Aristide Barraud lascia il rugby: fu ferito dagli spari al Bataclan

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Aristide Barraud in campo (foto dal profilo Instagram di Aristide Barraud)
Aristide_Barraud_Instagram

La giovane promessa francese in forza al club veneto del Mogliano ha comunicato la sua decisione in una lunga lettera aperta: “Il mio corpo è a dir poco distrutto”

 

“Devo ascoltare quello che il mio corpo mi sta dicendo da tempo, sono arrivato al limite e non intendo più oltrepassarlo”. Con queste parole, consegnate a una lunga e commossa lettera aperta, Aristide Barraud, grande promessa del rugby francese rimasto ferito nella strage del Bataclan del 13 novembre 2015, ha reso nota la sua intenzione di chiudere per sempre la sua carriera da professionista.

 

Un crollo fisico generato dall'attentato

La decisione di Barraud, mediano d'apertura 28enne in forza al club veneto del Mogliano, è arrivata dopo un anno e cinque mesi di lotta per ritrovare la salute fisica e ritornare a giocare con i compagni di squadra. I colpi dei terroristi lo raggiunsero fuori dal teatro in cui si stava tenendo il concerto degli Eagles of Death Metal, nel quale persero la vita 130 spettatori. Barraud sopravvisse per miracolo visto che gli spari gli provocarono profonde ferite su tutto il corpo: la frattura di cinque costole, la perforazione di un polmone, la ferita a una coscia destra e la lesione della caviglia e del tendine d'Achille della gamba sinistra. Danni devastanti che non gli impedirono proteggere la sorella facendole scudo col proprio corpo martoriato dai proiettili. Devastato nel fisico e nel morale, per tutto questo tempo Barraud è rimasto aggrappato al sogno di tornare sul campo per superare il trauma. Un sogno realizzato solo in parte lo scorso 15 aprile quando il francese ha dato il calcio d'avvio simbolico della partita Mogliano-Petrarca Padova, lasciando poi il rettangolo di gioco. Un abbandono che oggi si conferma essere definitivo a causa di un fisico, scrive il giocatore, “a dir poco distrutto. Due mesi fa mi hanno diagnosticato ulteriori problemi causati dalle cure effettuate per tenermi in vita. Con tutti gli altri danni fisici subiti, non sono cose che posso trascurare e ho iniziato ad aver paura per la mia vita. Tornando a giocare rischio oggettivamente la morte, e morire in campo, davanti ai miei amici e a chi mi vuole bene, non mi sembra assolutamente una buona idea".

 

L'amore per il rugby

Nella sua lettera, Barraud ripercorre quella che è stata la lunga strada verso il recupero delle funzioni motorie basilari. Una strada percorsa grazie al suo grande amore per il rugby e alla sua determinazione a ritornare in squadra a tutti i costi. "Ho lottato, dal primo giorno in cui mi sono reso conto di cosa era successo", scrive il giocatore. "Ho scelto di tornare sul campo contro le raccomandazioni dei chirurghi. Mi hanno assecondato e ho iniziato questo percorso pazzesco, recuperando la forma fisica al di là di tutte le previsioni, grazie all'aiuto ed al sostegno che ho ricevuto". Poi i conti con la realtà e con un recupero incompatibile con l'attività agonistica. "Volevo arrivare fino in fondo, raggiungere l'obiettivo che pensavo fosse tornare quello di prima, ma evidentemente non mi ero reso conto di quanto fosse realisticamente impossibile. Ho lottato con tutte le mie forze e sono vivo, spaccato, distrutto, ma ancora in piedi ben saldo sulle mie gambe. Il rugby mi ha salvato la vita, l'idea di tornare a giocare mi ha salvato la vita. Mi ha tenuto lontano anche dall'incubo della follia”.

 

La promessa di non abbandonare lo sport

Le ultime righe della sua lettera, Barraud le lascia alle prospettive della sua vita futura e alle previsioni di un lungo percorso di recupero definitivo della salute. “Sono felice per aver vinto l'ultima partita della mia carriera alla presenza di mio papà, di aver messo tra i pali il mio ultimo calcio. Ho dato il massimo superando qualsiasi aspettativa dei medici. Lo stesso ha fatto anche mia sorella, che in quanto a determinazione mi assomiglia moltissimo. Non avrò rimpianti per non averci provato ed è questa la cosa che mi sembra più importante. Adesso ho bisogno di continuare a curarmi, nel corpo e nella testa. Sono stato in 'battaglia' dal primo giorno, da quando mi sono svegliato più morto che vivo. Ho bisogno di tempo, e ho voluto scrivere queste righe perché in questo momento non voglio rilasciare altre interviste e parlare ancora di queste cose. Voglio staccare con tutto, anche con il rugby", conclude il giocatore, che però aggiunge: "Tornerò, sicuramente tornerò, perché questo sport è la mia vita, ma lo farò quando starò davvero bene e potrò dare il meglio di me stesso per gli altri".

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