La Thailandia volta pagina: prima donna premier

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Il Paese al voto premia l'opposizione guidata da Yingluck Shinawatra, 44 anni. E' la sorella dell'ex presidente Thaksin, adesso in autoesilio a Dubai. Le elezioni sono arrivate dopo sei anni di tensioni e violenze di piazza

E' un voto per il cambiamento e una sonora bocciatura per l'establishment: dopo sei anni di tensioni e violenze di piazza, la Thailandia ha scelto di tornare a essere governata dal campo fedele all'ex premier Thaksin Shinawatra, la cui sorella Yingluck è ora sulla via di diventare la prima donna di sempre alla guida del Paese. Il premier Abhisit Vejjajiva ha riconosciuto la sconfitta e il diritto della rivale a formare un governo.

Con quasi la totalità dei voti scrutinati, al Puea Thai ("Per i thailandesi") di Yingluck vengono assegnati 262 seggi parlamentari sui 500 in palio, mentre i Democratici di Abhisit si fermano a quota 160. Per consolidare la maggioranza assoluta ottenuta dal partito, ha già detto Yingluck, il Puea Thai cercherà però l'appoggio di uno o due partiti minori, nel tentativo di portare dalla sua parte un'altra trentina di seggi. La decisione si è resa necessaria dopo la progressiva erosione della valanga di voti prevista dagli exit poll iniziali, che prevedevano oltre 300 seggi per il partito finanziato da Thaksin dal suo autoesilio a Dubai e sostenuto dalle "camicie rosse" protagoniste delle proteste di Bangkok nel 2010.

"Il popolo mi ha dato una possibilità, io farò del mio meglio e lavorerò per l'unità e la riconciliazione", ha dichiarato la fotogenica Yingluck (44 anni), fino a due mesi fa una manager a digiuno di politica, mentre nella sede del partito centinaia di sostenitori esultavano per la vittoria. La donna ha confidato di aver ricevuto una telefonata di congratulazioni dal fratello, che ha menzionato "il duro lavoro che abbiamo ancora davanti".

Il trionfo sopra le aspettative della vigilia riduce le possibilità di interferenze dell'establishment giudiziario-militare, già decisivo nel 2008 per portare al potere un Abhisit mai eletto. Ma colpi di coda non si possono escludere: negli ultimi anni i giudici hanno già sciolto due governi pro-Thaksin, interdicendo dalla politica 250 deputati a lui fedeli.

L'irrisolta questione di confine con la Cambogia in merito al tempio conteso di Preah Vihear, che ha causato 28 morti in scaramucce tra febbraio e maggio, è inoltre una potenziale carta da giocare per i nazionalisti nel caso il governo Yingluck venisse accusato di essere debole. Dati gli opposti sentimenti che Thaksin ispira tra due campi sempre più radicalizzati, il vero test per la futura stabilità sarà il ritorno o meno in patria dell'ex premier, deposto da un colpo di stato nel 2006 e inseguito da un'accusa di terrorismo per aver sostenuto le manifestazioni di piazza dell'anno scorso, conclusesi dopo una repressione militare costata 91 morti e 1.800 feriti.

Prima delle elezioni, la sorella Yingluck aveva proposto un'amnistia che permetterebbe al fratello di tornare in patria senza scontare i due anni a cui è stato condannato per corruzione mentre era in autoesilio: l'argomento e' un tabu' per l'altro campo.

Parlando dopo il voto, Thaksin è sembrato però frenare sul suo ritorno, che aveva promesso entro fine anno. "Aspetterò il momento giusto. Voglio essere una soluzione, non un problema", ha detto l'ex premier, amato dalle classi medio-basse e nelle aree rurali ma odiato dall'elite della capitale, che lo considera una minaccia per la monarchia. Intanto, per le prime, domenica 3 è tempo di festeggiare.

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