Per il terzo giorno consecutivo la città costiera viene bombardata da terra e da mare. L'offensiva costringe oltre 5.000 palestinesi a fuggire dal campo profughi
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Esercito e polizia siriani pattugliano la città costiera di Latakia, sul Mediterraneo, pesantemente bombardata anche dal mare. Un'offensiva che, seppure smentita dall'agenzia di stampa ufficiale Sana, ha costretto a fuggire migliaia di palestinesi dal vicino campo profughi di Raml. In altre città siriane, in particolare a Homs e Hula, gli oppositori al regime del presidente Bashar al Assad segnalano molti arresti. A Latakia oggi le organizzazioni di difesa dei diritti umani indicano tre morti. E un uomo, ferito venerdì, è deceduto a Deyr Ez Zor.
Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, più della metà dei 10.000 profughi palestinesi del campo di Raml, a Latakia, sono stati costretti a fuggire a causa degli attacchi delle forze di sicurezza siriane che il 14 agosto, nella città portuale, avevano causato la morte di almeno 26 civili. Un alto dirigente dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) ha definito l'offensiva un "crimine contro l'umanità" rivolto "contro il popolo palestinese e i fratelli siriani".
Sul piano della diplomazia internazionale, la Germania ha chiesto nuove sanzioni dell'Unione Europea contro la Siria e ha invocato un nuovo intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ha alzato di nuovo la voce anche la Turchia. Ad Ankara il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha detto che le operazioni militari di Damasco contro i civili devono finire immediatamente e incondizionatamente. "Queste sono le ultime parole che rivolgiamo alle autorità siriane", ha dichiarato Davutoglu, aggiungendo che se la violenza del regime non si fermerà "non ci sarà più nulla da dire in merito ai passi che potrebbero essere compiuti".
E anche la Giordania, attraverso il premier Maaruf Bakhit, ha chiesto la fine "immediata" della violenza.
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Esercito e polizia siriani pattugliano la città costiera di Latakia, sul Mediterraneo, pesantemente bombardata anche dal mare. Un'offensiva che, seppure smentita dall'agenzia di stampa ufficiale Sana, ha costretto a fuggire migliaia di palestinesi dal vicino campo profughi di Raml. In altre città siriane, in particolare a Homs e Hula, gli oppositori al regime del presidente Bashar al Assad segnalano molti arresti. A Latakia oggi le organizzazioni di difesa dei diritti umani indicano tre morti. E un uomo, ferito venerdì, è deceduto a Deyr Ez Zor.
Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, più della metà dei 10.000 profughi palestinesi del campo di Raml, a Latakia, sono stati costretti a fuggire a causa degli attacchi delle forze di sicurezza siriane che il 14 agosto, nella città portuale, avevano causato la morte di almeno 26 civili. Un alto dirigente dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) ha definito l'offensiva un "crimine contro l'umanità" rivolto "contro il popolo palestinese e i fratelli siriani".
Sul piano della diplomazia internazionale, la Germania ha chiesto nuove sanzioni dell'Unione Europea contro la Siria e ha invocato un nuovo intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ha alzato di nuovo la voce anche la Turchia. Ad Ankara il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha detto che le operazioni militari di Damasco contro i civili devono finire immediatamente e incondizionatamente. "Queste sono le ultime parole che rivolgiamo alle autorità siriane", ha dichiarato Davutoglu, aggiungendo che se la violenza del regime non si fermerà "non ci sarà più nulla da dire in merito ai passi che potrebbero essere compiuti".
E anche la Giordania, attraverso il premier Maaruf Bakhit, ha chiesto la fine "immediata" della violenza.