Così il capo dello Stato sul caso dei militari accusati di aver ucciso due pescatori indiani. Terzi: "La nave era in acque internazionali". Manifestazioni contro il nostro Paese a Kollam. Il magistrato dispone altri 3 giorni di fermo. GUARDA IL VIDEO
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"E' una situazione molto ingarbugliata. Di fatto il caso diplomatico è già nato". Sono le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a riassumere ai microfoni di SkyTG24 il 'caso' dei marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (guarda le foto), fucilieri di marina del Reggimento San Marco, rimasti coinvolti nella morte di due pescatori indiani al largo del Kerala, scambiati per pirati. Portati davanti al giudice di Kollam. K.O. Joy, Msssimiliano La Torre e Salvatore Girone, si sono visti confermare il fermo di tre giorni, al 23 febbraio, periodo necesario alle autorità indiane per superare la sospensione delle procedure per una festa indiana. Tra 72 ore il giudice rivedrà i militari che in effetti rischiano, secondo quanto detta la sezione 302 del codice penale indiano, l'ergastolo o, addirittura, la condanna a morte. Sempre che sia la legge indiana a giudicarli e non, come sosterrà anche la loro difesa, quella internazionale.
Il ministro Giulio Terzi: "Notevoli divergenze sulla versione dei fatti" - Il governo italiano è intanto in piena attività diplomatica e fa pressing per risolvere in tempi rapidi la crisi. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha ribadito che esistono "considerevoli divergenze" sulla versione dei fatti, e ha auspicato una "maggiore collaborazione" con il governo di New Delhi. L'auspicio dell'Italia, ha spiegato il ministro, è che "si possa avviare una collaborazione concreta nell'indagine e nella comparazione di dati", "sia a livello federale sia a livello di Stato del Kerala" perché vi sono elementi finora non considerati "da entrambi i livelli di governo".
La versione italiana - Per quanto riguarda la versione dei fatti dell'equipaggio, Carlo Novielli, vice comandante della petroliera Enrica Leixe, a bordo della quale erano imbarcati dei militari del battaglione San Marco in funzione antipirateria, nega che i due militari, mercoledì scorso, abbiano sparato contro il peschereccio indiano, sostenendo che abbiano esploso soltanto dei colpi in acqua per allontanare una sospetta nave di pirati.
Novielli, come riferito da Repubblica, ha detto che un membro del team della sicurezza aveva avvistato con il binocolo, poco prima delle quattro del pomeriggio, quella che apparentemente sembrava una barca da pesca di circa 12 metri. "Abbiamo continuamente monitorato la barca, che nel frattempo si avvicinava sempre di più". In seguito, il comandante, Umberto Vitelli, "dava ordine della massima potenza, la squadra ha mostrato le armi senza nessun risultato e dopo ha sparato in acqua per intimare l'allontanamento. La barca si allontanava, alle ore 17.00 si tornava alla normalità".
Il disappunto del ministro degli Esteri indiano - Questa versione non convince le autorità indiane (il Corriere ha elencato tutti i punti oscuri della vicenda). "Il ministro degli Esteri indiano, S.M. Krishna ha riferito al ministro degli Esteri italiano (Giulio Terzi) quanto sia stata spiacevole la perdita di vite umane che si sarebbe potuta evitare, se il personale navale a bordo della Enrica Leixe fosse stato più attento e avesse esercitato moderazione", si legge in una nota del ministero degli Esteri indiano.
Il ministro italiano Terzi non nasconde, però, che la vicenda è "complessa" anche perché in Kerala sono in corso elezioni politiche e amministrative che potrebbero influire sull'indagine e sulle autorità giudicanti.
Manifestazione anti-Italia a Kollam - E in effetti il clima nello stato idiano ha iniziatoa
riscaldarsi: lunedì 20 febbraio, davanti alla residenza del giudice dove venivano ascoltati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, lavoratori dello Youth Congress e del principale partito della destra, il partito nazionalista indù Bharathya Janata Party, hanno inscenato una protesta. "Le famiglie delle vittime vogliono giustizia" ha spiegato il rappresentante della comunità cattolica del Kerala a Roma Don Antoney George Pattaparambil. Tuttavia, ha aggiunto, "tutto questo non deve spaventare, né deve distruggere le relazioni
tra Italia e India". Quello che vogliono gli indiani, ha ribadito il religioso indiano, "è solo che i governi collaborino insieme per far luce su tutta la vicenda".
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"E' una situazione molto ingarbugliata. Di fatto il caso diplomatico è già nato". Sono le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a riassumere ai microfoni di SkyTG24 il 'caso' dei marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (guarda le foto), fucilieri di marina del Reggimento San Marco, rimasti coinvolti nella morte di due pescatori indiani al largo del Kerala, scambiati per pirati. Portati davanti al giudice di Kollam. K.O. Joy, Msssimiliano La Torre e Salvatore Girone, si sono visti confermare il fermo di tre giorni, al 23 febbraio, periodo necesario alle autorità indiane per superare la sospensione delle procedure per una festa indiana. Tra 72 ore il giudice rivedrà i militari che in effetti rischiano, secondo quanto detta la sezione 302 del codice penale indiano, l'ergastolo o, addirittura, la condanna a morte. Sempre che sia la legge indiana a giudicarli e non, come sosterrà anche la loro difesa, quella internazionale.
Il ministro Giulio Terzi: "Notevoli divergenze sulla versione dei fatti" - Il governo italiano è intanto in piena attività diplomatica e fa pressing per risolvere in tempi rapidi la crisi. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha ribadito che esistono "considerevoli divergenze" sulla versione dei fatti, e ha auspicato una "maggiore collaborazione" con il governo di New Delhi. L'auspicio dell'Italia, ha spiegato il ministro, è che "si possa avviare una collaborazione concreta nell'indagine e nella comparazione di dati", "sia a livello federale sia a livello di Stato del Kerala" perché vi sono elementi finora non considerati "da entrambi i livelli di governo".
La versione italiana - Per quanto riguarda la versione dei fatti dell'equipaggio, Carlo Novielli, vice comandante della petroliera Enrica Leixe, a bordo della quale erano imbarcati dei militari del battaglione San Marco in funzione antipirateria, nega che i due militari, mercoledì scorso, abbiano sparato contro il peschereccio indiano, sostenendo che abbiano esploso soltanto dei colpi in acqua per allontanare una sospetta nave di pirati.
Novielli, come riferito da Repubblica, ha detto che un membro del team della sicurezza aveva avvistato con il binocolo, poco prima delle quattro del pomeriggio, quella che apparentemente sembrava una barca da pesca di circa 12 metri. "Abbiamo continuamente monitorato la barca, che nel frattempo si avvicinava sempre di più". In seguito, il comandante, Umberto Vitelli, "dava ordine della massima potenza, la squadra ha mostrato le armi senza nessun risultato e dopo ha sparato in acqua per intimare l'allontanamento. La barca si allontanava, alle ore 17.00 si tornava alla normalità".
Il disappunto del ministro degli Esteri indiano - Questa versione non convince le autorità indiane (il Corriere ha elencato tutti i punti oscuri della vicenda). "Il ministro degli Esteri indiano, S.M. Krishna ha riferito al ministro degli Esteri italiano (Giulio Terzi) quanto sia stata spiacevole la perdita di vite umane che si sarebbe potuta evitare, se il personale navale a bordo della Enrica Leixe fosse stato più attento e avesse esercitato moderazione", si legge in una nota del ministero degli Esteri indiano.
Il ministro italiano Terzi non nasconde, però, che la vicenda è "complessa" anche perché in Kerala sono in corso elezioni politiche e amministrative che potrebbero influire sull'indagine e sulle autorità giudicanti.
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riscaldarsi: lunedì 20 febbraio, davanti alla residenza del giudice dove venivano ascoltati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, lavoratori dello Youth Congress e del principale partito della destra, il partito nazionalista indù Bharathya Janata Party, hanno inscenato una protesta. "Le famiglie delle vittime vogliono giustizia" ha spiegato il rappresentante della comunità cattolica del Kerala a Roma Don Antoney George Pattaparambil. Tuttavia, ha aggiunto, "tutto questo non deve spaventare, né deve distruggere le relazioni
tra Italia e India". Quello che vogliono gli indiani, ha ribadito il religioso indiano, "è solo che i governi collaborino insieme per far luce su tutta la vicenda".