Ritrovati resti incrociatore Indianapolis, trasportò uranio Hiroshima

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L'incrociatore USS Indianapolis fu affondata il 30 luglio 1945 da un sommergibile giapponese: nella circostanza morirono 880 uomini della Marina statunitense (Foto:Flickr)
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La nave della Marina statunitense venne affondata dai giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo aver trasportato alcune parti della bomba. L'odissea dei naufraghi, tra gli squali e la sete, ha ispirato film e una lunga polemica

Ritrovati, dopo anni di ricerche, i resti dell'incrociatore pesante Indianapolis, la nave militare statunitense che trasportò l'uranio e alcune componenti della bomba atomica poi esplosa a Hiroshima. Poco dopo aver compiuto la sua missione, l'USS Indianapolis venne affondato, il 30 luglio 1945, da un sommergibile giapponese: nell'impossibilità di chiamare aiuto, molti superstiti attesero in mare per giorni l'arrivo dei soccorsi, finendo nel frattempo divorati dagli squali.

La ricerca guidata da Paul Allen

A gettare nuova luce sulla tragedia dell'Indianapolis, diventata recentemente un film - "Uss Indianapolis", ma citata anche da "Lo squalo" - è stato un team di ricercatori guidato dal co-fondatore di Microsoft Paul Allen, che ha rintracciato il rimorchio dell'incrociatore sul fondo dell'Oceano Pacifico, nelle Filippine, a 18.000 piedi di profondità (poco più di 5400 metri). "Dobbiamo mostrare grande umiltà - ha detto Allen - per onorare gli uomini coraggiosi della Uss Indianapolis e le loro famiglie attraverso la scoperta del relitto di una nave che ha avuto un ruolo così importante nella fine della Seconda guerra mondiale. Come americani, abbiamo tutti un debito di gratitudine nei confronti dell'equipaggio, per il coraggio, la determinazione e lo spirito di sacrificio mostrati di fronte a circostanze terribili”.

La consegna della bomba e l'attacco nipponico

L'Indianapolis, varata nel 1931, aveva partecipato a buona parte degli scontri avvenuti nell'Oceano Pacifico tra esercito statunitense e giapponesi, da Pearl Harbour fino a Okinawa. Nell'estate del 1945 venne deciso il suo impiego per il trasporto, da Pearl Harbor a Tinian (Filippine), dell'involucro e della carica di uranio della bomba atomica di Hiroshima, assieme ad alcuni scienziati e tecnici militare che avrebbero messo a punto il micidiale ordigno. L'operazione "Bronx shipment" venne portata a termine senza difficoltà. Ma il 31 luglio, mentre la nave faceva rotta in tutta tranquillità verso Leyte (Filippine), venne intercettata dal sommergibile giapponese I-58, che lanciò contro di essa una salva di siluri. L'Indianapolis venne colpita all'improvviso e affondò in soli 12 minuti: nonostante la segretezza della missione, fece in tempo a inviare diversi Sos, che però vennero incredibilmente ignorati dalle stazioni riceventi, probabilmente perché ritenuti dei falsi allarmi lanciati dai giapponesi.

La tragica attesa

Sui 1196 marinai dell'equipaggio, circa 900 finirono in mare. I soccorsi partirono con ritardo, mentre per i naufraghi furono giorni di drammatica attesa: i sopravvissuti vennero portati in salvo solo l'8 agosto (la devastante bomba di Hiroshima era stata nel frattempo lanciata il 6 agosto) dopo essere stati avvistati da un idrovolante, e solo 316 alla fine sopravvissero: gran parte dei marinai morì per annegamento, disidratazione o per gli attacchi degli squali. Tra i sopravvissuti c'era l'ammiraglio Charles Butler McVay III, che guidava l'Indianapolis: a lungo venne ritenuto responsabile del disastro per non aver preso le precauzioni necessarie di fronte a un possibile attacco giapponese, anche perché l'Indianapolis fu uno dei rarissimi affondamenti di navi militari statunitensi che i sommergibili nipponici riuscirono a compiere durante la Seconda guerra mondiale. McVay comunque venne ben presto venne reintegrato per poi essere assolto definitivamente dal Congresso degli Stati Uniti nel 2000, 32 anni dopo la sua morte.

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