Al-Qaeda: "Colpite i diplomatici. Abbiamo vendicato al-Libi"

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Resta alta la tensione dopo le proteste per la proiezione del film anti-Islam. I terroristi: "L'assalto al consolato statunitense a Bengasi è anche la conseguenza della morte del numero 2 della nostra organizzazione". Yemen e Sudan: "No a marines Usa"

"Continuate le proteste, attaccate e incendiate le ambasciate americane, uccidete i diplomatici Usa":a qualche ora di distanza dal 'venerdì della rabbia islamica' che ha riempito le piazze di gran parte delle capitali musulmane dal Nord Africa al Sud Est Asiatico (la mappa interattiva), al Qaeda nella Penisola arabica (Aqap) si fa portavoce dell'organizzazione terroristica creata da Osama bin Laden. E scaglia nuovi rabbiosi incitamenti alla violenza, "giusta reazione" all'offensivo film su Maometto messo su Youtube una settimana fa e definito "ennesimo capitolo" della "guerra dei crociati" contro l'islam.
"Chiunque si avvicini ad ambasciatori o emissari dell'America deve seguire l'esempio dei discendenti (libici) di Omar al Mukhtar, che hanno ammazzato (a Bengasi) l'ambasciatore americano", afferma il comunicato di Al Qaida nella Penisola Arabica.
E aggiunge che l'eliminazione delle ambasciate e dei consolati deve "essere un passo verso la liberazione dei Paesi musulmani dall'egemonia e dall'arroganza americane".
Il citato Omar al Mukhtar (1861-1931), libico, soprannominato 'il leone del deserto', religioso e guerrigliero, guidò la resistenza anticoloniale contro l'Italia ed è per la Libia un eroe nazionale.

L'allarme resta dunque altissimo, anche se nelle ultime ore non è stata segnalata alcuna protesta islamica di rilievo nelle capitali arabe.
Manifestazioni con centinaia di persone nelle strade in Indonesia, il Paese musulmano più popolato al mondo, e in Australia si sono svolte nella calma. Per contro la protesta islamica anti-Usa oggi e' scesa in piazza a Parigi e Anversa: sia la polizia francese che quella belga, a seguito di scontri, hanno fermato un centinaio di persone.
Oltre ad Al-Qaeda nella Penisola Arabica, anche gli integralisti islamici somali e i talebani pachistani hanno diffuso appelli che incitano ad attaccare edifici e installazioni americane nel mondo (la cronaca delle ultime ore). Già la notte scorsa i talebani afghani hanno attaccato la base dove da qualche giorno tra i soldati britannici è in servizio il principe Harry. Il rampollo della casa reale è rimasto illeso ma sono stati uccisi due soldati Usa. La volontà sempre più chiaramente espressa sembra essere quella di 'mondializzare' il più possibile la "guerra ai crociati", trasformando in pretesto ogni più o meno discutibile evento.

Aqap ha messo in rete anche un altro comunicato: il sanguinoso assalto al consolato statunitense a Bengasi, afferma, non è solo la conseguenza del film blasfemo girato negli Stati Uniti, ma anche della morte del numero 2 della rete terroristica, Abu Yahya al-Libi, ucciso in giugno da un drone americano in Pakistan.
Ipotesi plausibile, secondo gli osservatori, se si crede - come ha dichiarato il presidente dell'Assemblea nazionale libica Mohamed al-Megaryef - al fatto che il mortale attacco di martedì 11 settembre a Bengasi era stato "pianificato" da tempo ed è stato portato a termine meticolosamente.
La doppia uscita su Internet di Al Qaeda nella Penisola Arabica, organizzazione che ha la sua base nello Yemen, sembra peraltro aver sortito nell'immediato più un effetto a livello di governi che di piazza.
Sia il Parlamento yemenita che il governo del Sudan hanno infatti respinto la richiesta, fatta da Washington, di inviare altri marines a Sanaa e a Khartoum per proteggere le sue sedi diplomatiche da eventuali altri attacchi.
"Diciamo no a qualunque forma di presenza straniera" nello Yemen, ha comunicato in serata il Parlamento, precisando che sono le autorità locali a dover garantire la protezione alle ambasciate straniere. Il Sudan ha seguito a ruota. Khartoum "è in grado di proteggere le missioni diplomatiche e i suoi ospiti del corpo diplomatico", ha dichiarato il ministro degli Esteri Ali Ahmed Karti. Due 'no' con i quali gli Usa saranno costretti, dopo aver inviato senza problemi marines e droni in Libia, a fare i conti.

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