Le forze armate di Tel Aviv, secondo l'organizzazione internazionale, si sarebbero macchiate anche di crimini contro l'umanità la scorsa estate, nel corso di attacchi aerei e terrestri lanciati in zone abitate a Rafah. La replica: "Rapporto lacunoso, realtà falsificata"
Dure accuse di Amnesty International contro Israele. Secondo l’organizzazione umanitaria, le forze armate di Tel Aviv si sarebbero macchiate di “crimini di guerra” la scorsa estate, nel corso di attacchi aerei e terrestri lanciati in zone abitate di Rafah, nella Striscia di Gaza. In un rapporto presentato a Gerusalemme, Amnesty non esclude che quegli attacchi possano essere bollati anche come "crimini contro l'umanità". “Rapporto lacunoso, realtà falsificata”, è la risposta di Israele. Nei 50 giorni di conflitto, durante i mesi di luglio e agosto del 2014, furono uccisi oltre 2mila palestinesi (tra cui 551 bambini e 305 donne) e più di 70 israeliani (tra cui 66 soldati e un bimbo). Di “possibili crimini di guerra”, da entrambe le parti, aveva parlato anche il rapporto della commissione d’inchiesta dell’Onu.
Le accuse di Amnesty - Ma il documento sui combattimenti di un anno fa a Gaza presentato da Amnesty è ancora più duro. L’organizzazione ricostruisce dettagliatamente gli attacchi “infernali” susseguitisi fra l'1 e il 4 agosto. I ricercatori di Amnesty, che non sono potuti entrare nella Striscia perché bloccati da Israele, si sono avvalsi di tecniche investigative e di analisi sofisticate messe a punto da un team di ricercatori (Forensic Architecture) nell'Università di Londra. Si sono basati, fra l'altro, sull'analisi approfondita di fotografie (come l'angolazione delle ombre e le dimensioni dei pennacchi di fumo), su filmati video e su testimonianze oculari. Le conclusioni di Amnesty sono che a Rafah, dopo che un ufficiale israeliano era caduto in un agguato di Hamas, avvenne una "carneficina", con un totale di 135 palestinesi uccisi (fra cui 75 minorenni). Israele agì, continua il rapporto, "con una terribile indifferenza verso le vite umane civili e lanciò attacchi sproporzionati ed indiscriminati". Proseguirono anche dopo il 2 agosto, quando l'esercito aveva già dichiarato morto l'ufficiale. Da qui nasce il sospetto, secondo Amnesty, che gli attacchi successivi fossero motivati dal desiderio di "punire" Rafah. Sul terreno, aggiunge la Ong, si scatenò "un inferno di fuoco'', mentre aerei F-16, droni, elicotteri e l'artiglieria colpivano massicciamente zone residenziali della città. Israele ormai "si era tolto i guanti", accusa Amnesty, ed ignorò deliberatamente il codice di guerra. Un anno dopo, prosegue l'organizzazione, "le autorità israeliane si sono astenute dal condurre indagini credibili, indipendenti e imparziali su queste violazioni del diritto internazionale e umanitario". Le indagini interne condotte dall'esercito, dice ancora Amnesty, hanno avuto "carattere limitato" e non hanno indicato colpevoli. "Le vittime e le loro famiglie hanno il diritto a giustizia e indennizzi. Quanti sono sospettati di aver ordinato o commesso crimini di guerra devono essere perseguiti”, è la conclusione del rapporto.
La replica di Israele - Non si è fatta attendere la reazione di Israele. Amnesty “falsifica” la realtà, fa sapere il ministero degli Esteri israeliano. Il rapporto, prosegue, è “lacunoso nella metodologia, nella ricostruzione dei fatti, nelle analisi e nelle conclusioni". L’organizzazione, sostiene il ministero, “ancora una volta dimostra la propria ossessione verso Israele" e costruisce "una falsa narrativa" quando afferma che le operazioni a Rafah descritte nel rapporto fossero "una reazione diretta all'uccisione e al rapimento di un militare israeliano". Amnesty "sembra aver dimenticato", prosegue il ministero, il conflitto che era allora ancora in corso, i continui lanci di razzi, la necessità di neutralizzare tunnel di attacco scavati sotto alla linea di demarcazione fra Gaza e Israele e in particolare "le attività delle organizzazioni terroristiche palestinesi svolte entro ambienti civili". Intensi combattimenti a Rafah si ebbero, insiste il ministero, sia prima sia dopo gli eventi citati nel rapporto. Israele, poi, polemizza per la metodologia usata da Amnesty, "che solleva seri dubbi sui suoi standard professionali". Altre polemiche riguardano l'attendibilità di testimonianze oculari raccolte in zone sotto controllo di Hamas e dunque possibilmente viziate. Il ministero, infine, sostiene che le indagini interne condotte dalle forze armate israeliane su quegli eventi siano state "serie ed efficaci" e lamenta che un rapporto sulla guerra a Gaza pubblicato da Israele alcuni mesi fa non sia stato preso nella dovuta considerazione da Amnesty.