L'Austria va al voto: l'ascesa dei popolari e la coalizione a destra

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Valentina Clemente

Heinz-Christian Strache leader del partito di destra Austrian Freedom Party (FPOe) e il ministro degli Esteri Sebastian Kurz, del partito popolare (OeVP) al termine di un dibattito televisivo (Getty Images)

Alla vigilia delle elezioni la svolta a destra dell’Austria è quasi una certezza. E lo stile politico di Vienna prende corpo in una sorta di manifesto, ancora una volta, sul Brennero, nel braccio di ferro con l’Italia

"L’Austria resti un paese dove vige il rispetto reciproco e i diritti costituzionali fondamentali". La richiesta, che suona più come un monito, è di Alexander Van der Bellen, presidente austriaco, alla vigilia delle elezioni parlamentari di domenica 15 ottobre che, secondo i sondaggi, potrebbero regalare la vittoria alla destra.

I partiti in corsa

Un voto che arriva al termine di un’aspra campagna elettorale, girata intorno a tre figure chiave, leader di altrettanti partiti politici: Christian Kern, Sebastian Kurz e Heinz-Christian Strache. Una campagna dettata dai populisti del FPOe, formalmente in lotta solo per il secondo posto dietro i conservatori dell’OeVP, ma con i quali i due principali partiti - conservatori e socialdemocratici dello SPOe - hanno totalmente escluso di formare una coalizione.

La denuncia dei socialdemocratici 

Una coabitazione diventata sempre più difficile e segnata da una crescente sfiducia reciproca che è sfociata la  settimana scorsa in uno scambio di accuse quasi surreale: venerdì i socialdemocratici del cancelliere Christian Kern hanno presentato una denuncia in procura contro i conservatori sostenendo di avere le prove che un assistente personale del candidato popolare alla cancelleria e ministro degli Esteri Sebastian Kurz ha offerto denaro in cambio di informazioni da circoli socialdemocratici.

L'accusa dei popolari

Poco prima della denuncia dei socialdemocratici, i popolari avevano a loro volta annunciato di voler denunciare l’SPOe per istigazione all’odio, citando il caso di pagine Facebook contro Kurz con contenuti razzisti e antisemiti. E il predecessore dell’attuale direttore manageriale dello SPOe è stato costretto a dimettersi dopo che si è appreso che aveva autorizzato il pagamento di 536mila euro per finanziare una campagna di fango contro Kurz.

L'ascesa di Sebastian Kurz

Insomma: una spy story austriaca che ha reso la campagna elettorale più vivace e che ha rafforzato il ruolo del giovane ministro degli esteri che, ad oggi, sembra non avere rivali. Da quando a maggio è salito ai vertici del partito popolare, Sebastian Kurz ha lavorato intensamente per trasformare il partito in un movimento di massa, forte dell’appoggio di figure celebri del mondo dello sport, della scienza e dell’industria.

Il tema dell'immigrazione

Oltre a promettere un taglio delle tasse, ed una riduzione della burocrazia, l’enfant prodige della politica austriaca ha fatto leva sul tema dell’immigrazione per allargare la base del suo elettorato, insistendo sulla lotta all’immigrazione illegale e la minaccia dell’Islam politico. Intervista dopo intervista, ha anche chiesto di fermare i flussi in arrivo attraverso il Mediterraneo, polemizzando spesso con l’Italia sui controlli al Brennero insieme al ministro degli Interni e compagno di partito Wolfgang Sobotka, di chiudere i centri di accoglienza gestiti da gruppi islamici, di vigilare sulle moschee e di fermare l'immigrazione che pesa sul sistema sociale del paese. E negli ultimi mesi, i sondaggi hanno regalato il primo posto nelle preferenze degli elettori interpellati in vista del voto ai conservatori, con i socialdemocratici al secondo posto, posizione che rischiano peraltro di perdere a favore del FPOe.

La risposta del cancelliere e del partito di destra

L’attuale cancelliere Kern, ex manager, 51 anni, ha invece costruito la sua campagna elettorale sul tema dell’economia e sul suo piano per la creazione di posti di lavoro, e non sull’immigrazione. La debolezza del cancelliere ha lasciato quindi spazio alla FPOe, ansiosa di entrare a far parte del nuovo governo come partner di coalizione, tanto da spingere il suo leader, Hans-Christian Strache - che in gioventù era vicino a figure dell’estrema destra - a cercare di moderarsi ed avvicinarsi al centro e ad un possibile ruolo di governo. Strache ha anche messo un freno alla sua retorica anti-Ue, non parla più di uscita dell’Austria dal blocco, ma di un’Unione meno centralizzata. Forse perché sa che, agendo in questo modo, potrà far parte del nuovo governo austriaco. Con il giovane Kurz, ovviamente.

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