Procura di Roma: lo zaino non è di Regeni. Renzi: avanti fino a verità

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Nuove smentite delle versioni fornite dall'Egitto sulla morte del ricercatore italiano. Il pm sfida il Cairo: “Chiarisca l’iter di ritrovamento dei documenti”. La famiglia del giovane: "Infamanti depistaggi"

 

 

L'ultima versione egiziana della morte di Giulio Regeni sembra non reggere di fronte alle dichiarazioni della famiglia di uno dei presunti rapitori del ricercatore italiano.

 

L’ennesima versione  - La moglie di Tarek Abdel Fatah, componente della banda che avrebbe ucciso il ricercatore italiano dopo che questi si era ribellato a una rapina, ha infatti affermato che il marito era entrato in possesso della borsa rossa con all'interno alcuni effetti di Regeni solo da cinque giorni e che la stessa borsa sarebbe appartenuta a un suo amico e non a Regeni.

 

 

Lo zaino non è di Giulio - E' coì pieno di buchi l'ennesimo depistaggio egiziano che la procura di Roma, dopo la nota ufficiale del procuratore Giuseppe Pignatone, è tornata nuovamente a stoppare il Cairo, chiedendo di "ricostruire e approfondire l'iter" che ha portato il passaporto, i due tesserini universitari e il bancomat di Regeni - gli unici oggetti riconducibili al ricercatore tra tutti quelli mostrati alle tv dalle autorità egiziane - nell'abitazione dove poi sono stati ritrovati (LE FOTO). La Procura, infatti, lo dice chiaramente: "Lo zaino non è di Giulio".

 

 

Renzi: l'Italia si fermerà solo davanti alla verità -  Versioni smentite, dichiarazioni ritrattate, ritardo nelle indagini che provocano anche lo sdegno della società civile italiana e delle istituzioni. "L'Italia non si acconteterà di verità di comodo, potremo fermarci solo davanti alla verità" ribadisce Matteo Renzi, nella sua e-news settimanale.

 

La famiglia: sgomento per depistaggi infamanti - E, attraverso il legale, interviene la famiglia del giovane ricercatore italiano: "Credo che il nostro sgomento sia quello dell'Italia intera, rispetto a questi infamanti depistaggi che si susseguono in questi giorni". E ancora: "La cosa che ci ha colpito di più è l'insulto, la mancanza di rispetto non solo nei confronti di Giulio ma di tutto il Paese, delle istituzioni, come se potessimo accontentarci di queste menzogne. Allo sgomento - ha proseguito - si unisce la soddisfazione e la fierezza di essere italiani e di avere il sostegno delle istituzioni, delle tante associazioni umanitarie e soprattutto dei cittadini".

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