La Corte Ue dà ragione al Belgio: si possono negare i visti umanitari

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Il governo di Bruxelles ha espresso soddisfazione per la sentenza (Getty Images)
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Rifiutato il ricorso presentato da una coppia siriana con tre figli minori in fuga da Aleppo. La sentenza stabilisce che gli Stati sono liberi di decidere in base alle rispettive leggi se accogliere le richieste

Gli Stati membri dell'Unione Europea non sono tenuti a concedere un visto umanitario ai profughi che intendono chiedere asilo, ma sono liberi di decidere in base alle rispettive leggi. È quanto ha deciso la Corte europea di giustizia, dando ragione al Belgio che aveva negato il visto umanitario a una famiglia di profughi siriani. Nella sentenza, che è destinata a fare giurisprudenza, si legge: "Il diritto Ue stabilisce solo le procedure e i requisiti per il rilascio dei visti di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri della durata massima di 90 giorni".

 

La richiesta – La Corte si è espressa sul ricorso presentato da una coppia siriana con tre figli minori, che il 12 ottobre 2016 hanno presentato domanda per cinque visti umanitari all'ambasciata del Belgio a Beirut, in Libano. L'intento della famiglia era ottenere dei lasciapassare con validità territoriale limitata per presentare una domanda d'asilo in Belgio e lasciare Aleppo, la città siriana in cui erano residenti. Uno dei due genitori, nella domanda, ha spiegato di essere stato sequestrato da un gruppo armato che, prima di liberarlo su cauzione, lo ha torturato. Nella richiesta i coniugi hanno espresso timori di possibili persecuzioni visto che la famiglia professa una fede cristiano ortodossa. Pochi giorni dopo la presentazione della domanda, però, l'Ufficio per gli stranieri belga ha respinto la richiesta, ritenendo che in realtà le intenzioni della famiglia fossero quelle di restare in Belgio per un periodo superiore a 90 giorni, il tempo previsto dal visto territoriale limitato che i cittadini siriani avevano richiesto. Dopo il rifiuto, la famiglia ha fatto ricorso alla Corte europea appellandosi alla Convenzione europea per i diritti umani.

 

Parere contrario – Lo scorso 7 febbraio si era espresso sulla vicenda, seppur in maniera non vincolante, Paolo Mengozzi, l'Avvocato generale della Corte Ue di Lussemburgo, secondo il quale: "Gli Stati membri devono rilasciare un visto per ragioni umanitarie quando sussistono fondati motivi per ritenere che un rifiuto esporrà le persone richiedenti la protezione internazionale alla tortura o a trattamenti inumani o degradanti". Nonostante questo parere la Corte Ue ha deciso di non accogliere il ricorso della famiglia siriana aggiungendo che "consentire a cittadini di Paesi terzi di presentare domande di visto finalizzate ad ottenere il beneficio di una protezione internazionale nello Stato membro di loro scelta lederebbe l'impianto generale del sistema istituito dall'Unione per determinare lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale".

 

Le reazioni in Belgio – Nei giorni precedenti alla sentenza il governo di Bruxelles aveva espresso preoccupazione sostenendo che un parere favorevole avrebbe costituito un precedente pericoloso, destinato a far perdere ogni controllo sulle frontiere e ad aprire la strada alle richieste e all'afflusso di decine di migliaia di persone. La notizia della sentenza è stato accolta con grande soddisfazione dal ministro dell'Immigrazione, Theo Francken, che su Twitter ha scritto: "Sì! Abbiamo vinto!".

 

 <blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="nl" dir="ltr">Yesss! Gewonnen! <a href="https://t.co/OgMFW6F1Oe">pic.twitter.com/OgMFW6F1Oe</a></p>&mdash; Theo Francken (@FranckenTheo) <a href="https://twitter.com/FranckenTheo/status/839045424614895617">7 marzo 2017</a></blockquote> <script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

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