Marò, Corte suprema indiana: "Soluzione entro 2 settimane"

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I giudici hanno esaminato il ricorso dell'Italia e sollecitato New Delhi a sbloccare lo stallo del processo. Mauro a Sky TG24: "Forte pressione diplomatica". Times of India: ministero dell'Interno avrebbe già autorizzato l'uso della legge antiterrorismo

Il ministero dell'Interno indiano avrebbe autorizzato l'uso della legge antipirateria (il
Sua Act), che prevede fino alla pena di morte, come chiesto dalla polizia speciale che indaga sui marò. Lo sostiene il Times of India, secondo cui tuttavia la polizia, precisa la fonte, "aspetterà il verdetto della Corte Suprema" sul ricorso dell'Italia.
Quello che fa fede per noi è ciò che dirà la Corte Suprema" e non "quello che dicono fonti generiche che appaiono sulla stampa" ha poi commentato l'inviato del governo Staffan de Mistura sulla possibilità che l'India abbia autorizzato la legge antiterrorismo.

La Corte suprema indiana: soluzione entro 2 settimane
- Proprio oggi 20 gennaio, in una breve seduta, durata una decina di minuti, i giudici della Corte suprema hanno esaminato il ricorso presentato dall'Italia contro i ritardi dell'avvio del processo ai due fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e hanno sollecitato il governo di New Delhi a trovare una soluzione entro due settimane allo stallo.

Non sono ancora stati presentati i capi di imputazione - Nell'illustrare brevemente il ricorso davanti al tribunale numero 4, l'avvocato Mukul Rohatgi, che guida il team legale dei marò, ha denunciato il grave ritardo del caso. "Lo scorso gennaio - ha detto - la Corte Suprema aveva ordinato la costituzione di un tribunale speciale che doveva riunirsi su base quotidiana, ma dopo un anno non sono stati neppure presentati i capi di imputazione".
Il legale ha anche ricordato che sono passati quasi due anni dall'arresto dei due marò e che la polizia speciale Nia si è rivolta a un tribunale diverso da quello che era stato stabilito lo scorso anno per trattare il caso.

Udienza rinviata al 3 febbraio - L'Attorney General (rappresentante legale del governo), Goolam E. Vahanvati ha replicato ammettendo che "esiste un conflitto di opinione all'interno dell'amministrazione" riferendosi alle divergenze emerse tra Ministero degli Esteri e quello degli Interni sull'applicazione della legge antiterrorismo 'Sua Act' da parte della polizia Nia incaricata di condurre le indagini. Di fronte alle pressioni del team legale italiano, Vahanvati ha poi detto di "avere bisogno di più tempo per conciliare le posizioni".
Il giudice B.S. Chauhan, che presiedeva la sezione insieme al collega J. Chelameswar, ha accolto l'obiezione e ha chiesto al governo di ripresentarsi il 3 febbraio con una soluzione.

Bonino: "Tutte le opzioni sul tappeto" - La diplomazia italiana intanto porta avanti il pressing sulle autorità. "Tutte le opzioni sono sul tappeto, anche quelle più di pertinenza della Ue" nei confronti dell'India" ha dichiarato il ministro degli Esteri Emma Bonino, arrivando al Consiglio esteri. "Se a due anni dai fatti non si è neanche in grado di stabilire un capo d'accusa, è evidente che questa è una violazione di qualunque idea di giustizia adeguata" ha detto, definendo "inaccettabile" l'applicazione della legge indiana sulla pirateria che comporterebbe l'inversione dell'onere della prova".




Mauro: "Dall'Italia pressing diplomatico"
- Mentre dai microfoni di Sky TG24 il ministro della Difesa Mario Mauro che ha parlato di "azione congiunta e forte pressing sulla Corte indiana". Mauro ha parlato di una "forte pressione, attraverso atti formali, presso la Corte indiana affinché vengano rispettate le  norme e le regole fissate da quella stessa Corte: dopo un anno dalla sentenza di quella Corte, non abbiamo ancora un atto di accusa. Dal nostro punto di vista è giusto che i nostri fucilieri di Marina tornino a casa per aspettare la formalizzazione delle accuse". E ha aggiunto: "C'è un'azione contraria alle disposizioni delle Corte da parte degli inquirenti indiani perché la Corte aveva chiaramente detto che non si poteva far riferimento alle leggi speciali antipirateria che prevedevano la pena di morte".

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