta non ne sono consapevoli". Il grande scrittore israeliano sosteneva che "il reale non è solo il male che ci raggiunge, ma il mistero di Dio e della storia che si affida al nostro cuore".

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