Marò, "New Delhi non invocherà la pena di morte"

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Secondo l'agenzia di stampa statale Pti, il ministero dell'Interno ha comunicato alla Procura il proprio accordo a non chiedere la pena capitale per i due fucilieri italiani. Resterebbe però, per gli altri aspetti, il ricorso alla legge anti-pirateria

Secondo l'agenzia di stampa statale indiana Pti, il ministero dell'Interno indiano ha comunicato alla Procura generale il proprio accordo a che nel caso dell'incidente che coinvolge i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non sia invocata la pena di morte.  Il ministero, aggiunge l'agenzia, ha espresso tuttavia l'opinione che nei confronti dei due sia utilizzata comunque la legge per la repressione della pirateria (Sua Act), che nella sua formulazione automaticamente la prevede.
In sostanza dunque il ministero dell'Interno indiano è d'accordo che per il caso dei marò non sia invocata la pena di morte, ma che sia comunque utilizzatala la legge antipirateria che la prevede.

Secondo il quotidiano in lingua inglese 'The Indian Express', a suggerire di percorrere tale via sarebbe stato lo stesso procuratore generale Golam E. Vahanvati, nel corso di una riunione a porte chiuse cui hanno partecipato in serata i rappresentanti dei ministeri competenti: Giustizia, Interno ed Esteri.

La svolta sembra dunque all’orizzonte, dato anche che il tempo del resto per il governo di New Delhi ormai stringe: due giorni fa la Corte Suprema gli ha impartito il termine massimo del 10 febbraio per presentare finalmente i capi d'imputazione a carico di Girone e Latorre, che l'Italia ha nel frattempo chiesto siano autorizzati a rientrare in patria.

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