A Gaza strage di bambini. Obama: “Evitare escalation”

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Continuano gli attacchi e si aggrava il bilancio delle vittime. Nei raid sulla Striscia muoiono anche bimbi. Oltre 100 razzi su Israele. Ucciso responsabile di Hamas. Netanyahu: “Basta attacchi, poi discutiamo”. Al Cairo si tratta per una possibile tregua

Nel giorno più sanguinoso del conflitto, con almeno undici bambini uccisi a Gaza nei raid, l'incertezza su una via d'uscita alla crisi lascia ancora il campo alle armi: continuano le ondate di incursioni aeree sulla Striscia e i lanci massicci di razzi su Israele. Da una parte il primo ministro Benyamin Netanyahu si dice pronto ad "estendere le operazioni" militari, dall'altro Barack Obama e le cancellerie europee dicono no a un'offensiva di terra. E al Cairo un emissario d'Israele prova ad assaggiare la possibilità di una tregua dello scontro con Hamas, grazie alla mediazione del presidente egiziano Mohammed Morsi, ma a patto che cessi la pioggia di razzi da Gaza (due gli attacchi su Tel Aviv). Non a caso, dalla Birmania, Obama - notando come tutto sia cominciato con il lancio di razzi su Israele - ha sottolineato che saranno le prossime 36-48 ore a dire se la tregua ha una reale possibilità. Ammonendo peraltro le parti contro "un escalation" delle violenze.

Tra i palestinesi 70 vittime, tra cui undici bambini - Il campo di battaglia dell'operazione 'Colonna di Nuvola' (scattata il 14 novembre) registra intanto nella giornata di domenica 18 novembre il suo tributo più pesante con almeno 11 bambini uccisi e 26 morti complessivi nella Striscia. Di questi, ben 6 - più 5 adulti - facevano parte della famiglia Aldalu, interamente distrutta nel rione Nasser di Gaza nel bombardamento della palazzina in cui abitavano. Il bilancio totale delle vittime palestinesi, secondo fonti mediche locali, sale così dall'inizio delle ostilità a circa 74 morti e 650 feriti (fra miliziani e civili), mentre restano tre gli israeliani uccisi. Chi può vista la situazione, prova - raccontano i testimoni - a scappare dal fazzoletto di terra controllato da Hamas.

Razzi e raid senza sosta - Tra i più di 50 obiettivi centrati il l18 novembre dall'aviazione israeliana a Gaza, anche due edifici che ospitavano uffici di diverse emittenti, locali e internazionali, con otto feriti segnalati. Azione condannata dall'associazione dei giornalisti palestinesi e anche da quella israeliana, oltre che da diverse organizzazioni straniere, anche se una portavoce delle forze armate d'Israele (Tzahal) ha precisato che l'aviazione ha distrutto con "la massima precisione" due antenne che venivano utilizzate da Hamas a fini operativi. Nella guerra, anche di comunicazione, Israele è riuscita ad impadronirsi della frequenza di radio Al Aqsa, vicina ad Hamas: chi si fosse sintonizzato avrebbe ascoltato l'ammonimento di Tzahal alla gente a stare alla larga dai miliziani. Su Israele solo nelle ultime 24 ore sono piovuti altri 100 razzi: in pratica su tutte le città del sud - da Ashdod a Beer Sheva, da Ashqelon a Ofakim ed altre - gli attacchi sono stati senza tregua con feriti (sette, secondo i media), gente traumatizzata, scuole chiuse e sirene in allarme continue. Mentre la paura è tornata anche a Tel Aviv, dove due razzi sono stati intercettati dalle batterie difensive del sistema Iron Dome.

Le condizioni per la tregua - Il sud, alle porte di Gaza, resta intanto presidiato da 30.000 soldati israeliani in attesa di un ordine per entrare nella Striscia. Ordine che sembra appeso al filo della mediazione in corso al Cairo. Da una parte Hamas già il 17 novembre ha fatto sapere che le condizioni sono la rimozione del blocco a Gaza e l'alt alle uccisioni dei suoi dirigenti, riprese il 14 novembre con quella del comandante della sua ala militare, Ahmed Al-Jabaari e proseguite il 18 novembre stesso con quella del "responsabile dei lanci" dalla Striscia, Yihia Abbia. La posizione di Israele - come ha ripetuto anche Netanyahu - è netta: finirla prima con i missili sullo Stato ebraico e poi avviare la discussione. Come si possa declinare al meglio questo stretto passaggio - in modo che ognuna delle due parti possa rivendicare un qualche successo nella trattativa – è compito del tavolo aperto al Cairo. E su questo si riflettono anche le pressioni esterne.

Pressioni esterne per evitare un’azione di terra - Il ministro degli Esteri britannico, William Hague - rinnovando l'appoggio a Israele - ha messo tuttavia in guardia che "un'azione di terra a Gaza sarebbe difficile da sostenere". Il suo omologo francese, Laurent Fabius, è volato invece in Israele e nei Territori dove nei colloqui con Netanyahu, Avigdor Lieberman e con il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, ha cercato una via d'uscita avvertendo che "la guerra non è un'opzione". Il 19 novembre arriverà il portavoce del Quartetto, Tony Blair, forte anche dell'appello che si apprestano a lanciare i ministri degli Esteri Ue per uno stop dell'escalation di violenze. Poi sarà la volta del numero uno dell'Onu Ban Ki Moon. Mentre il 20 novembre arriverà nella Striscia una delegazione della Lega araba guidata dal segretario generale Nabil el Araby, sullo sfondo del ritorno di fiamma delle manifestazioni di solidarietà ai palestinesi nel mondo musulmano. Gli occhi di tutti restano comunque puntati sul Cairo: e soprattutto quelli di Gaza e d'Israele.

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