Il prossimo 11 e 18 giugno i francesi torneranno alle urne per rinnovare l'intera Assemblée Nationale, uno dei due rami del parlamento. La maggioranza di questa aula sarà decisiva per garantire l’azione di governo
Il 22 marzo in Francia è cominciata ufficialmente la campagna per le elezioni legislative che si svolgeranno il prossimo 11 e 18 giugno. I francesi saranno chiamati al voto per rinnovare l'intera Assemblée Nationale, il ramo del parlamento che nel sistema bicamerale d’Oltralpe assume un ruolo decisivo per l’attività del governo che, senza la maggioranza, rischia lo stallo. Per questa ragione sarà un appuntamento cruciale per il neo presidente della Repubblica Emmanuel Macron che dopo aver vinto le presidenziali ha bisogno di una nuova conferma elettorale per avviare l’ambizioso piano di riforme del suo movimento, "La Republique en Marche".
Le regole
il cosiddetto "terzo turno" delle presidenziali concluderà il processo elettorale iniziato con l’arrivo all'Eliseo di Macron. L'11 e 18 giugno il presidente cercherà di conquistare la maggioranza assoluta dell’aula, ossia 289 seggi su 577 totali, eletti in altrettanti collegi. Nella seconda domenica dedicata a questa tornata i francesi dovranno scegliere tra i candidati giunti al ballottaggio, ad eccezione delle circoscrizioni che avranno eletto un candidato già l'11 giugno. In molti casi al secondo turno potrebbero approdare più di due contendenti per i quali sarà sufficiente raccogliere un numero di preferenze pari al 12,5% del totale degli iscritti sulle liste elettorali.
Lo scenario
Queste elezioni politiche saranno caratterizzate da una grande novità: il nuovo presidente della Repubblica non ha alle spalle un partito tradizionale – il movimento “En Marche!” è stato lanciato solo nel 2016 - e per preparare una lista di candidati Macron ha dovuto attrarre numerosi volti nuovi e molte personalità sia di destra che di sinistra. In circa 50 circoscrizioni La République en Marche, che in totale presenterà 522 candidati, ha scelto di non presentarsi per proteggere un certo numero di "pesi massimi" dei Les Républicains o del Partito socialista. La speranza è che una volta eletti questi deputati, che hanno già dimostrato una sensibilità al progetto del capo dello stato, possano entrare a far parte della maggioranza, scongiurando il rischio di immobilismo a cui andrebbe incontro il governo del premier Edouard Philippe.
A destra
Dopo non essere riusciti ad arrivare al ballottaggio alle elezioni presidenziali i Republicains si presentano alle legislative in grande difficoltà. L'ex segretario Jean-Francois Copé ha dichiarato a France 2 che c’è bisogno di una "ristrutturazione da capo a fondo" del partito. Le cose, però, non vanno meglio nemmeno per il Front National - principale partito di opposizione secondo Marine Le Pen - che deve far fronte a un accesso scontro interno sul tema dell’uscita dall’euro. Nelle scorse settimane il "numero due" del partito, Florian Philippot, aveva ventilato l’ipotesi di abbandonare il Fn nel caso in cui il movimento rinunciasse alla posizione mantenuta per buona parte della campagna per le presidenziali. Una possibilità che Marine Le Pen oggi non ha escluso intervenendo su FranciInfo: "Se un giorno, gli iscritti al Fn decidessero che bisogna rinunciare a questa partita - ha dichiarato la leader del Front National - e Philippot non si sentisse più in linea con le proprie convinzioni potrebbe scegliere di lasciare".
A sinistra
Anche alla sinistra di Macron la situazione non è delle migliori: in un'intervista a France Inter, il segretario del Partito socialista, Jean-Christophe Cambadélis, ha parlato di un possibile cambiamento di nome. La scelta sarebbe figlia della débacle delle presidenziali dove il candidato della gauche, Benoit Hamon, ha raggiunto un deludente 6,36%. Il cambio di nome era stato escluso categoricamente nel 2014 proprio da Cambadélis che, a tre anni di distanza, sembra aver cambiato idea: "Penso che il Ps si rifonderà, riformulerà, ristrutturerà, ci sarà tanto lavoro", ha avvertito a poche settimane dalle elezioni politiche.