I soccorritori hanno estratto dalle gallerie della miniera di carbone il corpo dell'ultima vittima del rogo del 13 maggio. Tv turca: 18 persone arrestate per il disastro. Resta alta la tensione in tutto il Paese. Proteste in varie città contro il governo
A quattro giorni dall'esplosione del 13 maggio all'origine del peggiore disastro industriale della storia della Turchia moderna, i soccorritori hanno estratto dalle gallerie della miniera di carbone di Soma l'ultimo cadavere, portando a 301 il conteggio definitivo delle vittime. La tv turca, poi, riferisce che per il disastro sono state arrestate 18 persone. Ma a meno di tre mesi dalle presidenziali che dovrebbero vederlo candidato e grande favorito, nel Paese rimane alto il livello di tensione e di protesta contro il governo del premier islamico Recep Tayyip Erdogan, accusato di aver chiuso gli occhi sulle condizioni di sicurezza disastrose nelle miniere. Il timore del governo è che a un anno dalla grandi proteste di Gezi Park scatti in tutto il Paese un nuovo movimento di rivolta.
Rimane brutale e sistematica la repressione delle proteste che da mercoledì 14 si susseguono ogni giorno a Istanbul, Ankara, Smirne e a Soma. Dopo le cariche della polizia sabato 17, con lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma contro una manifestazione di 10mila minatori e familiari delle vittime, oggi la città mineraria è stata blindata dalla polizia. Il governo ha vietato ogni manifestazione. Sono stati allestiti posti di blocco agli ingressi della città, diversi giornalisti sono stati respinti. Le forze anti-sommossa schierate in città, riferisce Zaman online, hanno arrestato e picchiato 15 avvocati giunti a Soma per assistere le famiglie delle 301 vittime del disastro. I legali sono stati ammanettati. Gli agenti, scrive Hurriyet online, hanno rotto un braccio al presidente dell'Associazione Avvocati Progressisti (Chd) Selcuk Kozagacli.
Il governo Erdogan sembra determinato a impedire con la forza qualsiasi manifestazione. A Smirne la polizia ha perfino tentato di arrestare un bambino di 10 anni a margine della protesta di giovedì con almeno 20mila persone, pure duramente repressa (il presidente del sindacato Disk è finito all'ospedale). Il bimbo camminava con i genitori diretto verso un parco giochi, spiega Hurriyet. Un poliziotto lo ha afferrato per la maglietta e ha provato a trascinarlo via. La folla è insorta e alcuni colleghi dell'agente hanno liberato il ragazzino in lacrime.
Rimane brutale e sistematica la repressione delle proteste che da mercoledì 14 si susseguono ogni giorno a Istanbul, Ankara, Smirne e a Soma. Dopo le cariche della polizia sabato 17, con lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma contro una manifestazione di 10mila minatori e familiari delle vittime, oggi la città mineraria è stata blindata dalla polizia. Il governo ha vietato ogni manifestazione. Sono stati allestiti posti di blocco agli ingressi della città, diversi giornalisti sono stati respinti. Le forze anti-sommossa schierate in città, riferisce Zaman online, hanno arrestato e picchiato 15 avvocati giunti a Soma per assistere le famiglie delle 301 vittime del disastro. I legali sono stati ammanettati. Gli agenti, scrive Hurriyet online, hanno rotto un braccio al presidente dell'Associazione Avvocati Progressisti (Chd) Selcuk Kozagacli.
Il governo Erdogan sembra determinato a impedire con la forza qualsiasi manifestazione. A Smirne la polizia ha perfino tentato di arrestare un bambino di 10 anni a margine della protesta di giovedì con almeno 20mila persone, pure duramente repressa (il presidente del sindacato Disk è finito all'ospedale). Il bimbo camminava con i genitori diretto verso un parco giochi, spiega Hurriyet. Un poliziotto lo ha afferrato per la maglietta e ha provato a trascinarlo via. La folla è insorta e alcuni colleghi dell'agente hanno liberato il ragazzino in lacrime.