Libia, rapiti quattro giornalisti italiani. "Stiamo bene"

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Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina (inviati del quotidiano di via Solferino), Claudio Monaci (Avvenire), Domenico Quirico (La Stampa) erano stati presi e ceduti ai miliziani vicini a Gheddafi. Due di loro hanno telefonato nella notte

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I quattro giornalisti italiani rapiti in Libia sono in buone condizioni, mentre continuano gli scontri tra le forze di Muammar Gheddafi e i ribelli, con il capo del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) Mustafa Abdel Jalil che riferisce che le forze del raìs continueranno a combattere fino a quando il Colonnello verrà catturato o ucciso.

Il rapimento - Claudio Monaci dell'Avvenire, Domenico Quirico de La Stampa, Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera, sono stati rapinati mercoledì 24 agosto a Zawiya e poi sequestrati e ceduti ai miliziani vicini al raìs. Lo hanno confermato il governo italiano e le redazioni dei tre giornali coinvolti, mentre nella notte tra il 24 e il 25 agosto il direttore del quotidiano di via Solferino Ferruccio De Bortoli ha annunciato su Twitter che Quirico e Monaci hanno chiamato casa: "segno positivo, si rafforza la speranza di una liberazione". I due nelle telefonata hanno assicurato: "Stiamo bene". Ai quattro giornalisti rapiti De Bortoli ha dedicato l'editoriale pubblicato sul Corriere dal titolo "Guardateli negli occhi. Un agguato, i timori, le speranze". Anche il direttore de La Stampa Mauro Calabresi ha ricordato la vicenda dei reporter sequestrati nell'editoriale "La fatica del testimone".
"I quattro giornalisti italiani sono in un appartamento a Tripoli, trattati civilmente e nutriti, ma non si capisce quali siano le intenzioni di chi li tiene sotto sequestro", ha detto al quotidiano La Stampa il console italiano a Bengasi, Guido De Sanctis, aggiungendo che i quattro erano tutti su una automobile, il cui autista è stato ucciso "davanti ai loro occhi".
Il console italiano ha poi aggiunto, contattato da SkyTG24: “Ci sono grossi problemi di comunicazione. È più facile per i giornalisti italiani rapiti comunicare con l’Italia che con la Libia. Sono a Tripoli, in un appartamento e mi hanno detto di non aver ricevuto richieste specifiche dai loro sorveglianti, né le abbiamo ricevute noi. Sembra una situazione di attesa da parte di chi li ha in custodia”.
La presidenza del Consiglio ha diramato una nota dicendo che segue "di minuto in minuto la vicenda dei quattro giornalisti italiani in Libia", in continuo contatto con la Farnesina.

A Tripoli si combatte - Due giorni dopo la conquista del quartier generale di Tripoli, alcune sacche di resistenza hanno continuano a combattere contro le forze dei ribelli nei pressi della baia della capitale e intorno alla città natale di Gheddafi.
A Tripoli, i civili rimangono per lo più nelle loro abitazioni mentre i due schieramenti contrapposti continuano a combattere, con razzi e armi da fuoco. Molti sperano che la guerra finisca presto, temendo la scarsità di cibo e acqua.
"La guerra finirà quando sarà catturato, vivo o morto", ha detto Mustafa Abdel Jalil, capo del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), offrendo l'amnistia a chiunque catturi o uccida il raìs, su cui pende una taglia da oltre un milione di dollari.
Il ministro della Difesa britannico Liam Fox ha confermato che la Nato sta fornendo assistenza al Consiglio nazionale transitorio dei ribelli libici per le operazioni di intelligence e di ricognizione nella caccia a Gheddafi e ai suoi figli.
Intanto oggi, giovedì 25 agosto, i nuovi leader della Libia incontrano  in Turchia le potenze occidentali che li appoggiano, per garantirsi i fondi e discutere del futuro del Paese senza Muammar Gheddafi. In giornata è previsto anche l'incontro in Prefettura a Milano tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il primo ministro del Cnt, capo dei ribelli, Mahmud Jibril.

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