Sono loro, insieme a Ben Carson, le stelle più brillanti del firmamento repubblicano dopo il secondo dibattito televisivo. E la prima donna amministratore delegato di una società Fortune 500, ottima capacità dialettica e nessuna intenzione di mollare la presa, viene indicata da tutti come la vincitrice “morale” del confronto
di Liliana Faccioli Pintozzi
C’è il miliardario showman, che ha fatto del parlare senza peli sulla lingua e dell’andare sempre all’attacco, forma e spesso sostanza della sua campagna elettorale.
C’è il neurochirurgo di fama mondiale, che senza mai brillare in diretta tv è riuscito, unico tra in contendenti, a insediare la “doppia cifra” del consenso del primo della classe nei sondaggi, facendo del low profile un’arma vincente e incarnando un afroamericano conservatore, particolare da non sottovalutare nell’anno del movimento “Black Lives Matter”, e quando uno dei problemi principali del partito dell’Elefantino è il rapporto con le minoranze.
La vincitrice “morale” della serata - E ora, sul palco “dei grandi” dopo l’ottima performance ottenuta nel primo incontro, c’è la prima donna Amministratore Delegato di una società Fortune 500, ottima capacità dialettica e nessuna intenzione di mollare la presa. La vincitrice “morale” della serata secondo tutti i commentatori, anche se il dato di partenza – una media del 3,3%, contro il 30,5% del primo e il 20% del secondo – promette ancora giornate difficili. Donald Trump, Ben Carson, Carly Fiorina. Con buona pace di chi non ha dubbi e scommette nonostante tutto su Jeb Bush, sono loro le stelle più brillanti del firmamento repubblicano dopo il secondo dibattito televisivo – quasi tre ore di un format appesantito dalla presenza di undici protagonisti, occhi puntati sul Tycoon, tutti all’attacco nel tentativo di rubare – o almeno insidiare - il centro del palco, e la testa dei sondaggi.
Scontri verbali tra Trump e Fiorina - “Lady and the Trump” scrive la stampa a stelle e strisce, il gioco di parole rimanda al capolavoro di Walt Disney “Lady and the Tramp”, “Lilli e il Vagabondo” nella versione italiana, ma tra Trump e la Fiorina non ci sono stati occhi a cuore né spaghetti condivisi. Piuttosto, scontri verbali caratterizzati da mezzi attacchi del mogul e risposte pungenti dell’unica donna sul palco.
Nel faccia a faccia con il favorito – “Le donne di tutto il Paese hanno sentito in modo chiaro quello che ha detto”, in riferimento alla battuta di Trump “votereste mai un Presidente con quella faccia?”; o “è così che gestisci le tue società, accumuli una montagna di debiti lasciandoli poi da pagare alla gente. Perché dovremmo affidarti le finanze della nazione?" ricordando le quattro volte in cui i casinò di Trump hanno dichiarato bancarotta -; nello spiegare le volontà dell’elettorato – “Vi dico perché le persone stanno sostenendo gli outsider, sapete quello che succede a qualcuno che è stato all'interno del sistema tutta una vita? Non si rende più conto che il sistema non funziona” -; nel cercare di imporre la direzione al dibattito – “sono 12 minuti che parlate del passato, io voglio parlare di futuro” inserendosi in uno scontro sulla guerra in Iraq, e andando a snocciolare le sue ambizioni per il settore della Difesa, colpito da pesanti tagli.
Trump, Carson, Fiorina. Tre stelle, tre percorsi professionali di successo e lontani da Capitol Hill. La risposta “di destra” all’insofferenza crescente verso la “politica di professione”, un’onda giunta anche negli Stati Uniti, assorbita per qualche anno dal movimento dei Tea Party ma ora, definitivamente, all’attacco.
Democratici - Un’insofferenza che si vede anche in campo democratico, magari con risultati più ortodossi ma non per questo meno dirompenti: il Senatore socialista Bernie Sanders che supera, in Iowa e New Hampshire, la candidata per antonomasia Hillary Clinton; l’attesa per la decisione di Joe Biden, con la candidatura del Vice Presidente in carica vissuta come un rompere confini precostituiti.
Ma se i democratici non si sfideranno faccia a faccia ancora per un mese, per adesso i riflettori rimangono puntati soprattutto sul campo repubblicano. Nella speranza che, tra le conseguenze dello scontro andato in scena alla Ronald Reagan Library, ci sia qualche defezione, sfoltendo una competizione che vede ancora 16 concorrenti.