Giappone, l’artista che va a caccia dei volti dello tsunami
MondoLa storia di Naoto Nakagawa, pittore americano-giapponese, impegnato in un progetto che incrocia arte e solidarietà: si reca sui luoghi colpiti dalla tragedia della primavera scorsa per ritrarre i sopravvissuti e regalare loro un disegno. LA FOTOGALLERY
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“La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda”, scriveva il premio Nobel Octavio Paz. Nelle tragedie, naturali o umane che siano, anche i ricordi vengono spazzati via. E ricostruire significa allora non solo rimuovere le macerie e porre nuove fondamenta ma anche provare a lenire la perdita di quel repertorio di oggetti, foto e ritratti che costituiscono ogni storia individuale.
Lo sa bene l'artista giapponese Naoto Nakagawa, che vive stabilmente in America da quasi 50 anni senza aver però perso i legami con la madrepatria. Quando, a marzo scorso, il terremoto e lo tsunami colpirono il Giappone, con la conseguente emergenza nucleare di Fukushima, stava lavorando all'inaugurazione di una mostra a New York. Nakagawa aveva già in programma di andare in Giappone a maggio, con il figlio 14enne Taro, per celebrare il quinto anniversario della morte del padre, come d'uso per i buddisti. Decisero di partire per la regione di Tohoku, ovvero quella maggiormente danneggiata. Lì, spiega oggi a SKY.it, “cominciai a chiedermi cosa potevo fare per i sopravvissuti. Pensai che disegnare ritratti era un modo per comunicare che qualcuno si prendeva cura di loro. Mi ricordai che, subito dopo l'11 settembre, gli studenti giapponesi avevano mandato alla scuola di mio figlio mille origami a forma di gru, che sono un simbolo di cura e di buona fortuna. Era un modo per dire 'siamo con voi, vi sosteniamo', e io ho voluto mandare lo stesso messaggio”.
DISEGNI DI SPERANZA - Nasce così il progetto “1.000 ritratti di speranza”.
I disegni sono stati esposti alla Tamada Projects di Tokyo e c'è interesse per realizzare in futuro delle mostre anche a New York e a Washington. Ma – e l'artista ci tiene a sottolinearlo – l'obiettivo non è un allestimento, bensì un messaggio di solidarietà. Inoltre, il pittore ha deciso di affiancare al progetto originario anche una nuova iniziativa che servirà a raccogliere fondi da destinare alla regione di Tohoku: realizzerà anche 100 ritratti di personaggi famosi che saranno messi poi all'asta. Da maggio 2011 a oggi Nakagawa ha compiuto 4 viaggi nelle zone devastate. La prima volta, a Iwate – che è la prefettura più a nord delle tre colpite – poi Miyagi, di nuovo Iwate (luglio 2011) e, infine, a novembre, Fukushima. Nakagawa cerca le persone da ritrarre nei centri di accoglienza e nelle scuole. Sono ottocentoventinove i lavori realizzati fino ad oggi. “Alcune persone”, racconta Nakagawa, “reagiscono al disegno con le lacrime. Mi dicono che hanno perso tutte le foto di famiglia e che il ritratto diventa perciò un dono prezioso”.
EMOZIONI SULLA CARTA – La storia del progetto di Nakagawa è stata ampiamente documentata dai media giapponesi, sia su carta, che in televisione. Il quotidiano Asahi Shimbun, giusto pochi giorni fa, ha raccontato dell'ultima tappa nella prefettura di Fukushima. Lì, nella città di Koriyama, l'artista ha ritratto anche Tomio Fujita, una donna che ha compiuto 100 anni quattro giorni dopo il terremoto. Mentre Nakagawa disegnava, il suo volto era disteso, ma è bastato chiederle della famiglia e dei nipoti – si sono trasferiti per il timore dell'effetto delle radiazioni sui bambini – perché tornasse a offuscarsi.
Nakagawa non è un ritrattista; i suoi quadri per lo più rappresentano la natura nei suoi dettagli più infinitesimali. Usa una tecnica tradizionale giapponese chiamata sumi-e, ma con uno stile occidentale. Tuttavia per questo suo progetto, ci dice, ha trovato il suo approccio (e la sua tecnica) alla ritrattistica: aspetta per il momento in cui il soggetto davanti a sé si mostri “vero”, poi sa esattamente cosa restituire con i suoi tratti.
Certo per chi è stato colpito dalla tragedia dello tsunami, il dono di un disegno non basterà a riavere indietro quello che si è perso, ma può costituire un nuovo punto di partenza per chi è rimasto.
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Lo sa bene l'artista giapponese Naoto Nakagawa, che vive stabilmente in America da quasi 50 anni senza aver però perso i legami con la madrepatria. Quando, a marzo scorso, il terremoto e lo tsunami colpirono il Giappone, con la conseguente emergenza nucleare di Fukushima, stava lavorando all'inaugurazione di una mostra a New York. Nakagawa aveva già in programma di andare in Giappone a maggio, con il figlio 14enne Taro, per celebrare il quinto anniversario della morte del padre, come d'uso per i buddisti. Decisero di partire per la regione di Tohoku, ovvero quella maggiormente danneggiata. Lì, spiega oggi a SKY.it, “cominciai a chiedermi cosa potevo fare per i sopravvissuti. Pensai che disegnare ritratti era un modo per comunicare che qualcuno si prendeva cura di loro. Mi ricordai che, subito dopo l'11 settembre, gli studenti giapponesi avevano mandato alla scuola di mio figlio mille origami a forma di gru, che sono un simbolo di cura e di buona fortuna. Era un modo per dire 'siamo con voi, vi sosteniamo', e io ho voluto mandare lo stesso messaggio”.
DISEGNI DI SPERANZA - Nasce così il progetto “1.000 ritratti di speranza”.
I disegni sono stati esposti alla Tamada Projects di Tokyo e c'è interesse per realizzare in futuro delle mostre anche a New York e a Washington. Ma – e l'artista ci tiene a sottolinearlo – l'obiettivo non è un allestimento, bensì un messaggio di solidarietà. Inoltre, il pittore ha deciso di affiancare al progetto originario anche una nuova iniziativa che servirà a raccogliere fondi da destinare alla regione di Tohoku: realizzerà anche 100 ritratti di personaggi famosi che saranno messi poi all'asta. Da maggio 2011 a oggi Nakagawa ha compiuto 4 viaggi nelle zone devastate. La prima volta, a Iwate – che è la prefettura più a nord delle tre colpite – poi Miyagi, di nuovo Iwate (luglio 2011) e, infine, a novembre, Fukushima. Nakagawa cerca le persone da ritrarre nei centri di accoglienza e nelle scuole. Sono ottocentoventinove i lavori realizzati fino ad oggi. “Alcune persone”, racconta Nakagawa, “reagiscono al disegno con le lacrime. Mi dicono che hanno perso tutte le foto di famiglia e che il ritratto diventa perciò un dono prezioso”.
EMOZIONI SULLA CARTA – La storia del progetto di Nakagawa è stata ampiamente documentata dai media giapponesi, sia su carta, che in televisione. Il quotidiano Asahi Shimbun, giusto pochi giorni fa, ha raccontato dell'ultima tappa nella prefettura di Fukushima. Lì, nella città di Koriyama, l'artista ha ritratto anche Tomio Fujita, una donna che ha compiuto 100 anni quattro giorni dopo il terremoto. Mentre Nakagawa disegnava, il suo volto era disteso, ma è bastato chiederle della famiglia e dei nipoti – si sono trasferiti per il timore dell'effetto delle radiazioni sui bambini – perché tornasse a offuscarsi.
Nakagawa non è un ritrattista; i suoi quadri per lo più rappresentano la natura nei suoi dettagli più infinitesimali. Usa una tecnica tradizionale giapponese chiamata sumi-e, ma con uno stile occidentale. Tuttavia per questo suo progetto, ci dice, ha trovato il suo approccio (e la sua tecnica) alla ritrattistica: aspetta per il momento in cui il soggetto davanti a sé si mostri “vero”, poi sa esattamente cosa restituire con i suoi tratti.
Certo per chi è stato colpito dalla tragedia dello tsunami, il dono di un disegno non basterà a riavere indietro quello che si è perso, ma può costituire un nuovo punto di partenza per chi è rimasto.