I ministri di Esteri, Difesa e Giustizia a colloquio con Napolitano, che auspica una soluzione pacifica con l'India. Una nota della Farnesina però invita gli italiani in viaggio nel Paese asiatico alla prudenza
Il braccio di ferro che vede contrapposte Italia e India sulla sorte dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone deve essere risolto in modo "amichevole" sulla base del diritto internazionale", nel senso indicato dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. L'auspicio del presidente Giorgio Napolitano è contenuto in un comunicato diffuso nella serata di venerdì dal Quirinale al termine di un'altra giornata tesissima tra Roma e New Delhi e dopo un incontro con i ministri degli Esteri, Difesa e Giustizia - Giulio Terzi, Giampaolo Di Paola e Paola Severino - che lo hanno ragguagliato sugli sviluppi della vicenda dei due fucilieri di marina.
Venerdì era stato il portavoce di Ban, Eduardo del Buey, a manifestare la speranza di una composizione amichevole del conflitto sulla base del diritto internazionale, mentre l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, aveva espresso l'auspicio del reperimento di "una soluzione consensuale attraverso un negoziato". Nell'attesa però che questa dinamica virtuosa possa essere avviata, le restrizioni imposte alla libertà di movimento dell'ambasciatore d'Italia a New Delhi Daniele Mancini hanno generato venerdì una dura reazione del sindacato più rappresentativo dei diplomatici italiani, il Sndmae, secondo cui la Convenzione di Vienna vieta che il rappresentante di uno Stato sia preso "in ostaggio".
Venerdì, al termine di una movimentata giornata segnata dall'avviso inviato dal ministero dell'Interno indiano a tutti i posti di controllo degli aeroporti affinché sia rispettata l'ordinanza della Corte Suprema che impone a Mancini di non lasciare il Paese fino ad una udienza fissata per lunedì, il sindacato precisa che "limitando i movimenti dell'ambasciatore, l'India viola in particolare l'art.44 della Convenzione". Si tratta, si spiega, di quello che serve ad evitare che gli agenti diplomatici "siano presi in ostaggio nell'adempimento del proprio dovere, come sta accadendo all'Ambasciatore Mancini"
Le perplessità per l'applicazione, a molti apparsa troppo rigorosa, da parte del ministero dell'Interno della direttiva della Corte Suprema sono state condivise apparentemente anche dallo stesso ministero degli Esteri indiano, che ieri aveva annunciato - e ieri messo in atto - uno stop alla partenza per l'Italia del nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta, configurando così un 'downgrading' delle relazioni diplomatiche. Nella valutazione complessiva della vicenda va in ogni caso considerato il fatto che le autorità indiane devono anche fare i conti con un'opinione pubblica che ha reagito in maniera dura al mancato rientro in India dei due militari.
In un'intervista, il ministro degli Esteri Salman Khurshid ha comunque negato che vi siano state nella vicenda interferenze della presidente del partito del Congresso, l'italiana Sonia Gandhi, e soprattutto che vi sia una qualsiasi idea di arrestare l'ambasciatore italiano. "Lui - ha sottolineato - è assolutamente libero di muoversi". Il capo della diplomazia indiana ha infine respinto qualsiasi addebito di violazione della Convenzione di Vienna e chiarito che "la Corte Suprema ha adottato un provvedimento unicamente volto a permetterle di sapere da Mancini che ne è stato della dichiarazione giurata data in garanzia del ritorno dei maro"'. Comunque "una riduzione di livello della nostra missione - ha detto all'ANSA un'autorevole fonte ministeriale indiana - è una delle misure che avevamo intenzione di prendere mentre altre (ad esempio una revisione del regime dei visti) sono allo studio di un team del ministero che sta esaminando l'intero spettro delle relazioni italo-indiane".
Nell'attesa che lunedì mattina il presidente della Corte Suprema Altamas Kabir discuta la situazione acquisendo ulteriori elementi, l'attività dell'ambasciata italiana è comunque proseguita normalmente. Mancini è uscito oggi in auto per incontrare i legali dei marò e preparare l'avvicinamento all'udienza insieme ai suoi collaboratori. All'esterno, qualche agente di polizia indiano è stato dispiegato nelle vicinanze del 'gate 1' del compound, ufficialmente per prevenire manifestazioni di protesta che però non ci sono state. La Farnesina, con una nota sul sito 'viaggiaresicuri', ha comunque invitato tutti gli italiani nel Paese alla "prudenza".
Venerdì era stato il portavoce di Ban, Eduardo del Buey, a manifestare la speranza di una composizione amichevole del conflitto sulla base del diritto internazionale, mentre l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, aveva espresso l'auspicio del reperimento di "una soluzione consensuale attraverso un negoziato". Nell'attesa però che questa dinamica virtuosa possa essere avviata, le restrizioni imposte alla libertà di movimento dell'ambasciatore d'Italia a New Delhi Daniele Mancini hanno generato venerdì una dura reazione del sindacato più rappresentativo dei diplomatici italiani, il Sndmae, secondo cui la Convenzione di Vienna vieta che il rappresentante di uno Stato sia preso "in ostaggio".
Venerdì, al termine di una movimentata giornata segnata dall'avviso inviato dal ministero dell'Interno indiano a tutti i posti di controllo degli aeroporti affinché sia rispettata l'ordinanza della Corte Suprema che impone a Mancini di non lasciare il Paese fino ad una udienza fissata per lunedì, il sindacato precisa che "limitando i movimenti dell'ambasciatore, l'India viola in particolare l'art.44 della Convenzione". Si tratta, si spiega, di quello che serve ad evitare che gli agenti diplomatici "siano presi in ostaggio nell'adempimento del proprio dovere, come sta accadendo all'Ambasciatore Mancini"
Le perplessità per l'applicazione, a molti apparsa troppo rigorosa, da parte del ministero dell'Interno della direttiva della Corte Suprema sono state condivise apparentemente anche dallo stesso ministero degli Esteri indiano, che ieri aveva annunciato - e ieri messo in atto - uno stop alla partenza per l'Italia del nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta, configurando così un 'downgrading' delle relazioni diplomatiche. Nella valutazione complessiva della vicenda va in ogni caso considerato il fatto che le autorità indiane devono anche fare i conti con un'opinione pubblica che ha reagito in maniera dura al mancato rientro in India dei due militari.
In un'intervista, il ministro degli Esteri Salman Khurshid ha comunque negato che vi siano state nella vicenda interferenze della presidente del partito del Congresso, l'italiana Sonia Gandhi, e soprattutto che vi sia una qualsiasi idea di arrestare l'ambasciatore italiano. "Lui - ha sottolineato - è assolutamente libero di muoversi". Il capo della diplomazia indiana ha infine respinto qualsiasi addebito di violazione della Convenzione di Vienna e chiarito che "la Corte Suprema ha adottato un provvedimento unicamente volto a permetterle di sapere da Mancini che ne è stato della dichiarazione giurata data in garanzia del ritorno dei maro"'. Comunque "una riduzione di livello della nostra missione - ha detto all'ANSA un'autorevole fonte ministeriale indiana - è una delle misure che avevamo intenzione di prendere mentre altre (ad esempio una revisione del regime dei visti) sono allo studio di un team del ministero che sta esaminando l'intero spettro delle relazioni italo-indiane".
Nell'attesa che lunedì mattina il presidente della Corte Suprema Altamas Kabir discuta la situazione acquisendo ulteriori elementi, l'attività dell'ambasciata italiana è comunque proseguita normalmente. Mancini è uscito oggi in auto per incontrare i legali dei marò e preparare l'avvicinamento all'udienza insieme ai suoi collaboratori. All'esterno, qualche agente di polizia indiano è stato dispiegato nelle vicinanze del 'gate 1' del compound, ufficialmente per prevenire manifestazioni di protesta che però non ci sono state. La Farnesina, con una nota sul sito 'viaggiaresicuri', ha comunque invitato tutti gli italiani nel Paese alla "prudenza".