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Germanwings, padre Lubitz: "Non era depresso". Governo respinge dubbi

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Nell'anniversario dello schianto in cui morirono 150 persone, il papà del copilota esprime riserve sull'inchiesta. Secondo gli inquirenti, l'aereo è stato fatto precipitare intenzionalmente dal giovane. Il padre: "Aveva ritrovato gioia di vivere". Il ministero dei Trasporti: "Nessun motivo per dubitare degli investigatori"

Andreas Lubitz, il 27enne copilota dell’aereo della Germanwings che si è schiantato contro le Alpi francesi il 24 marzo del 2015, “non soffriva di depressione” al momento dell’incidente. A dirlo, in una conferenza stampa convocata nel giorno del secondo anniversario del disastro, è il padre del giovane. Gunther Lubitz, accompagnato da un avvocato e da un giornalista esperto di aviazione, ha espresso dubbi sugli esiti dell’inchiesta e non accetta la tesi del suicidio portata avanti dalla Procura. Secondo gli inquirenti, suo figlio soffriva di depressione e, sotto anti-depressivi, si sarebbe chiuso da solo nella cabina di pilotaggio, avrebbe dirottato l’aereo e l’avrebbe fatto schiantare di proposito contro una montagna nel sud delle Alpi. Morirono 150 persone. “Andreas aveva ritrovato la sua forza originaria e la sua gioia di vivere”, ha detto il padre, sostenendo che il figlio aveva superato la depressione già sei anni prima. Il governo tedesco ha respinto i dubbi di Gunther Lubitz. “Non v'è alcun motivo per mettere in dubbio la natura e i risultati dell'autorità investigativa”, ha detto un funzionario del ministero dei Trasporti di Berlino.

“Non era depresso al momento dello schianto” - Guenter Lubitz ha rotto il silenzio per la prima volta per dirsi certo dell’innocenza del figlio e di essere in possesso di prove che lo scagionerebbero. “Non era depresso al momento dello schianto”, ha ripetuto Lubitz tra le lacrime. “Ci sono molte cose che non sono state chiarite. Mio figlio era una persona molto responsabile e non aveva motivo per pianificare e portare a termine un suicidio”, ha aggiunto. “Come tutte le altre famiglie, siamo alla ricerca della verità. Ma il nostro è un dolore speciale. Dobbiamo convivere con il fatto che noi, come genitori, non solo abbiamo perso nostro figlio, ma lo abbiamo visto descritto dai media  come un assassino di massa, psicologicamente instabile e affetto da  una depressione permanente”, ha detto ancora il 63enne. Lubitz ha spiegato che le visite mediche di suo figlio sarebbero state male interpretate dagli investigatori. “Aveva solo dei problemi agli occhi” e nessuno ha mai riscontrato il rischio di suicidio, ha detto.

I dubbi dell’esperto -
Alla conferenza ha parlato anche un esperto di aviazione, assunto per fare chiarezza sull'inchiesta: ha posto l’attenzione su alcune scoperte fatte degli investigatori, tra cui un guasto tecnico, come possibili ragioni del disastro. “Sono stato molto sorpreso del fatto che i ricercatori francesi hanno trovato la causa dell'incidente dopo soli due giorni”, ha dichiarato Tim van Beveren, sostenendo che la prova del suicidio non è evidente. Presentando un lungo rapporto in cui solleva dubbi, segnalando fra l'altro presunte lacune e imprecisioni degli atti delle indagini, l'esperto ha affermato di aver saputo da un equipaggio che aveva volato con lo stesso aereo che la chiusura del cockpit era difettosa e che era già successo che il personale fosse rimasto chiuso fuori. “Ho fornito questo elemento agli inquirenti, non è stato verificato”, ha detto. Van Beveren ha anche sollevato dubbi su chi sedesse davvero nel cockpit: dopo due anni resta poco chiaro, ha affermato. L'esperto ha poi sottolineato che il giorno dell'incidente c'erano forti turbolenze lungo la rotta, vuoti d'aria "molto pericolosi" che avevano indotto altri piloti a scegliere di volare a quote più basse. Nella sua perizia, molti punti dell'inchiesta sono stati messi in discussione: fra gli altri, la circostanza che risultino dichiarazioni "mai rilasciate" dalla compagna di Andreas Lubitz su un presunto trattamento psicologico del copilota; e un errore di battitura a causa del quale sarebbe "sparito un punto interrogativo" di un medico di base, il quale si chiedeva se fosse possibile che dal disturbo alla vista, di cui soffriva il giovane copilota, si fosse generata una schizofrenia.

Polemiche e commemorazioni - La scelta di Gunther Lubitz di organizzare una conferenza stampa nell'anniversario della tragedia non è piaciuta ai parenti delle vittime, che accusano l'uomo di “provocazione” e di “irresponsabilità”. “Sappiamo bene che oggi è il secondo anniversario. Non abbiamo scelto questo giorno per ferire i parenti delle vittime. Le reazioni sarebbero state le stesse, qualsiasi giorno avessimo scelto", ha replicato il padre del copilota. Il 24 marzo del 2015 a bordo del volo 4U 9525 che da Barcellona rientrava a Dusseldorf c’erano 150 persone, di cui 6 membri dell’equipaggio. I passeggeri erano in maggioranza tedeschi (72) e spagnoli (50). Nel sud della Alpi francesi, a Vernet, luogo più vicino al disastro aereo, si sono date appuntamento circa 500 persone, parenti delle vittime, per una cerimonia commemorativa a due anni dalla tragedia. Anche in Germania si sono svolte cerimonie di commemorazione, nel liceo Joseph-Koenig di Haltern-am-See, per ricordare i 16 adolescenti e i due insegnanti morti.

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