John Kiriakou, ex agente a capo dell'antiterrorismo Usa in Pakistan e che svelò l'uso del waterboarding, spiega come i jihadisti siano convinti che il Vecchio Continente non interverrà. E avverte: "Al Qaeda rimane più pericolosa del Califfato"
"L'ISIS attacca l'Europa per marketing, per fare proseliti, e perché ritiene che i governi europei non reagiranno": a parlare ai microfoni di Sky TG24 è John Kiriakou, ex agente della CIA, l'uomo che dopo l'11 settembre ebbe la responsabilità di gestire la sezione antiterrorismo dell'Agenzia in Pakistan.
"L'Isis è un regime, va affrontato sul campo" - Esperto di Al Qaeda e Medio Oriente, Kiriakou non ha dubbi: più che un gruppo terroristico l'ISIS è un vero e proprio regime, e come tale andrebbe affrontato; ovvero militarmente e con soldati sul campo, "ma devono essere soldati arabi, questo non può essere visto come un problema americano, per noi rimane più pericolosa Al Qaeda".
Ex agente ai domiciliari per aver svelato documenti alla stampa - Questa sfida però Kiriakou non la vivrà in prima fila. Dopo esser stato il primo agente a rivelare l'uso del waterboarding negli interrogatori della CIA, è stato incriminato per aver passato informazioni classificate a un giornalista - un altro dossier, ma lui non ha dubbi di quale fosse la reale motivazione delle indagini su di lui. Dopo 23 mesi di carcere, ora sta finendo di scontare la sua condanna agli arresti domiciliari ma è sereno quando assicura: "rifarei tutto, il waterboarding è tortura"
"L'Isis è un regime, va affrontato sul campo" - Esperto di Al Qaeda e Medio Oriente, Kiriakou non ha dubbi: più che un gruppo terroristico l'ISIS è un vero e proprio regime, e come tale andrebbe affrontato; ovvero militarmente e con soldati sul campo, "ma devono essere soldati arabi, questo non può essere visto come un problema americano, per noi rimane più pericolosa Al Qaeda".
Ex agente ai domiciliari per aver svelato documenti alla stampa - Questa sfida però Kiriakou non la vivrà in prima fila. Dopo esser stato il primo agente a rivelare l'uso del waterboarding negli interrogatori della CIA, è stato incriminato per aver passato informazioni classificate a un giornalista - un altro dossier, ma lui non ha dubbi di quale fosse la reale motivazione delle indagini su di lui. Dopo 23 mesi di carcere, ora sta finendo di scontare la sua condanna agli arresti domiciliari ma è sereno quando assicura: "rifarei tutto, il waterboarding è tortura"