Gli esiti del voto sulla nuova Costituzione, presentata dai sostenitori del presidente Morsi, arriveranno solo dopo la seconda tornata di sabato 23. Il progetto sarebbe stato approvato dal 56,6% degli elettori. Al Cairo prevalgono i no. Denunciati brogli
Bisognerà aspettare almeno fino a sabato 23 dicembre, seconda tornata elettorale, per sapere come è andato veramente in Egitto il voto sulla nuova Costituzione progettata e presentata dai sostenitori del presidente Mohamed Morsi. Ma i Fratelli Musulmani hanno cominciato già oggi pomeriggio, 16 dicembre, a cantare vittoria - seppure di misura - nel referendum che ieri si è tenuto in dieci dei ventisette governatorati del Paese. Sono stati chiamati alle urne circa la metà degli elettori, cioè 26 milioni di persone, compresi quelli del Cairo e di Alessandria, le due maggiori città del Paese. Gli altri 25 milioni voteranno sabato prossimo (FOTO).
Il progetto, ha affermato il Partito della Libertà e della Giustizia (braccio politico dei Fratelli Musulmani), sarebbe stato approvato dal 56,6% dei votanti. Senza stare a sottolineare troppo il fatto che nella capitale (ma non ad Alessandria) avrebbero prevalso i "no" (57%). A livello generale, una percentuale vicina al 56,6% è stata fornita anche da un gruppo dell'opposizione, il movimento Corrente Popolare. Ma il Fronte di salvezza nazionale, la coalizione contraria a Morsi che raggruppa i più importanti movimenti di sinistra e liberali, ha invece replicato che "non riconoscera' nessun risultato non ufficiale".
E numerose Ong (Organizzazioni non governative) egiziane hanno affermato che molte sono state ieri le irregolarità. Abbiamo assistito a "un referendum alla Mubarak", ha denunciato in conferenza stampa Bahey Eddine Hassan, del Centro del Cairo per i diritti umani, evocando le tornate elettorali "irregolari" organizzate dall'ex presidente egiziano, rovesciato l'anno scorso da una rivolta popolare. In particolare Hassan ha affermato che, durante lo scrutinio, ad alcuni osservatori della società civile è stato impedito di entrare nei seggi, mentre alcuni giudici che avrebbero dovuto controllare la regolarità del voto in realtà non erano magistrati. Anche numerose donne hanno denunciato di non aver potuto entrare in alcuni seggi, fatti chiudere in anticipo dai sostenitori del presidente. Accanto ad Hassan, l'avvocato Negad el-Borei ha dichiarato senza mezzi termini che "la commissione elettorale non è stata in grado di assicurare una buona organizzazione e che il referendum deve essere rifatto".
Cifre ufficiali comunque finora non ce ne sono: la commissione elettorale non ha fornito neppure i dati sulla partecipazione, sottolineando che le cifre "saranno approvate dalla commissione solo alla fine del secondo turno per non provocare confusione, per salvaguardare il Paese e in attesa dei ricorsi". Che, evidentemente, vengono dati per scontati.
Nel frattempo la tensione resta alta dovunque, soldati e poliziotti sono dislocati a migliaia a protezione dei seggi, con il supporto di centinaia di carri armati e blindati. La settimana che comincia domani sarà, per l'Egitto, l'ennesima con il fiato sospeso.
Il progetto, ha affermato il Partito della Libertà e della Giustizia (braccio politico dei Fratelli Musulmani), sarebbe stato approvato dal 56,6% dei votanti. Senza stare a sottolineare troppo il fatto che nella capitale (ma non ad Alessandria) avrebbero prevalso i "no" (57%). A livello generale, una percentuale vicina al 56,6% è stata fornita anche da un gruppo dell'opposizione, il movimento Corrente Popolare. Ma il Fronte di salvezza nazionale, la coalizione contraria a Morsi che raggruppa i più importanti movimenti di sinistra e liberali, ha invece replicato che "non riconoscera' nessun risultato non ufficiale".
E numerose Ong (Organizzazioni non governative) egiziane hanno affermato che molte sono state ieri le irregolarità. Abbiamo assistito a "un referendum alla Mubarak", ha denunciato in conferenza stampa Bahey Eddine Hassan, del Centro del Cairo per i diritti umani, evocando le tornate elettorali "irregolari" organizzate dall'ex presidente egiziano, rovesciato l'anno scorso da una rivolta popolare. In particolare Hassan ha affermato che, durante lo scrutinio, ad alcuni osservatori della società civile è stato impedito di entrare nei seggi, mentre alcuni giudici che avrebbero dovuto controllare la regolarità del voto in realtà non erano magistrati. Anche numerose donne hanno denunciato di non aver potuto entrare in alcuni seggi, fatti chiudere in anticipo dai sostenitori del presidente. Accanto ad Hassan, l'avvocato Negad el-Borei ha dichiarato senza mezzi termini che "la commissione elettorale non è stata in grado di assicurare una buona organizzazione e che il referendum deve essere rifatto".
Cifre ufficiali comunque finora non ce ne sono: la commissione elettorale non ha fornito neppure i dati sulla partecipazione, sottolineando che le cifre "saranno approvate dalla commissione solo alla fine del secondo turno per non provocare confusione, per salvaguardare il Paese e in attesa dei ricorsi". Che, evidentemente, vengono dati per scontati.
Nel frattempo la tensione resta alta dovunque, soldati e poliziotti sono dislocati a migliaia a protezione dei seggi, con il supporto di centinaia di carri armati e blindati. La settimana che comincia domani sarà, per l'Egitto, l'ennesima con il fiato sospeso.