Liu Xiaobo, chi era il Nobel che sfidò Pechino

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Una manifestazione in sostegno di Liu Xiaobo (Getty Images)
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Attivista democratico, Premio Nobel per la Pace 2010, coautore e promotore del manifestoCharta 08, che sostenne le libertà democratiche e le riforme costituzionali in Cina

E' morto il 13 luglio l'attivista democratico e Premio Nobel per la Pace 2010, Liu Xiaobo, coautore e promotore del manifesto Charta 08, che sostiene le libertà democratiche e le riforme costituzionali in Cina. Lo hanno confermato le autorità giudiziarie di Shenyang in una nota. Liu era stato ricoverato nel Primo Ospedale di Shenyang, dopo la scarcerazione per motivi di salute, per un cancro al fegato in fase terminale diagnosticatogli il 23 maggio, secondo quanto riferito il mese scorso dal suo avvocato, Mo Shaoping.

La vita

L'attivista e intellettuale cinese aveva sessantuno anni, era stato critico letterario e docente universitario: in passato, tra il 2003 e il 2007, aveva anche ricoperto il ruolo di presidente dell'Independent Chinese Pen Centre, organizzazione no-profit che sostiene la libertà di espressione degli scrittori cinesi, e di direttore della rivista di orientamento democratico Minzhu Zhongguo (Cina democratica) fondata negli anni Novanta. Liu Xiaobo è stato arrestato nel 2008, due giorni prima della pubblicazione di Charta 08, e processato il giorno di Natale del 2009: venne condannato a undici anni di carcere per “incitamento alla sovversione dell'ordine statale”. L'anno successivo fu insignito del Premio Nobel per la Pace, che non ha mai potuto ritirare, per la sua “lunga e non violenta lotta per i diritti umani fondamentali in Cina”. L'assegnazione del premio portò a uno stallo diplomatico i rapporti con la Norvegia, che si prolungò fino al dicembre scorso, quando una delegazione guidata dal ministro degli Esteri di Oslo, Boerge Brende, giunse a Pechino per ripristinare le relazioni. La visita permise di firmare una dichiarazione nella quale veniva specificato che “le due parti hanno raggiunto negli ultimi anni un livello di fiducia che permette la ripresa di una relazione normale”.

Charta 08

Charta 08, di cui Liu Xiaobo fu promotore, chiede una magistratura indipendente dal potere politico e le libertà di parola, di stampa, religiosa, di assemblea, di associazione e di sciopero. Il documento sottoscritto anche da altri trecento fra intellettuali, attivisti, avvocati e artisti cinesi usa toni molto duri nei confronti della Cina contemporanea. Nel documento si fa riferimento ai diritti umani, all'uguaglianza tra esseri umani, alla democrazia, il cui significato principale è che “la sovranità appartiene al popolo e il governo è eletto dal popolo”: la garanzia di questi diritti, si legge su Charta 08, deve essere definita nella carta costituzionale. Il manifesto promuove anche la separazione dei poteri per creare un “governo moderno”, l'indipendenza della magistratura dal potere politico e l'elezione diretta dei rappresentati del popolo sulla base del principio “una persona, un voto”. Charta 08 definisce però, apertamente "autoritario" il sistema cinese. "Questa situazione deve cambiare! Non possiamo piu' rimandare le riforme per la democratizzazione politica". Nel documento si tratta anche il tema dei diritti umani che devono essere garantiti dal governo, a cui chiede l'istituzione di una commissione ad hoc, per "proteggere la dignità umana".

Il carcere

Prima di Charta 08, Liu aveva già passato diverso tempo nelle carceri cinesi per le sue posizioni contrarie alla linea del Partito Comunista. Ritornò in Cina dagli Stati Uniti per partecipare alle manifestazioni studentesche di piazza Tian'anmen nella primavera del 1989, e riuscì a convincere alcuni degli studenti a lasciare la piazza prima dell'arrivo dei carri armati. Dopo la repressione da parte dell'esercito cinese, fu condannato a 19 mesi di detenzione per il suo ruolo nelle manifestazioni pro-democratiche. “Il massacro del 1989 lasciò in me una profonda impressione”, raccontò anni più tardi ai microfoni della Bbc. Ritornato in libertà, Liu insegnò Letterature Comparate all'Università Normale di Pechino, ma nel 1996 fu di nuovo arrestato e condannato a tre anni di carcere e lavori forzati per le sue posizioni contrarie alla linea del Pcc: durante il periodo di detenzione sposò la scrittrice Liu Xia, che anche nelle ultime ore gli è stata al fianco e si trova da sette anni gli arresti domiciliari, senza che alcuna accusa formale sia stata spiccata contro di lei. Oltre alle ultime settimane, segnate da forti polemiche sulla sorte dell'intellettuale, la vicenda di Liu Xiaobo si era ripresentata in più occasioni. Uno degli ultimi casi in cui il governo cinese fece riferimento diretto alla condanna inflitta all'attivista fu nel giugno 2015, in occasione della prima visita in Cina di un altro Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, oggi consigliere di Stato del Myanmar, quando il Ministero degli Esteri ribadì che la sentenza non sarebbe stata soggetta a revisione.

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