Catalogna, alla Corte Suprema di Madrid la causa contro Puigdemont

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Il presidente catalano destituito Carles Puigdemont (Getty Images)
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Il giudice Pablo Llarena ha deciso di avocare il procedimento contro l'ex presidente catalano e gli ex ministri dell'esecutivo. Resta in piedi l'accusa di ribellione

Sarà la Corte Suprema spagnola a istruire la causa per ribellione e sedizione contro i leader catalani. Sul banco degli imputati ci sono il presidente destituito della Generalitat de Catalunya Carles Puigdemont, auto-esiliatosi a Bruxelles con quattro ministri, e il vicepresidente Oriol Junqueras, detenuto a Madrid con altri sette.

Puigdemont davanti alla Corte Suprema

Il procedimento passa dunque dalla giudice della Audiencia Nacional Carmen Lamela (che aveva fatto arrestare i ministri e firmato un mandato di cattura per Puigdemont) al magistrato della Corte Suprema Pablo Llarena. Nelle mani di Lamela resta invece la causa contro l'ex capo dei Mossos d'Esquadra Josep LLuis Trapero e la sua ex collega Maria Teresa Laplana. La decisione è dovuta alla convinzione che la dichiarazione di indipendenza sia il risultato di una strategia comune sviluppata da governo, parlamento e società civile catalani. Di conseguenza, tutti i soggetti coinvolti dovrebbero essere indagati e giudicati in un'unica sede. Proprio per questo motivo, il tribunale supremo ha avocato a sé anche la causa per sedizione contro 
Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, leader rispettivamente delle associazioni indipendentiste ANC e Òmnium. La procura aveva invece chiesto che i procedimenti restassero divisi e che la Corte Suprema giudicasse solo i membri della Mesa, l'assemblea dei capigruppo, e non quelli dell'esecutivo decaduto.

Resta l'accusa di ribellione

Il pubblico ministero Lamera aveva anche chiesto alla Corte di eliminare il reato di ribellione (che comporta la dichiarazione di indipendenza in modo "pubblico e violento") e proseguire le indagini solo per quello di sedizione (che implica "l'ostacolo all'applicazione della legge"). Il giudice Llarena ha però respinto la richiesta, considerando che sussistano ancora indizi che i leader catalani abbiano commesso il crimine di ribellione. Non si tratta solo di un dettaglio. Prima di tutto perché per questo reato si rischiano fino a 30 anni di carcere mentre la sedizione prevede pene più blande. E poi perché il rifiuto di depennare la ribellione è stato una delle leve che ha permesso alla Corte di avocare il procedimento. Le ribellione, infatti, è sempre un crimine collettivo e, come tale, scrive Llarena, "segna la necessità di un procedimento congiunto".

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