Ancora scontri al Cairo: almeno 4 morti

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A pochi giorni dal voto prosegue la repressione della protesta in Egitto: oltre 200 i feriti. I Fratelli Musulmani, usciti vittoriosi dalle urne, chiedono ai militari di accelerare il passaggio di potere ai civili. LO SPECIALE

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Tra i manifestanti al Cairo quattro morti. E poi almeno 220 feriti, dicono fonti ufficiali, oltre 250 denunciano le voci dalla Rete. Sono queste per ora le cifre dei violenti scontri che dalla prima mattina di venerdì 16 dicembre si sono sviluppati nel centro del Cairo, davanti alle sedi del parlamento e del governo, in una delle giornate più cruente delle proteste nella capitale dalla settimana di novembre in cui furono uccisi dalla polizia 42 dimostranti.
Durante la giornata sono state annunciate più volte conferenze stampa di rappresentanti del governo, che poi non si sono tenute. Nessuno ha potuto precisare chi abbia sparato il colpo (o i colpi) mortale, ma nei blog è diffusa la convinzione che la responsabilità sia da attribuire ai militari.

La polizia carica i manifestanti - Gli scontri sono scoppiati dopo che la polizia militare ha compiuto una pesante azione di forza per rimuovere un sit-in di circa 200 manifestanti antigovernativi, picchiandoli con manganelli di plastica e bastoni elettrici, oltre che ricambiando fitti lanci di pietre, e bruciando le loro tende, installate in via Maglis el Shaab fin dal 24 novembre.
Dopo il calar del sole la situazione è continuata ad essere molto tesa, mentre sia tra i gruppi di manifestanti sia nella dirigenza politica sembra si stiano cercando strade per riportare la calma. Falò di oggetti in plastica e legno bloccano il transito sulla grande arteria Qasr el Aini, a 200 metri dagli edifici governativi e meno di mezzo chilometro da piazza Tahrir, simbolo storico della protesta che in gennaio ha fatto cadere il regime di Mubarak, sostituito temporaneamente dai generali.

Si dimettono due alti dirigenti - L'asfalto delle strade del quartiere è un prato di sassi e di macerie, punteggiato qui e là da carcasse d'auto bruciate. L'episodio, che ha suscitato sconcerto non solo tra i diretti interessati mal si concilia con le ripetute dichiarazioni di attenzione verso le volonta' degli egiziani ed il rispetto delle loro istanze, espresse da politici e militari mentre sono in corso le elezioni dei due rami del parlamento, disciolto dopo la caduta del regime di Mubarak, nel febbraio scorso.
Tre componenti del Consiglio Consultivo nominato due settimane fa dai militari per collaborare con il nuovo governo si sono dimessi per protesta contro l'azione di forza.

Concluso il secondo turno delle elezioni - Giovedì 15 dicembre si è concluso il secondo turno di due giorni per l'elezione dei deputati della camera bassa (Assemblea del Popolo) in altri nove governatorati egiziani, dopo i primi nove consultati il 28 e 29 novembre. Negli ultimi nove governatorati le operazioni di voto sono in calendario il 3 ed il 4 gennaio, mentre quelle per la camera alta (Shura) si svolgeranno dalla fine di gennaio ai primi di marzo.
I Fratelli Musulmani, che con il loro partito Libertà e Giustizia, insieme con i salafiti di Al Nour (La luce) stanno riportando i maggiori successi nelle votazioni (circa il 40 ed il 20 per cento) rispetto ai partiti laici, hanno diffuso un comunicato per chiedere al Consiglio Supremo delle Forze Armate di passare il più rapidamente possibile il potere a civili.

Proseguono gli scontri - "Ha un sapore fortemente ironico che i militari lancino pietre contro i manifestanti dal palazzo del parlamento, dove troneggia un manifesto secondo il quale la democrazia è il potere del popolo", commenta uno dei manifestanti, Mostafa Sheshtawy.
Senza sparare lacrimogeni - che nei precedenti scontri di novembre avevano provocato centinaia di feriti e una quarantina di morti - i militari (compresi i paracadutisti impiegati normalmente nella protezione dei palazzi del governo) hanno continuato a rispondere ai lanci di pietre e di bottiglie molotov, lanciando a loro volta sui manifestanti suppellettili dai tetti degli edifici. Sia tra i militari, riferisce l'agenzia ufficiale Mena, sia tra i manifestanti vi è anche qualche ferito da arma da fuoco, cosa che fa pensare alla presenza di provocatori infiltrati tra la gente. Secondo la tv Al Jazira potrebbe anche trattarsi di normali cittadini o dipendenti degli uffici pubblici che, stanchi delle proteste e della paralisi provocata al loro lavoro, avrebbero deciso di affiancare le forze armate contro i manifestanti.

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