Rabbia islamica contro l'Occidente: scontri e vittime

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Dopo la rivolta di Bengasi, legata al film su Maometto, venerdì di protesta in diversi Paesi come Libano, Egitto, Tunisia, Sudan, Iran. Si contano 7 morti. Obama e Clinton accolgono le salme dei caduti americani: "Hanno dato la vita per i nostri valori"

Il mondo musulmano è in fiamme, la rabbia dilaga: migliaia di islamici sono scesi in piazza oggi 14 settembre dal Nord Africa al Sud-Est asiatico, nel primo venerdì di preghiera dopo le prime proteste scoppiate martedì contro un film offensivo su Maometto. Proteste nate con una rivolta costata la vita all'ambasciatore americano in Libia, morto martedì notte insieme a tre connazionali. Il presidente americano Barack Obama e la segretaria di stato Hillary Clinton hanno accolto proprio in questo venerdì infuocato le salme dei quattro americani. "Abbiamo riportato a casa quattro americani che hanno dato la vita per il nostro paese e per i  nostri valori", ha dichiarato Clinton. "Continueremo a difendere la libertà" le parole di Obama.

Caos in Egitto, nonostante l'appello di Morsi -  Tra i Paesi più caldi in questo venerdi di protesta l'Egitto, nonostante le parole del presidente egiziano Morsi che, mentre si trovava in visita in Italia dove ha incontrato Napolitano, ha criticato gli attacchi definendoli "inaccettabili" (VIDEO). Una giornata di scontri è andata in scena al Cairo, dove centinaia di persone hanno continuato per tutta la giornata a fronteggiare la polizia, schierata massicciamente a protezione dell'ambasciata americana. E in serata è stato trovato nei pressi di una moschea il cadavere di un giovane: una delle 7 vittime di questa giornata.

Assalti alle ambasciate in Sudan
- Le proteste hanno coinvolto anche il Sudan, dove sono state assaltate le sedi diplomatiche tedesca e britannica. Proprio in Sudan ci sono stati tre dei sette morti rimasti sul terreno negli scontri con le forze di sicurezza. A Khartoum, l'ambasciata tedesca è stata temporaneamente invasa da alcune decine di dimostranti che sono anche riusciti a strappare la bandiera tedesca, mentre la grande massa è stata bloccata all'esterno e si è poi avviata, in una marcia furiosa, verso la sede diplomatica statunitense. In diecimila si sono riversati verso il compound senza però riuscire a sfondare. E anche i britannici sono riusciti a difendere i loro edifici, bloccando a distanza i fondamentalisti che agitavano i vessilli neri dell'integralismo e bruciavano - al grido di 'Allah Akhbar' - le bandiere americane e israeliane.

Due morti in Tunisia - In Tunisia vi sono state altre due vittime e una trentina di feriti. Anche qui giovani inferociti sono riusciti a penetrare oltre la cinta muraria dell'ambasciata Usa, nonostante le forze di sicurezza sparassero anche ad altezza d'uomo. Sono stati respinti solo dopo alcune ore lasciando sul terreno decine di feriti, due dei quali sono poi morti in ospedale. Nel frattempo, anche la scuola americana a Tunisi era stata incendiata e gravemente danneggiata.

Morte anche in Libano, a Tripoli seconda città del Paese, dove è stato ucciso dalle forze di sicurezza  un uomo che aveva partecipato alll'assalto a un fast food americano. Anche qui i feriti sono stati una trentina.

Gli Usa inviamo marines in Yemen - In difficoltà, dopo i quattro morti di ieri giovedì 13 settembre, anche le autorità yemenite che a Sanaa sono nuovamente intervenute in forze con lacrimogeni e idranti, riuscendo a tenere i manifestanti a circa 500 metri dalla sede diplomatica Usa. La situazione è però molto pesante, tant'è che Washington, dopo aver inviato marines e droni a Bengasi in Libia, ha comunicato l'invio di altri marines a protezione delle installazioni occidentali nella capitale yemenita.

Proteste dall'Asia all'Africa - Ma l’elenco dei Paesi che hanno visto gli Stati Uniti sotto attacco con dimostrazioni di massa 'globali' non finisce qui. In Iran migliaia di persone si sono radunate a Teheran al grido di 'Morte all'America' e 'Morte a Israele'; in Iraq altre migliaia di musulmani hanno sfilato a Bassora scandendo 'Non c'è libertà quando si offendono un miliardo di musulmani'.
Il continente Africa ha registrato altre dimostrazioni in Marocco, Mauritania, Kenya e Nigeria ma qui le forze di sicurezza hanno mantenuto con decisione il controllo delle situazioni più a rischio. Fino all'Algeria, dove il governo ha tagliato alla radice il problema, vietando e impedendo qualunque tipo di assembramento.

In Asia, dopo l'Iran la protesta più imponente ha visto diecimila persone in piazza a Dacca, in Bangladesh: anche qui bandiere americane e israeliane bruciate oltre a slogan rabbiosi contro "gli insulti al nostro grande profeta". Come in numerose città del Pakistan, a Giakarta in Indonesia o in India, a Madras, dove 86 persone sono state arrestate mentre marciavano verso il consolato Usa, e in Afghanistan.

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