Quaranta corpi sono stati trovati nei sotterranei di una moschea a sud-ovest della capitale. Ma in tutto il Paese i morti registrati martedì 21 sarebbero oltre 180. Il vice di Assad risponde agli Usa: vogliono invaderci come l'Iraq
Ennesima giornata di sangue in Siria. Il regime di Damasco evoca l'Iraq definendo la preoccupazione Usa per le armi chimiche "un pretesto" e intanto le forze fedeli uccidono oltre 180 persone di cui 40 giustiziate in modo sommario. Due giornalisti, una giapponese ed un turco, hanno perso la vita ad Aleppo. Il vicepremier Jamil Qadri: si può discutere di tutto ma nel quadro di un generale dialogo.
Uccisioni sommarie a Damasco - Testimoni e attivisti hanno riferito dell'ingresso di blindati e carri armati dell'esercito di Damasco all'interno della cittadina, roccaforte dei ribelli anti-regime. Secondo le testimonianze riferite dai Comitati di coordinamento, i militari sono penetrati nel primo pomeriggio nel sobborgo protetti dai blindati, dando fuoco ai negozi, alle abitazioni civili e uccidendo sommariamente i civili in fuga. Gli attivisti stimano attorno a 50 uccisi il bilancio provvisorio dei raid governativi tra lunedì 20 e martedì 21. I corpi sono stati trovati nei sotterranei della moschea Omar di Muaddamiya, sobborgo a sud-ovest della capitale. Dal canto suo, l'agenzia ufficiale Sana non fa alcun riferimento alle violenze riportate a Muaddamiya, da ieri sotto i colpi dell'artiglieria governativa e dei bombardamenti di elicotteri militari.
Il governo: "Intervento militare impossibile" - Intanto il governo siriano ha detto che l'intervento militare straniero nel Paese è "impossibile" perché originerebbe un conflitto che andrebbe oltre i confini del Paese. Il vice primo ministro siriano Qadri Jamil, parlando in una conferenza stampa a Mosca, sembra rispondere alla minaccia del presidente Usa Barack Obama sul possibile intervento delle forze americane nel caso in cui la Siria ricorresse alle armi chimiche contro i ribelli. "Un intervento militare diretto in Siria è impossibile perché chiunque ci pensi andrebbe verso un confronto che supererebbe i confini della Siria". In precedenza il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov aveva avvertito i paesi occidentali di non procedere ad azioni unilaterali su Damasco, affermando che Russia e Cina concordano sul fatto che non possono essere ammesse violazioni del diritto internazionale e della carta delle Nazioni Unite.
Uccisioni sommarie a Damasco - Testimoni e attivisti hanno riferito dell'ingresso di blindati e carri armati dell'esercito di Damasco all'interno della cittadina, roccaforte dei ribelli anti-regime. Secondo le testimonianze riferite dai Comitati di coordinamento, i militari sono penetrati nel primo pomeriggio nel sobborgo protetti dai blindati, dando fuoco ai negozi, alle abitazioni civili e uccidendo sommariamente i civili in fuga. Gli attivisti stimano attorno a 50 uccisi il bilancio provvisorio dei raid governativi tra lunedì 20 e martedì 21. I corpi sono stati trovati nei sotterranei della moschea Omar di Muaddamiya, sobborgo a sud-ovest della capitale. Dal canto suo, l'agenzia ufficiale Sana non fa alcun riferimento alle violenze riportate a Muaddamiya, da ieri sotto i colpi dell'artiglieria governativa e dei bombardamenti di elicotteri militari.
Il governo: "Intervento militare impossibile" - Intanto il governo siriano ha detto che l'intervento militare straniero nel Paese è "impossibile" perché originerebbe un conflitto che andrebbe oltre i confini del Paese. Il vice primo ministro siriano Qadri Jamil, parlando in una conferenza stampa a Mosca, sembra rispondere alla minaccia del presidente Usa Barack Obama sul possibile intervento delle forze americane nel caso in cui la Siria ricorresse alle armi chimiche contro i ribelli. "Un intervento militare diretto in Siria è impossibile perché chiunque ci pensi andrebbe verso un confronto che supererebbe i confini della Siria". In precedenza il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov aveva avvertito i paesi occidentali di non procedere ad azioni unilaterali su Damasco, affermando che Russia e Cina concordano sul fatto che non possono essere ammesse violazioni del diritto internazionale e della carta delle Nazioni Unite.