Al Jazeera compie 15 anni: viaggio negli studi del Qatar
MondoUn tempo era semplicemente la "Cnn araba". Oggi, dopo le rivolte in Egitto, Tunisia e Libia è diventata una delle voci più autorevoli e ascoltate in tutto il mondo. Ma non mancano le ombre. Ecco come si presenta ai visitatori il quartier generale di Doha
NEL QUARTIER GENERALE DI AL JAZEERA: FOTO
di Alberto Giuffrè
"Potete scattare fotografie, ma se usate il flash verrete arrestati". L'avvertimento arriva prima di entrare negli studi televisivi e solo dopo un lungo controllo dei passaporti. Niente di strano: Al Jazeera, così come tutte le grandi aziende del mondo, adotta misure di sicurezza straordinarie. E accoglie così i visitatori nel quartier generale di Doha, in Qatar. È qui che tra pochi giorni, l'1 novembre, si festeggeranno i primi quindici anni di trasmissioni del network. Di queste quindici primavere l'ultima, quella araba, è stata decisamente la più importante. Il racconto delle rivolte in Tunisia, Egitto e Libia ha raggiunto infatti centinaia di milioni di case in tutto il mondo dando una lezione ai media occidentali.
Quindici anni, un museo - Per raggiungere la sede di Al Jazeera bisogna imboccare Khalifa Street, la strada che dalla Corniche - il lungomare - porta nel giro di pochi chilometri direttamente nel deserto. Siamo a pochi chilometri dalla moschea più grande di Doha, nella città vecchia.
Superata i controlli all'ingresso ci si trova davanti a due edifici. Uno ospita la parte "English", la più moderna. Dall'altra invece va in onda la versione araba del network. Da quest'ultima inizia il tour dei visitatori. La reception è stata trasformata in una sorta di museo che raccoglie quindici anni di cimeli. La guida – una giovane donna avvolta nel hijab, il velo che lascia scoperto il viso – mostra subito quel che rimane degli strumenti di lavoro di Tareq Ayyoub, reporter ucciso in Iraq nel 2003 da un bombardamento americano. È andata meglio a Sami al-Hajj, il cameraman sudanese arrestato nel 2001 in Afghanistan dall'esercito pakistano e poi trasferito nel carcere Usa di Guantanamo dove è rimasto oltre sei anni prima di essere riconosciuto innocente. Nella sala è conservata ancora una delle lettere inviate dal cronista alla moglie durante gli anni di prigionia.
Ma la guida ci tiene a raccontare anche la storia di un altro detenuto "illustre". Si chiama Tayseer Allouni ed è diventato famoso in tutto il mondo nel 2001 quando pochi giorni dopo gli attentati dell'11 settembre è riuscito a intervistare per Al Jazeera Osama Bin Laden (IL VIDEO SU YOUTUBE). Nel 2005 un tribunale spagnolo lo ha condannato per i suoi rapporti con Al Qaeda. Da allora Al Jazeera e la commissione Araba per i diritti umani si sono mobilitati per chiederne la scarcerazione.
Un canale indipendente - Tra una teca di vetro e l'altra svetta, scolpito alle pareti, il codice etico del network dove al primo punto si parla di "indipendenza". Un valore che secondo qualcuno non si sposa bene con il lavoro di Al Jazeera. "Mentre la versione inglese è libera da qualsiasi interferenza editoriale, quella in arabo è meno indipendente", ha scritto Steve Bloomfield, giornalista esperto di Africa su Monocle, autorevole rivista britannica specializzata in global affairs, cultura e design. "La versione araba – spiega – è diventata la voce più influente della regione, in grado di formare l’opinione pubblica da Bengasi a Baghdad. Un diplomatico di Doha ammette tranquillamente di essere 'in primo luogo l’ambasciatore di Al Jazeera e in secondo luogo del Qatar'".
Critica respinta dalla nostra guida che assicura: "Non c'è nessuna pressione da parte del governo", cioè dall'Emiro Hamad bin Khalifa al Thani, 59 anni, proprietario del network. È stato proprio il sovrano a fondare Al Jazeera, un anno dopo aver deposto il padre con un golpe, assumendo ex giornalisti della Bbc.
Guarda il promo del lancio di Al Jazeera, il 1 novembre 1996
Hillary Clinton, Julian Assange e le dimissioni del direttore - Il tour dell'edificio "vecchio" è breve. Si fa in tempo a passare dallo studio storico con il mappamondo sullo sfondo, tratto distintivo dei primi anni del canale. Lo studio principale invece si affaccia direttamente sulla redazione, impegnata nella produzione di news e soprattutto nel tenere i contatti con i corrispondenti sparsi in più di 60 Paesi in tutto il mondo. Sono oltre 3000 le persone che lavorano al network, più di 400 i giornalisti. Tutti pronti, come ricorda la guida, a "raccontare le notizie dal punto di vista del Medio Oriente".
In molti hanno elogiato il network per il lavoro svolto soprattutto negli ultimi mesi. Julian Assange, ad esempio, che a proposito delle rivolte in Tunisia e Egitto ha detto: "Facebook e Twitter hanno fatto la loro parte, ma niente di paragonabile a quello che ha fatto Al Jazeera". Ma sono state proprio le rivelazioni di Wikileaks a creare scompiglio a Doha. Il 21 settembre scorso si è infatti dimesso il direttore Wadah Khanfar. Secondo i documenti pubblicati da Assange il giornalista avrebbe accettato di cambiare il contenuto di alcuni reportage in seguito a pressioni dell'Intelligence militare degli Usa. "Non mi sono mai piegato a nessuno", si è difeso l'ex direttore. Intanto al suo posto ora siede Sheikh Ahmed bin Jassim bin Mohammed Al Thani, un qatarino della famiglia reale che è anche un funzionario della Qatargas, la più grande azienda mondiale nel settore del gas naturale. Mesi prima che nascesse il caso erano arrivate le parole pronunciate di Hillary Clinton, segretario di Stato Usa: "Al Jazeera ha un pubblico sempre più ampio perché dà notizie vere", ha detto la Clinton: "Che ci piaccia o no, funziona e sta letteralmente cambiando le opinioni e i comportamenti delle persone".
Un network all'avanguardia. Quasi in tutto - La guida turistica, ovviamente, non lascia trasparire le tensioni interne e conduce i visitatori nel building che ospita Al Jazeera English, nata nel novembre del 2006. Qui l'ingresso è allestito con i premi giornalistici vinti dall'emittente nel corso degli anni. L'edificio ospita anche le altre parti del colosso. Come lo sport, che oggi conta 20 canali e si prepara a trasmettere i mondiali di calcio del Qatar, nel 2022. Ma il centro di tutte le attività è l'enorme studio-redazione dove i giornalisti si alternano alla conduzione 24 ore su 24.
Il piano di sopra ospita la parte dedicata al web, altro luogo d'eccellenza del network. Dal 2008 il sito ha scelto di condividere il proprio materiale video su YouTube con licenza Creative Commons. E non è un caso che il sito risulti il sesto più visitato nel mondo arabo alle spalle di colossi come Facebook e Yahoo. L'aspetto moderno e avvenieristico della tv si infrange solo al piano terra quando ci si imbatte nella mensa. Sedie e tavolini in plastica bianca e un menù scritto su una lavagna. Tra i piatti del giorno la scelta non è semplice: "pasta, pizza e, a scelta, pollo o pesce alla griglia".
di Alberto Giuffrè
"Potete scattare fotografie, ma se usate il flash verrete arrestati". L'avvertimento arriva prima di entrare negli studi televisivi e solo dopo un lungo controllo dei passaporti. Niente di strano: Al Jazeera, così come tutte le grandi aziende del mondo, adotta misure di sicurezza straordinarie. E accoglie così i visitatori nel quartier generale di Doha, in Qatar. È qui che tra pochi giorni, l'1 novembre, si festeggeranno i primi quindici anni di trasmissioni del network. Di queste quindici primavere l'ultima, quella araba, è stata decisamente la più importante. Il racconto delle rivolte in Tunisia, Egitto e Libia ha raggiunto infatti centinaia di milioni di case in tutto il mondo dando una lezione ai media occidentali.
Quindici anni, un museo - Per raggiungere la sede di Al Jazeera bisogna imboccare Khalifa Street, la strada che dalla Corniche - il lungomare - porta nel giro di pochi chilometri direttamente nel deserto. Siamo a pochi chilometri dalla moschea più grande di Doha, nella città vecchia.
Superata i controlli all'ingresso ci si trova davanti a due edifici. Uno ospita la parte "English", la più moderna. Dall'altra invece va in onda la versione araba del network. Da quest'ultima inizia il tour dei visitatori. La reception è stata trasformata in una sorta di museo che raccoglie quindici anni di cimeli. La guida – una giovane donna avvolta nel hijab, il velo che lascia scoperto il viso – mostra subito quel che rimane degli strumenti di lavoro di Tareq Ayyoub, reporter ucciso in Iraq nel 2003 da un bombardamento americano. È andata meglio a Sami al-Hajj, il cameraman sudanese arrestato nel 2001 in Afghanistan dall'esercito pakistano e poi trasferito nel carcere Usa di Guantanamo dove è rimasto oltre sei anni prima di essere riconosciuto innocente. Nella sala è conservata ancora una delle lettere inviate dal cronista alla moglie durante gli anni di prigionia.
Ma la guida ci tiene a raccontare anche la storia di un altro detenuto "illustre". Si chiama Tayseer Allouni ed è diventato famoso in tutto il mondo nel 2001 quando pochi giorni dopo gli attentati dell'11 settembre è riuscito a intervistare per Al Jazeera Osama Bin Laden (IL VIDEO SU YOUTUBE). Nel 2005 un tribunale spagnolo lo ha condannato per i suoi rapporti con Al Qaeda. Da allora Al Jazeera e la commissione Araba per i diritti umani si sono mobilitati per chiederne la scarcerazione.
Un canale indipendente - Tra una teca di vetro e l'altra svetta, scolpito alle pareti, il codice etico del network dove al primo punto si parla di "indipendenza". Un valore che secondo qualcuno non si sposa bene con il lavoro di Al Jazeera. "Mentre la versione inglese è libera da qualsiasi interferenza editoriale, quella in arabo è meno indipendente", ha scritto Steve Bloomfield, giornalista esperto di Africa su Monocle, autorevole rivista britannica specializzata in global affairs, cultura e design. "La versione araba – spiega – è diventata la voce più influente della regione, in grado di formare l’opinione pubblica da Bengasi a Baghdad. Un diplomatico di Doha ammette tranquillamente di essere 'in primo luogo l’ambasciatore di Al Jazeera e in secondo luogo del Qatar'".
Critica respinta dalla nostra guida che assicura: "Non c'è nessuna pressione da parte del governo", cioè dall'Emiro Hamad bin Khalifa al Thani, 59 anni, proprietario del network. È stato proprio il sovrano a fondare Al Jazeera, un anno dopo aver deposto il padre con un golpe, assumendo ex giornalisti della Bbc.
Guarda il promo del lancio di Al Jazeera, il 1 novembre 1996
Hillary Clinton, Julian Assange e le dimissioni del direttore - Il tour dell'edificio "vecchio" è breve. Si fa in tempo a passare dallo studio storico con il mappamondo sullo sfondo, tratto distintivo dei primi anni del canale. Lo studio principale invece si affaccia direttamente sulla redazione, impegnata nella produzione di news e soprattutto nel tenere i contatti con i corrispondenti sparsi in più di 60 Paesi in tutto il mondo. Sono oltre 3000 le persone che lavorano al network, più di 400 i giornalisti. Tutti pronti, come ricorda la guida, a "raccontare le notizie dal punto di vista del Medio Oriente".
In molti hanno elogiato il network per il lavoro svolto soprattutto negli ultimi mesi. Julian Assange, ad esempio, che a proposito delle rivolte in Tunisia e Egitto ha detto: "Facebook e Twitter hanno fatto la loro parte, ma niente di paragonabile a quello che ha fatto Al Jazeera". Ma sono state proprio le rivelazioni di Wikileaks a creare scompiglio a Doha. Il 21 settembre scorso si è infatti dimesso il direttore Wadah Khanfar. Secondo i documenti pubblicati da Assange il giornalista avrebbe accettato di cambiare il contenuto di alcuni reportage in seguito a pressioni dell'Intelligence militare degli Usa. "Non mi sono mai piegato a nessuno", si è difeso l'ex direttore. Intanto al suo posto ora siede Sheikh Ahmed bin Jassim bin Mohammed Al Thani, un qatarino della famiglia reale che è anche un funzionario della Qatargas, la più grande azienda mondiale nel settore del gas naturale. Mesi prima che nascesse il caso erano arrivate le parole pronunciate di Hillary Clinton, segretario di Stato Usa: "Al Jazeera ha un pubblico sempre più ampio perché dà notizie vere", ha detto la Clinton: "Che ci piaccia o no, funziona e sta letteralmente cambiando le opinioni e i comportamenti delle persone".
Un network all'avanguardia. Quasi in tutto - La guida turistica, ovviamente, non lascia trasparire le tensioni interne e conduce i visitatori nel building che ospita Al Jazeera English, nata nel novembre del 2006. Qui l'ingresso è allestito con i premi giornalistici vinti dall'emittente nel corso degli anni. L'edificio ospita anche le altre parti del colosso. Come lo sport, che oggi conta 20 canali e si prepara a trasmettere i mondiali di calcio del Qatar, nel 2022. Ma il centro di tutte le attività è l'enorme studio-redazione dove i giornalisti si alternano alla conduzione 24 ore su 24.
Il piano di sopra ospita la parte dedicata al web, altro luogo d'eccellenza del network. Dal 2008 il sito ha scelto di condividere il proprio materiale video su YouTube con licenza Creative Commons. E non è un caso che il sito risulti il sesto più visitato nel mondo arabo alle spalle di colossi come Facebook e Yahoo. L'aspetto moderno e avvenieristico della tv si infrange solo al piano terra quando ci si imbatte nella mensa. Sedie e tavolini in plastica bianca e un menù scritto su una lavagna. Tra i piatti del giorno la scelta non è semplice: "pasta, pizza e, a scelta, pollo o pesce alla griglia".