Siria: Francia, Usa e Gb per accordo. Ma la Russia frena
MondoIl segretario di Stato Usa Kerry vede il presidente francese Hollande e il ministro degli Esteri inglese Hague: "Occorre una tabella di marcia precisa per mettere sotto controllo le armi". Immediato il 'niet' di Mosca
Ad appena 48 ore dall'accordo russo-americano, Mosca e le potenze occidentali - Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia - tornano a mostrare profondi segni di divisione sulla Siria. Riuniti a Parigi nella mattinata di lunedì 16 settembre, il presidente francese Francois Hollande e i capi delle diplomazie americana e britannica, John Kerry e William Hague, hanno definito "essenziale" l'approvazione di una "risoluzione forte e vincolante" all'Onu, che preveda, in base al capitolo 7 della Carta Onu, un eventuale ricorso alla forza nel caso in cui il regime di Bashar al Assad non rispetti i suoi impegni sulle armi chimiche. "Se verrà meno ai suoi doveri, ci saranno delle conseguenze (....) Se la diplomazia dovesse fallire, l'opzione militare e' sempre sul tavolo", ha detto il segretario di Stato americano.
Mosca frena - Una posizione che ha suscitato l'immediato 'niet' di Mosca. "Sono certo che malgrado tutte le dichiarazioni che provengono da alcune capitali europee, la parte americana si atterrà strettamente a ciò che è stato deciso, come un partner serio", ha replicato - a stretto giro di posta - il capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov, aggiungendo: "Se qualcuno vuole minacciare, cercare un pretesto per colpire, questa è una strada che suggerisce agli oppositori di Damasco che da loro ci si aspetta una nuova provocazione, ed è anche un modo che rischia di mandare a monte definitivamente la prospettiva di Ginevra 2", la conferenza di pace che la comunità internazionale sta cercando di organizzare per porre rimedio alla crisi siriana. Quanto alle "dichiarazioni di alcuni dei nostri partner sulla necessità di adottare con urgenza, ho anche sentito entro la fine della settimana, una risoluzione con capitolo 7 - ha attaccato Lavrov - ciò mostra un'incomprensione di ciò che abbiamo deciso con Kerry, e anche il rifiuto di leggere quel documento". "I nostri colleghi americani - ha concluso - avevano molta voglia che questa risoluzione fosse adottata con il capitolo 7. Ma il documento finale che abbiamo approvato e che costituisce la nostra road map per un reciproco impegno, non contiene un tale riferimento".
Un'interpretazione distante anni luce, dunque, da quella di Kerry che lunedì 16 da Parigi ha spiegato che l'accordo "impegna totalmente" Washington e Mosca a imporre delle "misure in base al capitolo 7 in caso di non applicazione" della risoluzione.
Bonino: serve forte risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu - Da Bruxelles, dove si trovava per una riunione sulla Somalia, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha detto che sulla Siria "serve una risoluzione del Consiglio di Sicurezza piuttosto forte". L'accordo Lavrov-Kerry per mettere sotto controllo le armi chimiche di Bashar al Assad, ha aggiunto la Bonino, è "un passo avanti, ma tutto da verificare e abbastanza in salita".
"La metà dei ribelli sono estremisti islamici" - Intanto, secondo uno studio pubblicato sul Daily Telegraph, sono circa 100mila gli uomini impegnati a combattere il regime di Bashar al-Assad in Siria, divisi in oltre mille bande. La metà di loro sono estremisti islamici. In particolare, circa 10mila sono jihadisti, anche stranieri, che combattono in fazioni legate alla rete di al-Qaeda. Poi ci sono dai 30 ai 35mila radicali islamici che sono concentrati esclusivamente sulla guerra in Siria. Ci sono anche almeno 30mila moderati che appartengono a gruppi di stampo islamico, mentre solo un'esigua minoranza di ribelli è legata a movimenti laici o puramente nazionalisti. Meno di un terzo, prosegue lo studio, sono "accettabili" per la Gran Bretagna, mentre per gli Usa il livello è anche più basso. "La ribellione è ora dominata da gruppi che hanno almeno una visione islamica del conflitto. Non è attendibile l'idea che l'opposizione sia guidata soprattutto da gruppi laici", ha detto l'autore dell'analisi Charles Lister. Lo studio si basa su elementi di intelligence e interviste con attivisti e militanti. Tra i gruppi più dominanti tra gli estremisti ci sono il Fronte al-Nusra e lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante, entrambi legati ad al-Qaeda.
Mosca frena - Una posizione che ha suscitato l'immediato 'niet' di Mosca. "Sono certo che malgrado tutte le dichiarazioni che provengono da alcune capitali europee, la parte americana si atterrà strettamente a ciò che è stato deciso, come un partner serio", ha replicato - a stretto giro di posta - il capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov, aggiungendo: "Se qualcuno vuole minacciare, cercare un pretesto per colpire, questa è una strada che suggerisce agli oppositori di Damasco che da loro ci si aspetta una nuova provocazione, ed è anche un modo che rischia di mandare a monte definitivamente la prospettiva di Ginevra 2", la conferenza di pace che la comunità internazionale sta cercando di organizzare per porre rimedio alla crisi siriana. Quanto alle "dichiarazioni di alcuni dei nostri partner sulla necessità di adottare con urgenza, ho anche sentito entro la fine della settimana, una risoluzione con capitolo 7 - ha attaccato Lavrov - ciò mostra un'incomprensione di ciò che abbiamo deciso con Kerry, e anche il rifiuto di leggere quel documento". "I nostri colleghi americani - ha concluso - avevano molta voglia che questa risoluzione fosse adottata con il capitolo 7. Ma il documento finale che abbiamo approvato e che costituisce la nostra road map per un reciproco impegno, non contiene un tale riferimento".
Un'interpretazione distante anni luce, dunque, da quella di Kerry che lunedì 16 da Parigi ha spiegato che l'accordo "impegna totalmente" Washington e Mosca a imporre delle "misure in base al capitolo 7 in caso di non applicazione" della risoluzione.
Bonino: serve forte risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu - Da Bruxelles, dove si trovava per una riunione sulla Somalia, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, ha detto che sulla Siria "serve una risoluzione del Consiglio di Sicurezza piuttosto forte". L'accordo Lavrov-Kerry per mettere sotto controllo le armi chimiche di Bashar al Assad, ha aggiunto la Bonino, è "un passo avanti, ma tutto da verificare e abbastanza in salita".
"La metà dei ribelli sono estremisti islamici" - Intanto, secondo uno studio pubblicato sul Daily Telegraph, sono circa 100mila gli uomini impegnati a combattere il regime di Bashar al-Assad in Siria, divisi in oltre mille bande. La metà di loro sono estremisti islamici. In particolare, circa 10mila sono jihadisti, anche stranieri, che combattono in fazioni legate alla rete di al-Qaeda. Poi ci sono dai 30 ai 35mila radicali islamici che sono concentrati esclusivamente sulla guerra in Siria. Ci sono anche almeno 30mila moderati che appartengono a gruppi di stampo islamico, mentre solo un'esigua minoranza di ribelli è legata a movimenti laici o puramente nazionalisti. Meno di un terzo, prosegue lo studio, sono "accettabili" per la Gran Bretagna, mentre per gli Usa il livello è anche più basso. "La ribellione è ora dominata da gruppi che hanno almeno una visione islamica del conflitto. Non è attendibile l'idea che l'opposizione sia guidata soprattutto da gruppi laici", ha detto l'autore dell'analisi Charles Lister. Lo studio si basa su elementi di intelligence e interviste con attivisti e militanti. Tra i gruppi più dominanti tra gli estremisti ci sono il Fronte al-Nusra e lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante, entrambi legati ad al-Qaeda.