Siria, i due tecnici rapiti sono tornati in Italia

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L'arrivo a Ciampino di Oriano Cantani (sinistra) e Domenico Tedeschi (destra)

Oriano Cantani e Domenico Tedeschi, spariti a Damasco e liberati dopo dieci giorni, sono arrivati a Ciampino. "Non sappiamo chi ci ha sequestrati". Intanto ad Aleppo infuria la battaglia. E le vittime dall'inizio del conflitto sono circa 20 mila

Un rapimento a lieto fine. Oriano Cantani e Domenico Tedeschi, i due tecnici italiani spariti a Damasco lo scorso 18 luglio e liberati dieci giorni dopo, sono tornati in Italia. All'arrivo a Ciampino sono stati accolti dai familiari e da Claudio Taffuri, capo dell'unità di crisi della Farnesina. "Siamo stati sequestrati ma non sappiamo dire esattamente da chi. Ci ha liberato l'esercito siriano ma non c'è stato un blitz. Difficile spiegare come è avvenuta la liberazione", hanno spiegato i due dipendenti di una ditta subappaltatrice dell'Ansaldo Energia. Ora saranno ascoltati dalla Procura di Roma. Tra i messaggi di soddisfazione per il buon esito della vicenda anche quelli di Napolitano e Schifani.

La battaglia di Aleppo - Intanto, il conflitto siriano è arrivato alla battaglia decisiva. Aleppo, snodo cruciale nel nord della Siria, è il teatro dove si svolge lo scontro finale. I combattimenti vanno avanti senza sosta da venerdì 27 luglio e il numero delle vittime continua a crescere. Secondo l'Osservatorio siriano dei diritti dell'Uomo, nella sola giornata di sabato si contano 168 morti, 94 dei quali civili, 33 ribelli e 41 militari. Ma il bilancio diventa ancora più drammatico se si considerano le vittime totali dall'inizio del conflitto. Sarebbero 20 mila le persone che hanno perso la vita nei 16 mesi di guerra civile. Di queste, 14 mila sono civili e 6 mila militari.

Le due guerre - Nella polveriera siriana si combattono due battaglie parallele. Una sul campo e una diplomatica. Aleppo è sorvolata dall'aviazione fedele al regime di Bashar al-Assad, impegnata in bombardamenti a tappeto nei quartieri presidiati dai circa 4 mila ribelli. I blindati dell'esercito regolare hanno nuovamente tentato di prendere d'assalto il quartiere di Salah ad Din, roccaforte dei ribelli, ma sono stati respinti dai combattenti dell'esercito libero siriano. Anche alcuni ex militanti della brigata rivoluzionaria libica sono arrivati in Siria per combattere la dittatura. Il gruppo di circa 30 miliziani è comandato da Al-Mahdi al-Harati, che era a capo della brigata che per prima liberò Tripoli.

La diplomazia - Nelle stanze del potere, invece, i funzionari della diplomazia cercano aiuti all'estero. Il capo dell'opposizione siriana in esilio ha chiesto ai paesi "fratelli" ed amici di armare i ribelli in modo che siano in grado di affrontare le truppe di Assad. "Ci aspettiamo un sostegno. Vogliamo armi che ci permettano di fermare i carri armati e gli aerei da combattimento dell'esercito", ha dichiarato Abdel Basset Sayda, presidente del Consiglio nazionale siriano, principale forza dell'opposizione. Dall'altra parte della barricata, il capo della diplomazia siriana, Walid Moallem, è in missione in Iran, principale alleato del regime di Bashar al-Assad.  E proprio il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi ha definito "un'illusione" l'idea di un governo di transizione in Siria. Insomma, Assad non avrebbe alcuna intenzione di lasciare il potere.

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