L'Europa fa le prove di democrazia diretta: online
MondoDal primo aprile i cittadini dell'Unione potranno inviare alla Commissione proposte legislative. Anche via web. Basteranno 1 milione di firme, ma non tutto è così facile come sembra
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di Raffaele Mastrolonardo
Sette e un milione. La marcia dell’Unione Europea verso la democrazia diretta parte da queste cifre. La prima indica il numero minimo di cittadini necessari per promuovere una proposta di legge dal basso. La seconda la quantità di firme che servono per portarla al vaglio della Commissione europea. In mezzo c’è tanto, tanto web. Sì perché una delle novità più interessanti del Diritto di iniziativa dei cittadini europei (ECI) che diventerà operativo dal prossimo 1 aprile è proprio il massiccio ricorso alla rete. Da quel giorno, infatti, gli abitanti dell'Unione potranno cimentarsi nell'impresa di diventare veri e propri legislatori proponendo nuovi pezzi di diritto comunitario. E potranno farlo anche usando gli strumenti online che la Commissione mette a disposizione.
ECI va così ad affiancarsi ad altri strumenti di democrazia diretta già disponibili online, come le petizioni che gli elettori possono inviare al Parlamento Europeo.
Procedimenti - Sette cittadini e un milione di firme, si diceva. In realtà le regole per avanzare le proprie proposte di legge alla Commissione sono un po' più complicate di così. Innanzitutto c'è la variabile geografica: i promotori devono abitare in sette Paesi differenti dell'Unione. Stessa cosa per le firme, ma con un elemento in più: sempre sette stati diversi devono contribuire, ma per ciascuno di questi va superata una soglia minima che varia da nazione a nazione (54.750 autografi nel caso dell'Italia). Numeri a parte, la maggiore complessità è data dai ripetuti interventi delle autorità richiesti nel corso del procedimento. Ancora prima di cominciare l'iter, l'iniziativa deve infatti attendere il placet della Commissione che si può prendere fino a due mesi di tempo per concederlo. Qualora si scelga la via informatica per la raccolta delle firme, poi, il software che si utilizza deve essere approvato da un'apposita autorità nazionale che è tenuta a dare il proprio imprimatur entro 30 giorni. Il controllo delle firme stesse (la cui raccolta deve essere effettuata entro un anno) spetta sempre alle autorità delle nazioni da cui provengono le adesioni: tempo massimo previsto tre mesi. Infine, la proposta che avrà superato tutti questi controlli, sarà oggetto di un ultimo esame della Commissione (di nuovo 90 giorni il limite). A quel punto, se Bruxelles avrà dato il via libera, potrà finalmente cominciare il processo legislativo ispirato dal popolo.
Sito e software - Questo iter, un po' barocco per un istituto che vuole aprire le porte dell'Europa agli elettori, ha suscitato più di una perplessità. La tortuosità delle procedure richieste, secondo alcuni, potrebbe scoraggiare i cittadini ordinari lasciando questo strumento in mano a lobby e organizzazioni strutturate. “Capisco il rilievo, ma non condivido”, ha risposto in proposito il vicepresidente della Commissione Maros Sefcovic in un convegno di presentazione del ECI. “Il fatto che ci vogliono 1 milione di firme dall'intera Unione restringerà lo spazio per iniziative ristrette a specifici interessi o legate ad un solo Paese: la stragrande maggioranza vedrà il coinvolgimento dei cittadini”. La Commissione ha comunque fatto degli sforzi per agevolare la vita degli aspiranti legislatori. Oltre a un sito per la registrazione e la gestione di tutto il processo, la Ue ha sviluppato un software open source per la raccolta delle firme che può essere scaricato gratuitamente e utilizzato dai promotori (anche questo software, comunque, andrà vagliato dalle autorità nazionali). Il programma informatico – ha detto il responsabile dei sistemi informativi della Commissione Declan Deasy – tiene conto dei diversi requisiti richiesti dai vari Paesi per l'autenticazione della firme, facilitando così il lavoro degli organizzatori.
Tempi (più) lunghi - Basteranno questi strumenti digitali per superare gli ostacoli burocratici e invogliare i cittadini a produrre leggi? Da parte sua, Sefcovic non ha dubbi: “Il Diritto di iniziativa dei cittadini europei porterà grandi cambiamenti nella vita dei degli abitanti della Ue”. Tanto ottimismo si scontra però anche con il ritardo dei Paesi membri. Al momento – ha confessato a fine gennaio il vicepresidente della Commissione – solo una nazione su tre ha designato l'autorità che dovrà certificare i software e controllare le firme. Questo significa – ha aggiunto - “che non tutti saranno pronti il primo aprile”.
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