Da Lagos a Bogotà, Facebook sulle tracce dei migranti
MondoUno studio realizzato dal social network di Mark Zuckerberg prova a indagare come si spostano le popolazioni da una città all'altra grazie all'analisi dei cosiddetti big data. Con qualche limite e sorpresa
di Raffaele Mastrolonardo
Sa quanti amici abbiamo, che cosa ci “piace” e anche dove siamo nati e dove viviamo. Queste informazioni fanno gola agli inserzionisti ma possono essere utili anche ai ricercatori per studiare fenomeni sociali. Per esempio, i flussi migratori. A dimostrarlo ci ha pensato la squadra di “scienziati dei dati” di Facebook che ha usato i profili degli utenti (in forma del tutto anonima) per gettare luce su come le persone si spostano da una città all'altra, dentro e fuori il Paese di origine. La ricerca si è concentrata infatti sulla cosiddetta “emigrazione coordinata”, ovvero quella che registra gli spostamenti di un gruppo significativo di abitanti di un agglomerato urbano verso un altro.
Ciò che ne è emerso è che non sono le metropoli occidentali i maggiori destinatari di simili flussi ma piuttosto le megalopoli dei Paesi in via di sviluppo ad alto tasso di urbanizzazione come Istanbul in Turchia, Kampala in Uganda, Bogota in Colombia.
Le vie dello sviluppo – Questo non vuol dire che New York o Parigi non attraggono persone da fuori, ma che si tratta di migrazioni molto diversificate. Lo studio prende invece in esame l'immigrazione coordinata, che può essere definita tale quando almeno il 20% della popolazione nata in un determinato centro vive in un altro. Se si guarda alla città di nascita e a quella di residenza espresse su Facebook , secondo i ricercatori, nessuno batte Lagos, la capitale della Nigeria. La megalopoli africana risulta infatti la destinazione di ben 566 flussi di migrazione coordinata da altrettanti agglomerati. Al secondo posto si piazza Istanbul con 387 migrazioni, seguita da Bogotà in Colombia con 370. L'indagine permette anche di capire da dove provengono i fiumi umani. Per esempio se Lagos e Bogotà ricevono soprattutto individui da città dello stesso paese (rispettivamente nel 96% e nel 98 % dei casi), più complesso è il discorso per la più importante metropoli turca. L'84% dei flussi coordinati di Istanbul viene dall'interno ma una quota consistente si muove – secondo Facebook – da Bulgaria, Macedonia e altre aree dell'est europeo in cui sono presenti forti turche.
Potenzialità e limiti – Lavori come questo dimostrano le potenzialità che i servizi online con le loro centinaia di milioni di utenti hanno per lo studio di fenomeni sociali su ampia scala. “Facebook offre una marea di dati che si prestano allo studio della mobilità umana”, scrivono gli autori del lavoro. “In particolare, l'informazione a livello di città permette di mappare sia la migrazione interna che quella internazionale, cosa che non può essere effettuata facilmente con gli strumenti di indagine tradizionali”. In passato analoghe ricerche erano state compiute utilizzando i dati relativi alle email di 43 milioni di utenti del servizio di posta di Yahoo. In quel caso le informazioni erano state impiegate per ricostruire i tassi di migrazione. Tuttavia, come riconoscono gli stessi scienziati dell'azienda di Mark Zuckerberg, bisogna anche tenere conto di alcuni limiti di simili analisi. Nel caso di Facebook, per esempio, i risultati sono influenzati dalla facilità di accesso e dalla diffusione del servizio in un Paese rispetto ad un altro. Dalla ricerca, poi, è esclusa la Cina, ovvero il Paese nel quale negli ultimi decenni sono avvenuti alcuni dei più imponenti fenomeni migratori e dove il social network è vietato.
Sa quanti amici abbiamo, che cosa ci “piace” e anche dove siamo nati e dove viviamo. Queste informazioni fanno gola agli inserzionisti ma possono essere utili anche ai ricercatori per studiare fenomeni sociali. Per esempio, i flussi migratori. A dimostrarlo ci ha pensato la squadra di “scienziati dei dati” di Facebook che ha usato i profili degli utenti (in forma del tutto anonima) per gettare luce su come le persone si spostano da una città all'altra, dentro e fuori il Paese di origine. La ricerca si è concentrata infatti sulla cosiddetta “emigrazione coordinata”, ovvero quella che registra gli spostamenti di un gruppo significativo di abitanti di un agglomerato urbano verso un altro.
Ciò che ne è emerso è che non sono le metropoli occidentali i maggiori destinatari di simili flussi ma piuttosto le megalopoli dei Paesi in via di sviluppo ad alto tasso di urbanizzazione come Istanbul in Turchia, Kampala in Uganda, Bogota in Colombia.
Le vie dello sviluppo – Questo non vuol dire che New York o Parigi non attraggono persone da fuori, ma che si tratta di migrazioni molto diversificate. Lo studio prende invece in esame l'immigrazione coordinata, che può essere definita tale quando almeno il 20% della popolazione nata in un determinato centro vive in un altro. Se si guarda alla città di nascita e a quella di residenza espresse su Facebook , secondo i ricercatori, nessuno batte Lagos, la capitale della Nigeria. La megalopoli africana risulta infatti la destinazione di ben 566 flussi di migrazione coordinata da altrettanti agglomerati. Al secondo posto si piazza Istanbul con 387 migrazioni, seguita da Bogotà in Colombia con 370. L'indagine permette anche di capire da dove provengono i fiumi umani. Per esempio se Lagos e Bogotà ricevono soprattutto individui da città dello stesso paese (rispettivamente nel 96% e nel 98 % dei casi), più complesso è il discorso per la più importante metropoli turca. L'84% dei flussi coordinati di Istanbul viene dall'interno ma una quota consistente si muove – secondo Facebook – da Bulgaria, Macedonia e altre aree dell'est europeo in cui sono presenti forti turche.
Potenzialità e limiti – Lavori come questo dimostrano le potenzialità che i servizi online con le loro centinaia di milioni di utenti hanno per lo studio di fenomeni sociali su ampia scala. “Facebook offre una marea di dati che si prestano allo studio della mobilità umana”, scrivono gli autori del lavoro. “In particolare, l'informazione a livello di città permette di mappare sia la migrazione interna che quella internazionale, cosa che non può essere effettuata facilmente con gli strumenti di indagine tradizionali”. In passato analoghe ricerche erano state compiute utilizzando i dati relativi alle email di 43 milioni di utenti del servizio di posta di Yahoo. In quel caso le informazioni erano state impiegate per ricostruire i tassi di migrazione. Tuttavia, come riconoscono gli stessi scienziati dell'azienda di Mark Zuckerberg, bisogna anche tenere conto di alcuni limiti di simili analisi. Nel caso di Facebook, per esempio, i risultati sono influenzati dalla facilità di accesso e dalla diffusione del servizio in un Paese rispetto ad un altro. Dalla ricerca, poi, è esclusa la Cina, ovvero il Paese nel quale negli ultimi decenni sono avvenuti alcuni dei più imponenti fenomeni migratori e dove il social network è vietato.