Russiagate, Manafort avrebbe tre passaporti americani

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Secondo la Cnn, ogni documento ha un nome diverso. L’ex manager della campagna di Trump avrebbe viaggiato con un cellulare e una mail registrati sotto falso nome. Papadopoulos in una mail: staff della campagna elettorale approvò incontro con rappresentanti di Putin

Paul Manafort, l'ex manager della campagna di Donald Trump accusato nell'ambito delle indagini sul Russiagate, avrebbe tre passaporti americani, ognuno con un nome diverso. Inoltre, avrebbe viaggiato in Messico, Cina e Ecuador con un cellulare e un'email registrati sotto falso nome. A rivelarlo è la Cnn, che cita carte dell’inchiesta.

Le accuse

Nei giorni scorsi Paul Manafort, 68 anni, e il suo ex socio Rick Gates, 46, sono stati i destinatari dei primi capi di imputazione sul Russiagate. Entrambi hanno preferito consegnarsi spontaneamente all'Fbi. Davanti al giudice federale di Washington Deborah Robinson si sono dichiarati “non colpevoli” dei 12 capi di imputazione che, in caso di condanna, potrebbero costare loro sino a 70-80 anni di carcere e decine di milioni di dollari di multe. Sono agli arresti domiciliari e sono stati chiesti 10 milioni di dollari di cauzione per Manafort e 5 per Gates. Le accuse, che vanno dal 2006 al 2017, sono pesanti, anche se nessuna è direttamente collegata alla campagna elettorale di Trump: cospirazione contro gli Usa, riciclaggio, omessa registrazione come agenti stranieri, mancata denuncia di conti in banche estere, dichiarazioni false e fuorvianti. Nel mirino, in particolare, la loro presunta attività di consulenza non dichiarata per il controverso presidente ucraino filorusso Viktor Ianukovich, deposto nel 2014 dalla rivolta del Maidan, e per il suo partito delle regioni, con ingenti pagamenti in nero. Sui conti offshore di Manafort, secondo l'accusa, sarebbero transitati oltre 75 milioni di dollari, di cui oltre 18 riciclati, mentre Gates ne avrebbe trasferiti oltre 3.

La mail di Papadopolous

Il terzo sotto accusa per il Russiagate è George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, che dopo essere stato arrestato si è dichiarato colpevole per aver reso false dichiarazioni all'Fbi su contatti con rappresentanti russi. L’uomo, definito “un bugiardo” dal presidente Donald Trump, starebbe collaborando in maniera “proattiva” con gli investigatori. In una email, Papadopoulos affermerebbe che lo staff della campagna elettorale di Donald Trump approvò un incontro pre-elettorale con rappresentati del presidente russo Vladimir Putin. L'email risalirebbe al 14 luglio 2016, ma non ci sono indicazioni che l'incontro sia mai avvenuto. L'email sarebbe contenuta in una dichiarazione giurata citata da un agente dell'Fbi, ma non è inclusa nei documenti depositati in tribunale sulla sua dichiarazione di colpevolezza e sulla sua cooperazione con il procuratore speciale per il Russiagate, Robert Mueller.

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