Gaza, la tregua regge. Ci sarebbe accordo per prolungarla

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Continuano al Cairo i colloqui per un cessate il fuoco duraturo tra Hamas e Israele. Le due parti avrebbero accettato di estendere lo stop alle ostilità anche dopo la scadenza prevista per le 8 locali di venerdì. Lo Stato ebraico congeda 30mila riservisti

A Gaza non si combatte più da quasi due giorni. Con la tregua di 72 ore tra Hamas e Israele che regge, gli occhi sono ora puntati al Cairo dove sono in corso tra le parti le trattative per un prolungamento del cessate il fuoco oltre la scadenza prevista alle 8 locali di venerdì.

Intesa per un’estensione della tregua - L'obiettivo - secondo diverse fonti - si starebbe concretizzando: una prima intesa sarebbe stata raggiunta tra Israele e i palestinesi per un'estensione della tregua "senza condizioni e senza limiti". Secondo altre fonti, però, Hamas avrebbe smentito l'accordo. Il segretario di stato Usa John Kerry si è augurato che il tavolo al Cairo serva “non solo per discutere di una tregua duratura, ma anche delle questioni cruciali a lungo termine, sul modo come ottenere la pace”, riproponendo quindi la “soluzione dei due Stati”.

Congedati 30mila riservisti israeliani - Anche sul campo si rafforzano i segnali che la tregua possa consolidarsi, a parte due falsi allarmi risuonati nel sud di Israele che hanno fatto trattenere il fiato. Pur restando in forze a presidiare lungo la Striscia, l'esercito israeliano ha congedato 30mila riservisti su circa 80mila unità complessive. Inoltre, il Fronte del Comando interno ha cancellato le misure di emergenza nel Paese e l'esercito ha detto agli abitanti delle comunità intorno alla Striscia che possono tornare nelle loro case. A Gaza, in una emergenza umanitaria fortissima, ci sono prove di normalità di vita dopo quasi 30 giorni di conflitto e le grandi devastazioni patite (fonti palestinesi hanno riferito di circa 10.000 case distrutte durante i combattimenti e altre 30.000 danneggiate).

Netanyahu: operazione “proporzionata” - In questi scenari di dopoguerra, il confronto sembra ora essersi spostato sul piano della legalità internazionale. Parlando con la stampa estera, il premier Benyamin Netanyahu ha detto che l'operazione a Gaza è stata "proporzionata" alla minaccia. “Immaginate - ha domandato - la vostra patria attaccata da più di 3.000 razzi, cosa chiedereste al vostro governo per proteggere voi e le vostre famiglie?”. Il premier ha poi ribadito che la responsabilità delle morti civili nella Striscia è di “Hamas”. “Il nostro nemico” - ha sottolineato - non è “la popolazione di Gaza”, bensì la fazione islamica.

Onu chiede indagine su attacchi alle scuole - Da New York il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, nel corso dell'Assemblea generale sulla Striscia (durante la quale è stato confermato il bilancio di 1.350 morti a Gaza, di cui oltre 400 bambini), ha detto che "la bandiera dell'Onu deve essere rispettata, le strutture Onu devono essere zone sicure, non di combattimento”. E ha chiesto - insieme al capo dell'Unrwa, Pierre Krahenbuhel - un'indagine rapida sugli attacchi portati alle scuole Onu a Gaza.

Israele: razzi lanciati da scuole - L'ambasciatore israeliano Ron Prosor ha obiettato che “la comunità internazionale ha perso la sua strada: questa istituzione è stata fondata per il rispetto della verità, della giustizia e della chiarezza, ma non è più così”. L'esercito israeliano ha diffuso dati secondo i quali dei 3.356 razzi lanciati da Gaza verso Israele, 597 sono stati sparati da strutture civili e di questi circa 260 da scuole.

I nodi al Cairo - Ma - nella guerra delle cifre e delle responsabilità - è al Cairo che si gioca la partita vera e i temi portanti del confronto sono già noti: dalla smilitarizzazione della Striscia, alla rimozione del blocco, al problema dei valichi (soprattutto quello di Rafah con l'Egitto).

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