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Samsung, corte respinge richiesta di arresto per Lee

Mondo
Il vicepresidente ed leader di fatto di Samsung, Lee Jae-Yong (Getty Images)

Il caso corruzione che ha attivato l'iter di impeachment per la presidente sudcoreana Park Geun-hye, destituita a dicembre, ha scosso anche i vertici del colosso dell'elettronica. La procura speciale aveva chiesto alla corte l'Ok per l'arresto del vicepresidente Lee Jae-Yong

Scampato pericolo, almeno per ora, per l'erede di Samsung. La corte centrale distrettuale di Seul ha respinto la richiesta d'arresto per il vicepresidente del colosso tecnologico, Lee Jae-Yong, coinvolto nello scandalo che ha travolto la presidente della Corea del Sud Park Geun-Hye, sospesa dai suoi poteri a dicembre. Il titolo Samsung è rimbalzato in borsa dell'1,46%, accogliendo con favore la notizia del mancato arresto. La procura speciale costituita in seguito all'impeachment ha interrogato Lee per 22 ore lo scorso 12 dicembre e ha successivamente deciso di sottoporre alla corte la richiesta d'arresto con le accuse di corruzione, appropriazione indebita e falsa testimonianza.

 

Il no del giudice – Lee, 48 anni, ha passato la notte trattenuto dalla corte, riunita per decidere sulla richiesta d'arresto. Al termine, l'erede di Samsung ha lasciato il Centro detenzione di Seul senza rilasciare dichiarazioni. Secondo quanto comunicato in una nota dal giudice l'arresto, per il momento, non è necessario: “Dopo aver esaminato i contenuti e il processo delle indagini al momento - ha dichiarato il giudice - è difficile riconoscere la necessità dell'arresto allo stato attuale”. Ciononostante le accuse a carico di Lee restano in piedi e la procura speciale potrebbe inoltrare una nuova richiesta d'arresto. Samsung ha fatto sapere in una nota inoltrata via email all'agenzia Reuters di aver gradito il fatto “questo caso potrà essere accertato nel merito senza il bisogno della detenzione”. Il titolo Samsung è rimbalzato in borsa, accogliendo con favore la notizia del mancato arresto.

 

Lee e le pressioni dall'alto – Al centro delle accuse a carico del vicepresidente e leader di fatto di Samsung ci sarebbero i 36,7 milioni di dollari versati alla consigliera della presidente Park, Choi Soon-sil; in cambio di tale pagamento, secondo gli inquirenti, la famiglia fondatrice del gruppo avrebbe ottenuto l'appoggio politico alla controversa fusione fra Samsung C&T corp e Cheil industries. Il Fondo pensione nazionale sudcoreano, il terzo più grande al mondo, nel 2015 approvò tale operazione che, secondo le critiche, avrebbe consolidato la presa della famiglia di Lee sulla società, garantendo la sua successione alla guida. Nel corso della settimana lo stesso presidente del fondo pensione è stato accusato dalla procura speciale di abuso di potere e falsa testimonianza in merito a questo affare. Secondo la difesa di Lee, la consigliera Choi avrebbe esercitato pressioni affinché i versamenti fossero effettuati, senza che ciò configurasse alcuno scambio di favori.

 

Altri sospettati in casa Samsung – Il vicepresidente Lee non è l'unico membro della dirigenza Samsung ad essere nel mirino della procura: fra i sospetti compaiono anche il vice presidente di Samsung Group, Choi Gee-sung, per corruzione; il suo vice Chang Choong-ki; e il dirigente di Samsung Electronics, Park Sang-jin.

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