Dai Simple Minds agli U2, così Mandela ha ispirato la musica

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La battaglia contro l'apartheid ha coinvolto decine di artisti ed è proseguita anche dopo la liberazione del leader dell'Anc. Da Peter Gabriel a Stevie Wonder, da Sun City a Wembley. Trent'anni di canzoni e concerti dedicati a Madiba

di Pietro Pruneddu

"Scarpe troppo piccole per coprirgli i piedi, il suo corpo abusato ma la sua mente è ancora libera. Sei così cieco che non riesci a vedere?". Nel marzo del 1984 i negozi di dischi inglesi furono invasi da un singolo che ebbe immediato successo. In copertina la foto di un uomo di colore, in giacca e cravatta, immortalato in una sorta di sorriso. E un nome, fino a quel momento mai sentito dai ragazzini anglosassoni. Con una sola canzone gli Specials, gruppo ska proveniente da Coventry, fecero conoscere al mondo Nelson Mandela.



Madiba era in carcere già da 21 anni, ma servì la musica per accendere i riflettori dell'opinione pubblica globale sul Sudafrica. Qualche anno prima l'aveva già fatto Peter Gabriel. Nel suo omonimo album del 1980 compare una delle più famose canzoni di protesta mai scritte: "Biko". E' la storia di Steve Biko, leader dell'anti-apartheid, paladino della non violenza, morto nel carcere di Pretoria nel 1977 in seguito a un pestaggio. Gabriel fu il primo artista a raccontare una realtà fino a quel momento ignorata dal mondo occidentale.



"Biko" fu la miccia, "Free Nelson Mandela" il detonatore. Il rock aveva trovato la sua nuova battaglia. Dopo la guerra in Vietnam, cantata e boicottata nel decennio precedente, il fulcro della protesta diventò il Sudafrica e quel leader rinchiuso a Robben Island. Nel 1985 Little Steven Van Zandt, lo storico chitarrista della E Street Band di Bruce Springsteen, mise in piedi un progetto chiamato "Artists United Against Apartheid". Radunò un cast di artisti stellare (tra gli alti Miles Davis, Bob Dylan, Ringo Starr, Lou Reed, U2, Keith Richards, Joey Ramone) e realizzò un disco di sole canzoni anti apartheid. Il singolo trascinante dell'album, "Sun City", è un messaggio diretto alla classe borghese bianca sudafricana, identificata e personificata nel lussuoso resort di Sun City. Gli artisti annunciavano che non ci avebbero suonato più, nel Sudafrica segregazionista. 



Ormai, a metà anni '80, tutti conoscono Mandela. Stevie Wonder gli dedicò la sua ballata "I Just Called To Say I Love You", e per questo gesto i suoi dischi vennero proibiti e cancellati dai palinsesti di radio e tv sudafricane. Paul Simon, affascinato della musica africana, nel 1986 andò in Sudafrica a registrare "Graceland", l'album della svolta nella sua carriera solista. Circondato da musicisti locali, tirò fuori dal cilindro una delle perle miliari della world music. Nello stesso periodo, sull'onda del movimento anti-apartheid, Bono Vox scrisse "Silver and Gold" inaugurando un fortissimo legame personale con Madiba (proprio in questi giorni è uscito il singolo degli U2 “Ordinary Love”, inserito nella colonna sonora del film "Mandela: long walk to freedom", dedicato alla vita del leader e appena arrivato nelle sale americane). Si arrivò al paradosso di "I want to break free" dei Queen, che dopo aver raggiunto la vetta delle classifiche ufficiali sudafricane venne adottata come inno dall'Anc, il partito di Mandela.

Il regime sudafricano, intanto, mostrava le prime crepe. Il presidente De Klerk lasciò intendere che la liberazione di Mandela era vicina. La mobilitazione internazionale ormai era impossibile da arginare. Nel giugno del 1988 lo stadio di Wembley ospitò il "Mandela Day". Una parata di stelle riunite in onore di Madiba. Jim Kerr dei Simple Minds presentò una canzone scritta apposta per l'evento. Carlos Santana e Wayne Shorter suonarono la strumentale "Mandela". E la giovane cantautrice Tracy Chapman cantò imperativa "Freedom Now".



Mandela venne scarcerato l'11 febbraio 1990, dopo 27 anni passati in una cella. Ad appena due mesi dalla liberazione si tenne un altro enorme concerto a Londra, sempre Wembley, trasmesso in mondovisione. Più che la musica, di quel giorno passò alla Storia l'ovazione di quasi 10 minuti consecutivi che il pubblico tributò al protagonista quando apparve sul palco. L'apartheid sarebbe terminato ufficialmente solo 4 anni dopo, con le elezioni a suffragio universale e la vittoria di Mandela. Ma la musica ha avuto un ruolo fondamentale anche dopo la fine della segregazione.

Il primo presidente nero del Sudafrica ha saputo piegare le logiche dello show business per le sue battaglie: la lotta contro l'Aids ad esempio. Nel novembre 2003 si tenne a Città del Capo il 46664 Concert, dove il numero di cinque cifre simboleggiava il codice matricola che apparteneva al prigioniero Mandela in carcere. In quel caso era anche il numero di telefono da chiamare per fare donazioni a sostegno della ricerca. Sul palco si alternarono gli U2, Beyoncé, Bob Geldof, Robert Plant dei Led Zeppelin, Peter Gabriel. La vera rockstar, però, salì sul palco solo alla fine dello spettacolo per un breve discorso. Parole come musica, tra gli applausi senza fine del suo pubblico.

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