Brasile, l’alta moda viene dalla favela

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Teresa Leal, 50 anni, fondatrice di Coopa Roca, nell'atelier della favela di Rocinha. Foto di Eliano Rossi
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Teresa Leal dirige una cooperativa a Rocinha, lo slum più grande del Sud America. Con una missione: dare alle donne un lavoro umano e potere economico. I risultati non mancano: esposizioni internazionali e un negozio nel Fashion Mall più chic di Rio

di Eliano Rossi

“E’ il potere economico che emancipa le persone. Dà autonomia e aumenta il potere di scelta”. Non sono parole di un dirigente in grisaglia, ma di una sociologa brasiliana che lavora nella favela di Rocinha, lo slum più grande del Sud America. Tra ritagli di stoffa, fili colorati, forbici e aghi, nell’atelier della Rua 1,  Teresa Leal, 50 anni, ha creato Coopa Roca: una cooperativa di moda e design che dà lavoro a 80 donne. Le assume e le valorizza, esaltando la loro umanità. Non si tratta di filantropia, ma di pura impresa.

“Sono arrivata a Rocinha trent’anni fa, per ascoltare e osservare”, racconta guardando verso la finestra dell’Atelier. La vista mozza il fiato: il dorso di una montagna, coperta da case costruite l’una sull’altra, che termina sulla spiaggia di Sao Conrado, a Rio de Janeiro. La favela di Rocinha, una città nella città, ospita circa 150 mila persone. “Molte donne del nord est, la parte povera del Brasile, sono venute qui in cerca di fortuna. Hanno portato un know - how di ricamo e cucitura ricchissimo, eredità dei coloni francesi e olandesi. Io ho dato un orizzonte e un’organizzazione, loro hanno fatto il resto”, rivela Teresa.

Dopo gli inizi difficili negli anni ottanta, la svolta arriva insieme a quella del paese. Il Brasile comincia a interessarsi alla moda. A cercare un’identità nell’abbigliamento. Nasce la settimana della moda a San Paolo e Teresa fiuta l’occasione. Stringe contatti, conosce il mercato. A quel tempo le donne della favela producevano solo ciò che già sapevano fare: tappeti, cuscini e trapunte. Teresa le spinge a fare di più e cominciano a produrre vestiti. La vetrina internazionale arriva nel 2004, con l’esposizione organizzata da Selfridges a Londra: “Brazil 40 degrees”. Poi espone a Parigi e in Germania. Nel 2010 è al Fuorisalone Design Week di Milano.

“Proviamo a unire lavoro e felicità. Il lavoro è un bene sociale e farlo con il sorriso è anche un’opportunità professionale: non si possono produrre prodotti artigianali in maniera meccanica. Mancherebbe la qualità. Il cuore, nel nostro settore, è essenziale”, spiega Teresa.
Le artigiane portano i loro figli all’atelier. Li accudiscono mentre cuciono i vestiti. Quando non possono andare per esigenze familiari lavorano da casa. E guadagnano bene. “Le ragazze sono pagate a produzione”, racconta Teresa. “Ognuna produce in base ai suoi impegni e alle sue necessità. Possono arrivare a più di 1000 reais al mese (circa 400 euro), che nella favela non sono pochi”.

Organizzare un’impresa in uno slum non è facile. Rocinha è stata a lungo sotto il controllo dei trafficanti di droga. La pacificazione, ottenuta con la forza dalla polizia militare meno di un anno fa, ha portato tranquillità. “La Rua 1 era una zona molto violenta”, dice Teresa. “Nei periodi di guerra tra bande capitava di doverci nascondere sotto i tavoli. Si sparava. Oggi è diverso. La pacificazione ha cambiato la favela: c’è silenzio nelle strade. Un silenzio che si vede, perché le uniche armi in giro sono quelle della polizia”.

Meno di cinque mesi fa Coopa Roca ha aperto un negozio nello Shopping Mall più chic di Rio, nel quartiere di Sao Conrado. Si trova a 10 minuti dalla favela, ma sembra di stare in un altro mondo. Le case di mattoni rossi si trasformano in condomini di lusso. Nel negozio vengono esposte lampade da oltre 300 euro, vestiti e cuscini pregiati. Camila Vittorino, 23 anni, viene dalla favela, come tutte le altre. Fa l’impiegata per sei ore al giorno. Teresa le ha concesso un orario flessibile, in modo da permetterle di continuare gli studi. Le mancano due anni per finire l’università. Ha un sogno: guadagnare bene, emanciparsi e uscire dalla favela. Forse ci riuscirà.

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