"Figure 1" e le altre app per curare i rifugiati a distanza

Mondo

Floriana Ferrando

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A supporto di medici e volontari che operano all'interno dei campi profughi c'è anche la tecnologia. Alcune applicazioni per smartphone permettono di ottenere un consulto in tempo reale da parte di personale altamente specializzato sparso per il mondo

L’emergenza migranti non si arresta, come dimostrano le condizioni degli oltre 10 mila profughi siriani da giorni bloccati al confine fra Grecia e Macedonia nel campo di Idomeni. In questa situazione la tecnologia gioca un ruolo fondamentale fornendo strumenti di supporto: non solo risorse informative e di servizio, ma anche un aiuto concreto in ambito sanitario grazie all’applicazione per smartphone Figure 1.

L’Instagram dei dottori – L’app Figure 1 mette al servizio dei medici e dei volontari che operano nei campi profughi uno strumento per chiedere un consulto in tempo reale ai colleghi in giro per il mondo. I campi di accoglienza, spiega alle pagine di Fast Company il dottor Rogy Masri, volontario di Medici senza Frontiere impegnato in un campo libanese che ospita un milione e mezzo di rifugiati, "sono luoghi infernali sotto il profilo sanitario e le risorse sono molto limitate". Così capita di dover fare i conti con sintomi sconosciuti per i quali non si dispone di cure adeguate. Qui entra in gioco Figure 1: si scatta una foto della lesione del paziente e la si condivide sulla piattaforma web, fornendo tutti i dettagli che possono risultare utili al fine di una diagnosi approfondita e poi si aspetta il parere dei colleghi. Proprio come ha fatto qualche tempo fa il dottor Masri di fronte allo sfogo cutaneo di un rifugiato siriano che non rispondeva alle cure antibiotiche. Nel giro di pochi minuti lo scatto del paziente è giunto a Yusuf Dimas, medico presso l'ospedale di San Paolo a Vancouver, in Canada, che ha concluso che il paziente era probabilmente affetto da leishmaniosi: "Anche dall’altra parte del mondo, posso dire con un alto grado di certezza che è questa la diagnosi”. La sua intuizione si poi è rivelata corretta.

 


La telemedicina – Nata nel 2013 grazie al medico di Toronto Joshua Landy, Figure 1 conta 50 mila connessioni giornaliere e oltre mezzo milione di utenti: per la maggior parte medici, infermieri e professionisti del settore sanitario. La telemedicina non è affatto un approccio nuovo, come spiega lo stesso Landy: “Vediamo un sacco di medici inviare foto da zone con nessuna assistenza medica. Abbiamo utenti in campo militare, nella giungla e ora nei campi profughi”. Certo, in simili circostanze la rete internet non è sempre affidabile, ma il dottor Rogy Masri assicura che “la telemedicina è essenziale per il trattamento dei profughi siriani che non hanno accesso alle cure specialistiche (…). È come avere un collega in ogni parte del mondo con cui scambiarsi pareri”. E infatti si prevede che fra il 2013 e il 2018 l’utilizzo della telemedicina crescerà in maniera esponenziale, facendo anche attenzione alla privacy dei pazienti.

 


MedShr, consulti 2.0
– L’idea di una piazza virtuale dove medici e personale del settore sanitario possano confrontarsi in tempo reale, seppur a distanza di migliaia di chilometri, è anche alla base del progetto del Dottor Asif Qasim, cardiologo di Londra, che nel 2013 ha messo a punto il servizio MedShr, diventato oggi strumento fondamentale per i volontari impiegati all’interno dei campi profughi, anche grazie alla collaborazione con importanti realtà come Medici Senza Frontiere e Croce Rossa. Secondo un rapporto dell'Università di Birmingham, sostenuto dall’organizzazione no-profit Médicins du Monde e finanziato dall’Economic and Social Research Council (ESRC), i rifugiati vivono in condizioni sanitarie che non soddisfano gli standard raccomandati dall'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), così l’ausilio dei colleghi non impegnati sul campo diventa fondamentale.



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