L’Alto rappresentante della politica estera illustra la strategia europea. Punto più controverso resta la redistribuzione degli immigrati, con quote da stabilire in base alla ricchezza del Paese, alla disoccupazione, ai numeri degli asili già concessi
"Il problema dei migranti nel Mediterraneo non è solo un problema umanitario ma un problema di sicurezza. E noi siamo qui per agire e per agire subito, per noi è un dovere morale". Lo ha detto l'Alto rappresentante della politica estera Federica Mogherini nella prima riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Una riunione in cui illustra la strategia europea sull'immigrazione (SPECIALE MIGRANTI - INFOGRAFICA - VIDEO) per sensibilizzare (soprattutto) i membri permanenti non europei in vista dell'altra partita decisiva che si giocherà al Palazzo di Vetro, cioè la discussione sul mandato della missione nelle acque libiche per combattere contro i trafficanti e - possibilmente - anche distruggere i barconi "prima che siano usati", come indicato nel vertice europeo straordinario.
"Una situazione eccezionale richiede misure eccezionali. Siamo pronti ad agire ma non possiamo agire da soli, abbiamo bisogno di partnership, deve essere uno sforzo comune e globale" ha aggiunto Mogherini.
I quattro punti della strategia europea - Quattro i pilastri su cui si fonda la strategia: aiuto ai Paesi di origine e transito dei migranti, controllo delle frontiere a sud della Libia e nei paesi limitrofi, missioni di sicurezza e difesa contro trafficanti e scafisti e infine, il più controverso, l'obbligatorietà della suddivisione dei profughi in base ad un meccanismo di quote. Per gli aiuti ai Paesi terzi e per il controllo delle frontiere, con interventi sulle infrastrutture per metterle in sicurezza, "non ci sono problemi di soldi", indicano fonti europee, visto che l'Europa è il primo donatore mondiale e può attingere ad un budget di circa 20 miliardi per cooperazione e sviluppo. Ma la questione politica è la loro destinazione. Per quanto riguarda la missione nell'ambito della politica di sicurezza e difesa, tutto è legato all'Onu e ai tempi per l'approvazione della risoluzione preparata dall'Italia e presentata dalla Gran Bretagna. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha parlato di una decina di giorni per capire se, oltre all'appoggio che già c'è di Francia, Gran Bretagna, Spagna e Lituania, si possa contare anche su quello degli altri undici membri. La Russia, per ora, non ha vincolato il suo sì alla questione delle sanzioni, lasciando aperta la strada dell'ottimismo. La speranza dell'Ue è che sia pronta in tempo per il Consiglio europeo di giugno. Non è escluso però che arrivi anche prima del Consiglio esteri del 18 maggio.
La redistribuzione dei migranti e la questione quote obbligatorie - Il punto più controverso della strategia resta la redistribuzione dei migranti, con quote obbligatorie da stabilire in base alla ricchezza del Paese, al tasso di disoccupazione, ai numeri degli asili già concessi. La Commissione ha deciso di invocare l'articolo 78.3 del Trattato di Lisbona, finora mai applicato: "Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati", recita il testo. Grazie ad esso, la Commissione potrà mettere la questione delle quote su una 'corsia preferenziale', e il Consiglio dovrà approvarla a maggioranza, quindi il veto di alcuni non basterà a bloccare il provvedimento fortemente voluto dal presidente Jean Claude Juncker.
Paesi dell'est restii - Secondo Bruxelles, la valutazione d'emergenza già esiste, "perché sono i numeri a dirlo". Centinaia di migliaia di richieste (130mila sbarchi in Italia nell'ultimo anno e oltre 200mila richieste di asilo previste in Europa) sono "sicuramente un'emergenza", secondo l'esecutivo Ue. Nella bozza che circola, i numeri dei rifugiati da ricollocare non sono ancora specificati.
Il tetto per l'accoglienza e le quote rischiano di essere bocciati dai Paesi europei più restii a cambiare la situazione, in particolare quelli dell'Est Europa. Situazione differente per Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, chiamatesi fuori dal sistema europeo di asilo.
"Una situazione eccezionale richiede misure eccezionali. Siamo pronti ad agire ma non possiamo agire da soli, abbiamo bisogno di partnership, deve essere uno sforzo comune e globale" ha aggiunto Mogherini.
I quattro punti della strategia europea - Quattro i pilastri su cui si fonda la strategia: aiuto ai Paesi di origine e transito dei migranti, controllo delle frontiere a sud della Libia e nei paesi limitrofi, missioni di sicurezza e difesa contro trafficanti e scafisti e infine, il più controverso, l'obbligatorietà della suddivisione dei profughi in base ad un meccanismo di quote. Per gli aiuti ai Paesi terzi e per il controllo delle frontiere, con interventi sulle infrastrutture per metterle in sicurezza, "non ci sono problemi di soldi", indicano fonti europee, visto che l'Europa è il primo donatore mondiale e può attingere ad un budget di circa 20 miliardi per cooperazione e sviluppo. Ma la questione politica è la loro destinazione. Per quanto riguarda la missione nell'ambito della politica di sicurezza e difesa, tutto è legato all'Onu e ai tempi per l'approvazione della risoluzione preparata dall'Italia e presentata dalla Gran Bretagna. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha parlato di una decina di giorni per capire se, oltre all'appoggio che già c'è di Francia, Gran Bretagna, Spagna e Lituania, si possa contare anche su quello degli altri undici membri. La Russia, per ora, non ha vincolato il suo sì alla questione delle sanzioni, lasciando aperta la strada dell'ottimismo. La speranza dell'Ue è che sia pronta in tempo per il Consiglio europeo di giugno. Non è escluso però che arrivi anche prima del Consiglio esteri del 18 maggio.
La redistribuzione dei migranti e la questione quote obbligatorie - Il punto più controverso della strategia resta la redistribuzione dei migranti, con quote obbligatorie da stabilire in base alla ricchezza del Paese, al tasso di disoccupazione, ai numeri degli asili già concessi. La Commissione ha deciso di invocare l'articolo 78.3 del Trattato di Lisbona, finora mai applicato: "Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati", recita il testo. Grazie ad esso, la Commissione potrà mettere la questione delle quote su una 'corsia preferenziale', e il Consiglio dovrà approvarla a maggioranza, quindi il veto di alcuni non basterà a bloccare il provvedimento fortemente voluto dal presidente Jean Claude Juncker.
Paesi dell'est restii - Secondo Bruxelles, la valutazione d'emergenza già esiste, "perché sono i numeri a dirlo". Centinaia di migliaia di richieste (130mila sbarchi in Italia nell'ultimo anno e oltre 200mila richieste di asilo previste in Europa) sono "sicuramente un'emergenza", secondo l'esecutivo Ue. Nella bozza che circola, i numeri dei rifugiati da ricollocare non sono ancora specificati.
Il tetto per l'accoglienza e le quote rischiano di essere bocciati dai Paesi europei più restii a cambiare la situazione, in particolare quelli dell'Est Europa. Situazione differente per Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, chiamatesi fuori dal sistema europeo di asilo.