Siria, liberati i duemila civili usati come scudi dall’Isis a Manbij

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Aleppo, foto d'archivio (Credit: Getty Images)

La città era occupata dagli jihadisti dal 2014. Ma ad Aleppo, un'ottantina di chilometri a ovest, continuano i bombardamenti su mercati e ospedali

Sono stati liberati i 2.000 i civili usati come scudi umani dagli jihadisti dello stato islamico in fuga da Manbij, città siriana del governatorato di Aleppo al confine con la Turchia. Secondo quanto dichiarano combattenti curdi e siriani del Fronte democratico siriano (Sdf), appoggiati dagli Usa, dopo 73 giorni di  combattimenti con la riconquista della città, occupata dall'Isis dal 2014, sono state tagliate le vie di fuga" degli islamisti verso la Turchia e l'Europa. "Dopo la liberazione di Manbij, i membri dell'Is  non saranno più in grado di viaggiare liberamente verso l'Europa", ha  detto il leader curdo siriano Salih Muslim.

 

 

Aleppo allo stremo - Continua però la guerra ad Aleppo, un'ottantina di chilometri a ovest, nonostante la tregua quotidiana di tre ore annunciata dalla Russia. E i civili continuano a morire. Almeno 18 persone, secondo fonti dell'opposizione e della Difesa civile che opera nei territori sotto il controllo degli insorti, sono stati uccisi in raid aerei che hanno preso di mira una cittadina a nord della metropoli e in cui ancora una volta è stato colpito un ospedale.

 

 

Diplomazia turca al lavoro - Prosegue intanto l'offensiva diplomatica della Turchia, impegnata nel riavvicinamento a quelli che per anni sono stati i suoi grandi nemici nella guerra 'per procura' in Siria. Dopo la missione del presidente Recep Tayyip Erdogan a San Pietroburgo, dove martedi' ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin, oggi il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha ricevuto ad Ankara il suo omologo iraniano Mohammad Javad Zarif. Un segnale preciso lanciato all'Occidente, accusato dalla Turchia di non avere preso decisamente posizione contro il tentato colpo di Stato del mese scorso, mentre Russia e Iran non hanno avuto esitazioni nel condannarlo immediatamente.

 

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