Google, nuovi strumenti per il controllo della privacy

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Raffaele Mastrolonardo

Credit: Google
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Il motore di ricerca ha lanciato un sito per rispondere ai dubbi degli utenti sulla riservatezza dei propri dati e ha reso più semplice la gestione delle impostazioni di protezione delle informazioni personali. Ma Tim Cook (Apple) attacca

La parola d'ordine è “controllo”. I grandi servizi del web, che negli ultimi anni sono stati spesso al centro di polemiche per la grande quantità di dati che raccolgono sui loro utenti, stanno cercando di correre ai ripari. E lo fanno offrendo agli utilizzatori dei loro servizi strumenti più semplici per gestire ciò che vogliono o non vogliono far sapere di loro. Lo scorso settembre era stato Facebook a lanciare una sorta di check-up per la privacy, oggi è la volta di Google. Il motore di ricerca ha infatti introdotto MyAccount, uno spazio che permette l'accesso a tutte le impostazioni sulla riservatezza dei dati di un individuo e consente di modificarle agevolmente. Non solo, la società californiana ha anche pubblicato un nuovo sito con le risposte alle domande più frequenti degli utenti sull'argomento. L'idea, come si legge sul blog aziendale, è rassicurare tutte quelle persone che ritengono “di non avere il giusto livello di controllo” sulle “decisioni che riguardano privacy e sicurezza”.

Tutto in una pagina - D'ora in poi, basterà accedere alla pagina MyAccount per ritrovare ordinate in un unico luogo tutte le opzioni che permettono di regolare i livelli di sicurezza e privacy dei servizi del motore di ricerca. Per esempio, è possibile visualizzare la cronologia delle ricerche o delle visualizzazioni dei video su YouTube o, ancora, quella degli spostamenti registrati dai dispositivi mobili che abbiamo sempre con noi. Possiamo decidere di cancellare eventuali informazioni o, eventualmente, scaricare questi dati, una possibilità introdotta da Google di recente. Tra le informazioni a cui si può avere accesso (attraverso la voce “Impostazioni annunci”) ci sono anche quelle relative alla profilazione del nostro account, ovvero quell'insieme di preferenze, derivate dalle ricerche e dai siti visitati, che Google usa per mostrarci annunci pubblicitari più mirati. Infine, MyAccount consente di avere sempre sott'occhio le applicazioni alle quali abbiamo dato l'ok ad usare i dati del nostro account Google e, nel caso, revocare il permesso. Proprio quest'ultimo aspetto sembra stare molto a cuore al motore di ricerca considerando che la settimana scorsa ha annunciato che Android M, la prossima versione del suo sistema operativo mobile, darà la possibilità di gestire molto più agevolmente i permessi conferiti alle app.

Le accuse di Tim Cook – Se rimangono dubbi in materia, dice Google, si può sempre visitare il nuovo sito di domande e risposte in cui il motore di ricerca prova a rispondere ad alcuni dei quesiti più frequenti in relazione alla privacy. L'obiettivo dichiarato è usare la trasparenza per aumentare il rapporto di fiducia con gli utenti. “Quando ci affidi le tue informazioni personali – si legge sul blog dell'azienda - dovresti aspettarti da una parte un potente sistema di controllo che le mantenga sicure e private e dall'altra risposte utili alle tue domande”. Per Google (e per Facebook prima di lui) si tratta di mosse in qualche modo obbligate, soprattutto dopo le rivelazioni di Edward Snowden sui programmi di sorveglianza di massa portati avanti dal governo degli Stati Uniti che hanno aumentato ancora di più le preoccupazioni degli utenti sulla privacy. L'argomento è infatti sempre più caldo, come dimostrano anche i recenti attacchi su questo fronte da parte di Tim Cook, amministratore delegato di Apple, in un discorso pronunciato durante un evento a Washington. “Parlo dalla Silicon Valley - ha detto - dove alcune delle società più importanti e di successo hanno costruito i loro business inducendo i clienti ad essere molto poco attenti alle loro informazioni personali”. Queste società, ha aggiunto Cook, “raccolgono tutto quello che possono su di te e cercano di monetizzarlo. Noi pensiamo che questo sia sbagliato”.

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