Ad Hama le forze di sicurezza aprono di nuovo il fuoco sui manifestanti. Il ministro degli esteri britannico chiede maggiori pressioni internazionali: “Un’azione militare non è un’ipotesi remota". La Ue inasprisce le sanzioni
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Ad Hama (guarda su Google Maps dove si trova) non si ferma il massacro delle forze di sicurezza siriane, mentre la comunità internazionale comincia ad interrogarsi sulla possibilità di un intervento militare in Siria e l'Unione europea ha chiesto alle Nazioni Unite di assumere "una posizione chiara" per porre fine alle violenze. Dopo il massacro di domenica 31 luglio, in cui hanno perso la vita oltre 80 persone, nel primo giorno del mese sacro del Ramadan i blindati del presidente Bashar el Assad sono tornati a sparare nella città ribelle a 200 chilometri a nord di Damasco, uccidendo almeni sei persone. Altre due persone sarebbero inoltre morte nella città orientale di Albukamal e alcuni attivisti parlano di morti anche in una nuova offensiva delle forze governative contro la città di Deir Az Zor, il più importante centro per la produzione di petrolio e gas, nell'est del Paese. Ma come sempre, in assenza di giornalisti stranieri in Siria, si tratta di informazioni che non possono essere confermate in modo indipendente, cosi' come è impossibile accertare l'autenticità dei molti filmati di violenza postati su Internet.
Mosca, tradizionale alleato di Damasco, ha rotto il silenzio e ha chiesto che "l'uso della forza contro i civili" cessi immediatamente. Domenica 31 luglio il ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiesto alle Nazioni Unite "una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza per prendere una posizione molto ferma" sulla Siria, richiesta avanzata anche dalla Germania, mentre la Gran Bretagna, per voce del ministro degli Esteri Wiliam Hague, ha ipotizzato per la prima volta, quanto escluso finora dagli altri Paesi occidentali, che un intervento militare per fermare la sanguinosa repressione in Siria non sia "una remota possibilità". Hague ha precisato che servirebbe, come con la risoluzione 1973 sulla Libia, il via libera dell'Onu.
Dalla Nato però arriva un primo stop. A differenza della Libia in Siria "non ci sono le condizioni" per un intervento armato dell'Alleanza, ha dichiarato, il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, in un'intervista al quotidiano francese di Montpellier 'Midi Libre'. "In Libia non solo conduciamo un'operazione su un chiaro mandato dell'Onu (la risoluzione 1973, ndr) ma abbiamo anche il sostegno dei Paesi vicini. Queste sono due condizioni che non sussistono in Siria anche se ovviamente condanno le violenze nel Paese", ha spiegato Rasmussen.
Il portavoce dell'Alto rappresentante Ue per la politica estera Catherine Ashton ha fatto sapere invece che l'Unione Europea annuncerà un’estensione delle sanzioni già in vigore, quali restrizioni ai viaggi e congelamento dei beni, ad altre figure di spicco del regime siriano.
Il presidente americano Barack Obama ha ribadito la sua "forte condanna" per l'uso "oltraggioso della violenza" fatto dal regime siriano "contro il suo stesso popolo" nel ricevere l'ambasciatore americano in Siria, Robert Ford, che si trova a Washington per incontri con con alti esponenti del Senato e dell'Amministrazione. La Casa Bianca ha precisato che durante l'incontro, Obama "ha nuovamente affermato il sostegno dell'America al coraggioso popolo siriano e alle sue richieste di diritti universali e di una transizione democratica".
Intanto, sul fronte interno, è arrivato il macabro elogio del presidente siriano Bashar al-Assad alle sue truppe per aver "sconfitto il nemico", all'indomani della carneficina delle forze di sicurezza a Hama, durante un discorso pronunciato in occasione del 66mo anniversario della fondazione dell'esercito.
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Ad Hama (guarda su Google Maps dove si trova) non si ferma il massacro delle forze di sicurezza siriane, mentre la comunità internazionale comincia ad interrogarsi sulla possibilità di un intervento militare in Siria e l'Unione europea ha chiesto alle Nazioni Unite di assumere "una posizione chiara" per porre fine alle violenze. Dopo il massacro di domenica 31 luglio, in cui hanno perso la vita oltre 80 persone, nel primo giorno del mese sacro del Ramadan i blindati del presidente Bashar el Assad sono tornati a sparare nella città ribelle a 200 chilometri a nord di Damasco, uccidendo almeni sei persone. Altre due persone sarebbero inoltre morte nella città orientale di Albukamal e alcuni attivisti parlano di morti anche in una nuova offensiva delle forze governative contro la città di Deir Az Zor, il più importante centro per la produzione di petrolio e gas, nell'est del Paese. Ma come sempre, in assenza di giornalisti stranieri in Siria, si tratta di informazioni che non possono essere confermate in modo indipendente, cosi' come è impossibile accertare l'autenticità dei molti filmati di violenza postati su Internet.
Mosca, tradizionale alleato di Damasco, ha rotto il silenzio e ha chiesto che "l'uso della forza contro i civili" cessi immediatamente. Domenica 31 luglio il ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiesto alle Nazioni Unite "una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza per prendere una posizione molto ferma" sulla Siria, richiesta avanzata anche dalla Germania, mentre la Gran Bretagna, per voce del ministro degli Esteri Wiliam Hague, ha ipotizzato per la prima volta, quanto escluso finora dagli altri Paesi occidentali, che un intervento militare per fermare la sanguinosa repressione in Siria non sia "una remota possibilità". Hague ha precisato che servirebbe, come con la risoluzione 1973 sulla Libia, il via libera dell'Onu.
Dalla Nato però arriva un primo stop. A differenza della Libia in Siria "non ci sono le condizioni" per un intervento armato dell'Alleanza, ha dichiarato, il segretario generale Anders Fogh Rasmussen, in un'intervista al quotidiano francese di Montpellier 'Midi Libre'. "In Libia non solo conduciamo un'operazione su un chiaro mandato dell'Onu (la risoluzione 1973, ndr) ma abbiamo anche il sostegno dei Paesi vicini. Queste sono due condizioni che non sussistono in Siria anche se ovviamente condanno le violenze nel Paese", ha spiegato Rasmussen.
Il portavoce dell'Alto rappresentante Ue per la politica estera Catherine Ashton ha fatto sapere invece che l'Unione Europea annuncerà un’estensione delle sanzioni già in vigore, quali restrizioni ai viaggi e congelamento dei beni, ad altre figure di spicco del regime siriano.
Il presidente americano Barack Obama ha ribadito la sua "forte condanna" per l'uso "oltraggioso della violenza" fatto dal regime siriano "contro il suo stesso popolo" nel ricevere l'ambasciatore americano in Siria, Robert Ford, che si trova a Washington per incontri con con alti esponenti del Senato e dell'Amministrazione. La Casa Bianca ha precisato che durante l'incontro, Obama "ha nuovamente affermato il sostegno dell'America al coraggioso popolo siriano e alle sue richieste di diritti universali e di una transizione democratica".
Intanto, sul fronte interno, è arrivato il macabro elogio del presidente siriano Bashar al-Assad alle sue truppe per aver "sconfitto il nemico", all'indomani della carneficina delle forze di sicurezza a Hama, durante un discorso pronunciato in occasione del 66mo anniversario della fondazione dell'esercito.